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BORSE: L’OUTLOOK E’ DA TRADING RANGE

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*Michele Pezzinga e’ lo strategist di CentroSim. I suoi commenti non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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(WSI) – Dopo una settimana di assenza, torniamo vedendo confermate alcune delle
nostre ipotesi sull’evoluzione dello scenario macro. Nell’area euro lo
stallo dell’economia è proseguito anche nel mese di aprile (i dati di ieri
sui direttori degli acquisti, tornati sotto lo spartiacque di quota 50,
che separa un quadro di espansione da uno di contrazione dell’economia,
hanno addirittura rafforzato quest’ultima ipotesi), mentre dagli USA sono
giunti segnali di più deciso rallentamento, dopo che alcuni indizi erano
già emersi nel corso del 1° trimestre 2005.

Gli ordini di beni durevoli
sono scesi in marzo di un secco 2,8% (oggi pomeriggio alle 16:00 la
verifica definitiva dagli ordini all’industria), con addirittura un -4,7%
per la voce beni più significativa dei beni d’investimento ex difesa e
aeronautica; la fiducia dei consumatori di aprile (Università del
Michigan) è calata oltre le attese a quota 87,7, da 92,6 in marzo e 97,1
in dicembre; ieri, infine, l’indice ISM dei direttori degli acquisti nel
comparto manifatturiero è calato a quota 53,3, minimo dal luglio 2003,
rispetto ad una lettura pari a 55,2 in marzo, con una discesa più
pronunciata nella voce nuovi ordini (da 57,1 a 53,7).

Nulla di drammatico,
certo, anche perchè contestualmente in aprile le richieste di sussidio si
sono mantenute mediamente intorno alle 323mila unità, persino un po’ al di
sotto dei livelli medi del 1° trimestre. Anche i consumi ed i redditi
personali (parliamo dei dati di marzo) hanno mantenuto un buon profilo,
crescendo rispettivamente di uno 0,5 e 0,6%, un po’ oltre il previsto, pur
mostrando un’ulteriore compressione della quota di reddito risparmiata,
scivolata ad un misero 0,4%, i minimi dall’ottobre 2001. La nostra idea
era che l’economia rallentasse progressivamente nel corso dell’anno, per
assestarsi su ritmi di crescita compresi tra il 2,5 ed il 3% dopo
l’estate.

A dire il vero, le stime preliminari sul PIL del 1° trimestre
stanno già mostrando un quadro più stentato, visto che il +3,1% emerso a
livello complessivo sarebbe stato pari ad un +1,9% soltanto senza
considerare l’effetto accumulazione di scorte. In altre parole, la domanda
finale interna (PIL – scorte) si è indebolita molto più di quanto non
appaia dal PIL complessivo, passando da ritmi del +5% nel 3° trimestre
2004 al +3,4% nel 4° e ora ad un anemico +1,9%, contro un PIL scivolato
invece dal +4% del 3° trimestre all’attuale +3,1%. Negli ultimi mesi ha
pesato soprattutto la caduta della spesa in beni durevoli (sostanzialmente
l’auto), che da una crescita record nel 3° trimestre 2004 (+17%) si è
ridimensionata ad un +3,9% nel 4° ed è scesa a quota zero in questa prima
parte dell’anno (e stasera avremo i dati di vendite di aprile).

I timori
di inflazione si sono ridimensionati, ma non dissolti, visto che il
deflatore della spesa per consumi è salito di un 2,2% nel 1° trimestre
2005 rispetto a quello precedente (da un +1,7% nell’ultimo del 2004); su
base annua però in aprile viaggiamo ancora su ritmi dell’1,7%, dal +1,6%
dei primi due mesi mesi dell’anno: solo una lieve accelerazione, partendo
peraltro da livelli molto contenuti. La speranza è che con il progressivo
raffreddamento della crescita e quotazioni del greggio più stabili intorno
alla pur elevata quota dei 50 dollari il barile, anche le pressioni sui
prezzi si smorzino nei mesi a venire, con effetti benefici per i mercati
finanziari.

Stasera comunque la FED procederà all’ottavo aumento consecutivo dei
tassi, con un altro quarto di punto che li porterà a quota 3%. Per fine
anno i mercati scontano ancora livelli di poco superiori al 3,75%,
peraltro ridimensionati dal 4% e oltre scontato fino a poche settimane fa.
L’attenzione per oggi rimarrà semmai puntata sui toni del breve comunicato
che accompagnerà il ritocco, ma a nostro avviso anche da qui non
dovrebbero emergere sorprese.

In questo contesto più rassicurante il
decennale USA è tornato a rendere il 4,20% circa e quello tedesco sta
addirittura testando nuovi minimi sotto i precedenti a quota 3,40%. Ed è
proprio dalla brusca discesa dei rendimenti che, almeno qui da noi, è
giunto un nuovo provvidenziale sostegno alle Borse: con alternative così
poco allettanti, l’effetto liquidità torna infatti a manifestarsi, a
beneficio dei soliti comparti difensivi e delle realtà caratterizzate da
più elevati dividend yield.

Difficile quindi che si possa registrare in
questa fase una brusca caduta degli indici azionari, come molti avevano
iniziato a temere un paio di settimane fa: continuiamo semmai a vedere un
mercato in trading range, incapace di trovare significativi spunti al
rialzo ma anche di precipitare, perchè sostenuto dal potenziale difensivo
delle realtà che più vengono assimilate ai bond.

I rischi rimangono
concentrati sui comparti più ciclici, e tra questi l’high tech, che a
inizio anno avevano beneficiato di un tentativo di rotazione; solo un
rinnovato allarme inflazione, al momento poco probabile, potrebbe a nostro
avviso rimettere il tutto in discussione, avvantaggiando unicamente chi si
fosse rifugiato, con tutti i costi-opportunità del caso, su posizioni di
pura liquidità.

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