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CDL DA RESTAURARE

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(WSI) – Ieri il capo dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha suonato il proprio rintocco – “Silvio Berlusconi rappresenta soltanto Forza Italia con il suo 24 per cento” – e in fondo se lo aspettavano un po’ tutti. Il Cav. non ha voluto neppure commentare: “Ho il rigetto”. Della Lega si sa che va incontro a un congresso stralunato previsto per la primavera del 2007. Tra poco tocca a Gianfranco Fini, che ha convocato per martedì prossimo un esecutivo di An nel quale formalizzare il programma di restauro della destra italiana e, se possibile, della coalizione di centrodestra.

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Per l’occasione l’ex ministro degli Esteri presenterà un documento – “Non precongressuale!”, precisano i sodali, scritto insieme con Adolfo Urso e Pasquale Viespoli. Presupposto: i centristi sono chiaramente in uscita dalla Cdl e si mostrano disponibili a collaborare in un governo di larghe intese nel caso in cui quello di Romano Prodi cadesse sulla Finanziaria. Forza Italia e Lega sono intenzionate a proteggere l’insediamento nel Lombardo-Veneto per farne la cittadella del nuovo centrodestra, senza per questo rinunciare a un mai interrotto e poco appariscente dialogo grancoalizionista con i diessini di obbedienza dalemiana. Sebbene ieri il Cav. abbia ammesso che “non è il momento, io la mia offerta l’avevo fatta poco dopo le elezioni e loro mi hanno chiuso la porta in faccia”.

La posizione dei finiani si preannuncia dirimente. Ancora una volta è così: come da almeno tre anni a questa parte, tra verifiche e spolverate interne, Fini è chiamato a scegliere tra il Cav. e l’anti-Cav., oppure a stupire la platea offrendo una prospettiva diversa al proprio partito. Al momento pare che la proposta finiana ricalchi una delle riflessioni sfuggite al leader di An quando la sconfitta elettorale di aprile era appena maturata: “Data la rimonta di Berlusconi, contro di lui non si va da nessuna parte”. Sicché i collaboratori del presidente prevedono di diffondere un testo che “esclude radicalmente la via della frammentazione perseguita da Casini”.

Sarebbe invece contemplata con una certa convinzione l’ipotesi di andare avanti nel collegamento tra An, chi ancora si sente parte della Cdl e il Partito popolare europeo. La formula potrebbe essere esplicita: la prospettiva del partito unitario di centrodestra non va cancellata. Come se Fini si fosse imposto di mettere in forma quel suo non voler “morire casiniano” sfuggitogli a un vertice di An la settimana scorsa. Ma come?

Un documento senza strappi culturali

C’è qualcosa di paradossale in questa posizione. Fini è in linea di principio favorevole alla via unitaria del centrodestra. Tuttavia soffre l’isolazionismo di Casini, del quale condivide intimamente la battaglia classista e per la mezza età contro la leadership di Berlusconi. Gli amici hanno provato a spiegargli che gli conviene assecondare il Cav. Gli conviene lasciare che Forza Italia si sciolga per diventare la prima sezione italiana del Ppe, come ha consigliato il forzista Giuseppe Gargani, quindi potrebbe aderire da subito al nuovo partito che rappresenterebbe circa il 36-37 per cento dell’elettorato, costringendo in questo modo Casini a scegliere se “lanciare un’opa su Forza Italia o aggregarsi al democristianesimo stanziato nell’Unione”.

Sono parole del tatarelliano Maurizio Gasparri, che almeno in questo caso non è sospettabile di filoberlusconismo visto che un discorso analogo lo fanno apertamente i sociali di Gianni Alemanno (“Il partito unico stenta a decollare ma non significa che dobbiamo fermarci”) con la mezza approvazione dell’ultrà di destra Francesco Storace. Quanto poi all’opportunità di collegarsi alla tradizione dei popolari europei, è questione già dibattuta senza fortuna dentro An. Fini non è disposto a ridimensionare la propria svolta laica in materia di bioetica e diritti civili, ha promesso però che il documento della ripartenza non conterrà “strappi culturali” rispetto all’opinione della maggioranza del partito.

Ovviamente la riunione di martedì prossimo deve anche avere una funzione cosmetica. An ha bisogno di liberarsi dall’immagine di partito paralizzato e illuminato dai media soltanto quando insegue il disfattismo dell’Udc. Ovvero per le più malmostose vicende giudiziarie (ancora aperte) che riguardano Storace, in qualità di ex governatore del Lazio, e il portavoce di Fini, Salvatore Sottile, coinvolto nell’inchiesta della procura di Potenza che ha portato all’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia. Fini è convinto che l’assedio intorno ad An sia stato rotto soltanto per via del Mondiale. Ora bisogna pensarci da soli.

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