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BERLUSCONI PRODI, ODIARSI CORDIALMENTE

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(WSI) – Tutto si inaugurò con una telefonata di cordialità cameratesca. «Silvio, Silvio, io ho cominciato». «Ti faccio tanti auguri, Romano». Era il febbraio di dieci anni fa. I due non s’erano amati da imprenditori, o uomini della finanza, ma da politici volevano fosse tutta un’altra storia. Al «Fatto» di Enzo Biagi, Prodi aveva esposto il programma: «Sono sceso in campo perché c’era cattiveria, c’era tensione, c’era la necessità di rappresentare buoni sentimenti». Berlusconi si sbilanciò nell’analisi di alta responsabilità istituzionale: «Ho sempre detto che una delle finalità della mia discesa in campo è stata quella di arrivare a un centrodestra contrapposto a un centrosinistra: due schieramenti liberali, possibilmente liberisti, assolutamente democratici. La candidatura di Prodi può consentire alla gente di scegliere senza timori». Prodi si mantenne sull’approccio di pelle: «Berlusconi è simpatico, ha dato uno scossone all’Italia». Fornì delle garanzie: «Sarà una competizione dolce».

Due mesi più tardi, Berlusconi era già persuaso che Prodi fosse un «utile idiota», «un leader d’accatto», un «simpatico ciclista», «uno specchietto per le allodole dei comunisti», una «controfigura», un «acchiappavoti». Prodi nel frattempo aveva maturato la convinzione che Berlusconi sarebbe stato «fuori luogo persino in Madagascar», niente altro che «un incompetente liberista», un «giocatore di battaglia navale», una controfigura politica di «J.R», il cattivo di «Dallas». Gli scambi si infittirono e assunsero toni perentori. Berlusconi: «L’Ulivo è un Jurassic Park». Prodi: «Jurassic Park sarà lui con tutte le sue aziende». A ridosso delle elezioni dell’aprile 1996, il dibattito si fece tambureggiante. «Meschino», «infantile», «bugiardo scandaloso», «fandonie», «patetico», «squallido», «uomo ridicolo», «soldato di ventura». Giovedì scorso, Prodi ha previsto: «Sarà una competizione dolcissima».

Oggi i due si scambiano accuse di indegnità per come conducono la politica estera o sul valore degli accessori. Indegno Prodi, che ha sparlato dell’Italia con Chirac, indegno Berlusconi, che porta al polso un orologio da 414 mila euro. Manca più di un anno alle Politiche e in mezzo ci sono le Amministrative, per cui di piatti ne voleranno parecchi. In questo andirivieni volante di stoviglie, è persino diventato difficile capire di volta in volta chi sia il lanciatore. «Oggi i poveri sono più poveri». Lo ha detto Prodi durante il governo Berlusconi? No, Berlusconi durante il governo Prodi. «E’ come Mussolini». Lo ha detto Prodi di Berlusconi? No, Berlusconi di Prodi. «Arriverà a riabilitare Stalin». Lo ha detto Berlusconi di Prodi? No, Prodi di Berlusconi.

Si potrebbero approntare questionari. «Sono contento di poter contare su un esercito di volontari e non su un esercito di mercenari come quello di Berlusconi». Quando Prodi pronunciò questa frase? Facile, un paio di mesi fa, tutto il centrodestra ebbe moti di indignazione. Risposta giusta soltanto a metà. Prodi lo disse per la prima volta il 17 marzo 1995, in un’intervista concessa a Radio Vita, emittente della diocesi trevigiana. Allora nessuno avrebbe immaginato che il duello si sarebbe protratto così a lungo, ed è comprensibile che i due arranchino sulle impervie chine della creatività.

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