Società

BORSE RIMANDATE
A GIUGNO

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(WSI) – Le trimestrali americane stanno superando le attese degli analisti, ma questo non basta per ridare ottimismo ai mercati. Almeno fino a fine maggio. Per Giorgio Radaelli, chief global strategist di BSI Lugano, bisognerà attendere la chiusura della stagione dei bilanci prima che i corsi ritrovino la via del rialzo.

Abbiamo appena lasciato alle spalle la settimana più movimentata dal punto di vista delle trimestrali americane. Ad oggi circa 350 società dello S&P500 hanno reso pubblici i conti del primo trimestre. Qual è un primo bilancio “a caldo”?

Dal punto di vista formale è chiaro che il primo trimestre 2005 è stato un periodo eccezionale. Ci si attendeva una crescita degli utili societari attorno al 7-8%, mentre la realtà è stata di un aumento superiore al 10% anno su anno.

Non solo la crescita è notevole, ma si tratta dell’ennesimo trimestre consecutivo in cui le aspettative vengono superate. Resta il fatto che però si assiste a una decelerazione, se si pensa che il tasso di crescita nel biennio 2003-2004, è stato del 20,3%.

Ma ritengo che il 10% sia una percentuale soddisfacente, soprattutto se consideriamo che il saggio storico di lungo periodo rispetto al Pil nominale è attorno al 6-7%.

Ma allora perché i mercati azionari continuano a scendere?

Abbiamo riscontrato che nel corso delle ultime sette reporting season la borsa americana ha sempre registrato andamenti negativi. Al contrario i rialzi si sono verificati tra un periodo e l’altro.

Se consideriamo che la stagione finirà a metà maggio e che il prossimo 3 maggio si riunisce la Federal Reserve, si intravedono buone possibilità per un rally tecnico a partire dalla fine di maggio, in cui può valer la pena spostare le posizioni in cash a favore dell’investimento azionario.

Privilegiando quale area geografica?

Noi preferiamo l’Europa dei 12, perché è il mercato meno caro in termini relativi. Ma con delle precisazioni: in particolare investiamo sull’Euro Stoxx 500, perché è l’indice che contiene le maggiori società per capitalizzazione, che svolgono parte preponderante della loro attività all’estero che quindi sono meno legate alle vicende proprie di Eurolandia.

Inoltre, il Vecchio Continente è anche l’area più favorita in termini di crescita degli utili, soprattutto grazie alla diminuzione dei costi del lavoro, più che per crescita dei fatturati.

In Asia, invece?

L’economia dei paesi asiatici è in decelerazione. Soprattutto in Cina, le cui importazioni sono diminuite a febbraio. Questo è solo uno dei fattori che hanno influenzato l’outolook sull’area: le prospettive sugli eps (utili per azione, ndr) delle società asiatiche in borsa sono calate a zero, uno dei livelli più bassi degli ultimi cinque anni.

Inoltre notiamo una sotto performance, rispetto alle attese e al suo stato di mercato emergente, dell’area asiatica ex-Giappone, probabilmente a causa del deteriorarsi dei fondamentali asiatici. Riteniamo dunque che si tratti di un mercato costoso in termini relativi, vale a dire se consideriamo che è emergente.

Cosa potrebbe succedere se la Cina rivalutasse la sua moneta?

È un’ipotesi tutt’altro che improbabile. Ritengo che il Governo cinese ritoccherà il valore dello yuan prima dell’estate. Questo porterebbe a un rialzo generalizzato del rapporto tra tutte le monete asiatiche contro il dollaro, ma anche a un possibile intervento del Governo Usa, meno favorevole rispetto al passato a un dollaro debole.

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