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Antiricilaggio e legalità – Banche, imprese e professioni

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L’Antiriciclaggio, quale cultura della legalità e Governance del rischio – banche, imprese e professioni oggi: a colloquio con Giovanni Falcone, l’esperto antiriciclaggio ci guida nella selva delle nuove regole anticrimine per operatori economici e finanziari di Rita Guma

 

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Fare impresa non è facile. Chi investe, lavora duramente e ritiene di misurarsi in una sana concorrenza dovendosi spesso difendere da sfide illegali, come gli appalti truccati, le malversazioni, il riciclaggio di denaro sporco. Inoltre oggi le organizzazioni sovranazionali, come l’OCSE, la UE e l’ONU chiedono agli Stati firmatari il rispetto di convenzioni anticorruzione, antiriciclaggio ed antiterrorismo che hanno portato all’introduzione nella legislazione italiana di provvedimenti finalizzati a impedire il finanziamento alla criminalità organizzata nazionale ed internazionale.

Gli imprenditori dunque – ma anche gli intermediari, gli avvocati e le banche – devono muoversi nella selva di norme che ne deriva. Per fare chiarezza su tali aspetti ci siamo rivolti ad un esperto, Giovanni Falcone, che – già vecchio Ufficiale della Guardia di finanza – ha maturato nelle regioni del sud una lunga esperienza non solo nei controlli fiscali, ma anche nelle tecniche di contrasto alla criminalità organizzata e già  Responsabile Aziendale Antiriciclaggio presso un Gruppo bancario. 

Domanda: Siamo in un periodo in cui i rapporti commerciali sono sempre più globalizzati ed alla criminalità tradizionale si affianca il terrorismo internazionale. In questo contesto, quali sono i principali attacchi alla legalità che oggi un imprenditore può trovarsi a dover fronteggiare, sia quale bersaglio che quale inconsapevole complice?================

Io penso che la globalizzazione, anche grazie ad una maggiore diffusione delle moderne tecnologie, abbia contribuito ad accentuare ed accrescere determinati fenomeni di criminalità, offrendo all’imprenditore, nel contempo, un interessante ampliamento del mercato in termini di opportunità commerciali.  E’ una medaglia a due facce. Il principale attacco che potrebbe subire un imprenditore che opera su un mercato globale è, a mio avviso, il c.d.”rischio Paese” (stabilità politica, adesione all’organizzazione mondiale del commercio, al Gruppo di Azione Finanziario Internazionale). Per quanto possibile, bisogna cercare di operare e competere su mercati ove vigono le stesse regole o per meglio dire, giocare ad armi pari. La salvaguardia della “legalità” si può assicurare solo tramite il rispetto degli accordi sottoscritti e delle specifiche legislazioni dei rispettivi Paesi. Ritengo che il terrorismo internazionale, non sia terreno del singolo imprenditore ma è rimesso alla organizzazione e sensibilità di combatterlo da parte del singolo Stato nell’ambito di un progetto comune e coordinato con altri Paesi.

Domanda: La legislazione internazionale e nazionale si è arricchita di nuovi strumenti che vincolano imprese, banche e professionisti a determinati comportamenti, al fine di prevenire o comunque contrastare comportamenti criminali. Ci può fare una panoramica dei più recenti?==================

Nel periodo più recente, anche grazie alle prime sentenze di condanna, credo che la normativa più importante a livello nazionale sia quella che ha esteso la responsabilità amministrativa e/o interdittiva in capo agli enti e società, per comportamenti di rilevanza penale riconducibile ai dipendenti e/o amministratori, dalla quale gli stessi abbiano avuto un interesse o beneficiarne anche indirettamente. Parlo del D.lgs 231/01, dove l’unico modo per difendersi è quello di darsi una buona governance e fare la migliore formazione a beneficio dei dipendenti (Modello organizzativo e Codice etico).  A livello comunitario, credo che possiamo fare riferimento alla terza direttiva antiriciclaggio del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Entro giugno p.v. sarà ratificata la 4° Direttiva con la novità del Registro nazionale dei TT.EE. ed un nuovo quadro sanzionatorio. Di particolare interesse la MIFID – direttiva 2004/39/Ce – (markets in financial instruments directive), da considerarsi un vero e proprio codice di garanzia per i consumatori, con l’ottica di assicurare la massima trasparenza. Per grandi linee, questo codice, uniforme in tutti i Paesi dell’unione, mira e regolare meglio o addirittura limitare “le concentrazioni”, una migliore regolamentazione per la “consulenza finanziaria” attraverso la istituzione di appositi albi, nuove regole per l’ammissione alla “negoziazione di titoli in borsa”, nuove regole per la “vigilanza”, per la regolazione dei “conflitti di interesse” – vietando per esempio ai componenti del consiglio di sorveglianza di una holding poter svolgere funzioni di amministrazione su una società collegata o controllata (commistioni proibite) e, in ultimo una più precisa suddivisione dell’utenza suddivisa fra i clienti istituzionali (ai quali non si applica la “best execution” (ovvero l’obbligo di fornire la migliore prestazione possibile), i clienti professionali (i quali avranno una tutela ridotta rispetto agli obblighi previsti per la prestazione di servizi d’investimento) e i clienti al dettaglio, ai quali deve essere assicurata la massima garanzia.

Domanda: Ritiene vi siano difficoltà di applicazione di tali strumenti e che siano motivate le critiche sulle questioni tecniche (ad es. quelle relative alla privacy) che sono state fatte a tali provvedimenti da coloro che devono metterli in pratica?==================

Quando si tratta di difendere la legalità, ma soprattutto la sicurezza dei cittadini nel suo complesso, in modo inevitabile, credo che qualche sacrificio individuale vada assolutamente compreso e tollerato. Al riguardo, mi torna alla mente il passaggio di una vecchia  relazione del Garante sulla privacy – se non ricordo male del 2004, nella gestione del prof. Rodotà – dove fra l’altro, si diceva pressappoco così: “Senza una resistenza continua alle micro violazioni, ai controlli continui, capillari, oppressivi o invisibili che invadono la stessa vita quotidiana, ci ritroviamo nudi e deboli di fronte a poteri pubblici e privati.” Sembrerebbe comprendere che bisogna “resistere”, quasi come una battaglia contro qualcuno che effettua, si diceva testuale “controlli continui, capillari, oppressivi che invadono la stessa vita quotidiana …”.  All’epoca dissentii molto da una simile diagnosi così catastrofica e voglio ripeterlo adesso, posto che, i “controlli”, quando si decide di farli, è bene che siano capillari (e non superficiali e all’acqua di rose …), senza per questo sentirsi oppressi. Di fronte alle quotidiane e gravissime minacce provenienti da organizzazioni terroristiche, in primo luogo di area islamica, sussiste la esigenza di coniugare la privacy di alcuni con la sicurezza di tutti, anche introducendo procedure e tecniche più adeguate per il controllo di determinati fenomeni. La globalizzazione, cui accennavamo prima, che ormai ci ha favorevolmente impressionato per tanti aspetti, facendoci vivere le bellezze e, in qualche caso anche gli orrori dell’intero pianeta con estrema rapidità, soprattutto grazie alle moderne tecnologie (pensiamo alla rete …), deve altresì imporci una rivisitazione di certe regole tese a proteggere e garantire la nostra stessa sopravvivenza.  Assicurare il controllo permanente di milioni di persone che si spostano quotidianamente da un continente all’altro, fra i quali tanti malintenzionati, in qualche caso addirittura vocati alla morte, non è impresa facile. Inserire e conservare l’elenco dei passeggeri o installare strumenti di rilevazione anche sofisticati su una piazza, un’area aeroportuale o in una struttura particolarmente frequentata o comunque affollata, non deve impressionare nessuno se l’obiettivo, come sembra essere, è quello di proteggere e garantire la sicurezza di tutti. Personalmente, se non ho nulla da nascondere, cosa potrò mai temere, se non dire grazie a coloro che, con tanti sacrifici, sono chiamati a proteggermi. Per concludere, ritengo che, se nessun dubbio si pone sull’assoluta opportunità di certe misure che possono anche sembrare limitative delle libertà di ognuno, qualche accorgimento e tutela ulteriore sia indispensabile nella conservazione ed utilizzo di tali informazioni sensibili. In altri termini, se dobbiamo sopportare con intelligente pazienza le denominate “micro violazioni”, dobbiamo anche pretendere che tali informazioni vengano trattate e gestite nel rispetto dei principi continuamente ricordati dal Garante per la privacy e codificati nella carta Costituzionale. Come tutte le cose, quando il buon senso prevale, si potrà comprendere che la libertà di ognuno non contrasta né potrà mai contrastare con la sicurezza di tutti.

Domanda: Spesso i cittadini guardano al mondo delle imprese con scetticismo per quanto riguarda l’aspetto fiscale. Lei ha circa trent’anni di esperienza come finanziere e  Comandante della Guardia di finanza. Qual è la sua opinione?================

Il principio che generalizzare è sbagliato vale sicuramente anche per l’impresa nella sua accezione più ampia. Nel nostro Paese che, voglio dirlo con forza è un grande Paese di cui credo si debba andare orgogliosi, ci sono aziende che da quando nascono a quando muoiono non ricevono mai una verifica fiscale. A mio avviso, il primo stimolo per l’evasore incallito è costituito dal bassissimo rischio di essere “visitato”. Il secondo stimolo all’evasore è invece rappresentato dall’altissima pressione fiscale che allo stato sembra aver battuto ogni record. Il terzo stimolo infine, è rappresentato dal fatto che non c’è certezza della pena. Malgrado la esistenza della famosa legge denominata “manette agli evasori” operativa dal 1982 (peraltro modificata nella primavera del 2000), nella realtà in galera è più facile finirci per uno spinello di troppo che per evasione fiscale. Se avremo modo di approfondire questo tema della evasione fiscale – magari anche in altra occasione per non sembrare troppo prolisso – che non costituisce come qualcuno dice “un problema” ma che è invece “il problema del nostro Paese”. Io credo che la evasione fiscale possa essere stroncata definitivamente in meno di 24 ore, a condizione che si utilizzi una diversa “fonte d’innesco” come già avviene in altri Paesi. In altri termini, l’evasore totale cambierà atteggiamento in modo radicale se capisce che la percentuale di rischio ad essere scoperto è aumentata in modo esponenziale.

Domanda: Può raccontarci la sua esperienza a riguardo?=================

La mia esperienza nel Corpo della Guardia di finanza potrei definirla variegata, con alti e bassi, come sempre avviene in un percorso durato cosi a lungo (circa 30 anni). Personalmente penso che il controllo della “spesa pubblica” debba rivestire, in termini di interesse Istituzionale, un’attenzione almeno pari – se non superiore – a quello espresso nell’azione di contrasto all’evasione fiscale. Dico superiore perché, una spesa pubblica oculata, significa una Pubblica Amministrazione efficiente, idonea ad eliminare una presunta ragione morale utilizzata dagli evasori. Può proiettare, nel sentire comune, una sensazione positiva e virtuosa di legalità, sottolineando ancora di più il dettato costituzionale dell’art. 53 “tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della specifica e rispettiva capacità contributiva.” Durante il periodo trascorso in terra di Calabria (1988/93), al Comando di una Sezione investigativa sulla criminalità organizzata, con un centinaio di collaboratori, mi sono occupato prevalentemente di “grandi appalti pubblici e di contributi in conto capitale alle imprese – (i c.d. contributi a fondo perduto … a babbo morto!!!). In materia di appalti pubblici, ricordo con amarezza la facilità con la quale, ahimè credo ancora oggi, è possibile eludere i rigori della norma in materia di appalti pubblici per gli enormi appetiti della criminalità organizzata che, non entra dalla porta (all’atto dell’aggiudicazione dell’appalto), bensì dalla finestra all’atto della concessione dei sub-appalti. Mi riferisco per esempio alle procedure per il ‘nolo a freddo ‘, o alle ‘varianti in corso d’opera e affidamento a trattativa privata ‘.

Domanda: Penso che i nostri lettori che vogliano approfondire troveranno molto interessanti su questo tema alcuni articoli pubblicati sul suo sito, come “Appalti pubblici – il nolo a freddo della criminalità organizzata” e “Appalti pubblici…tra varianti in corso d’opera e trattative private…”, mentre, per quanto riguarda i finanziamenti pubblici, sempre allo stesso indirizzo si possono trovare alcuni commenti che traggono spunto da esperienze direttamente vissute sul campo nell’attività di servizio, come “L’arte della truffa negli aiuti al mezzogiorno” e “I veri destinatari’ degli aiuti al mezzogiorno”; ma, restando in tema, perdoni la curiosità, se possibile: qual è l’evasione più rilevante che il suo nucleo ha portato alla luce?==============

Mi viene difficile ricordarmelo. Voglio invece citare un caso di evasione , quasi folcloristico che, per ragioni diverse si potrebbe definire quasi comico ma che nello stesso tempo, rende bene l’idea del disastro, laddove un esercente l’attività di “autocarrozzeria”, alla mia domanda sulle ragioni per le quali accese la partita IVA, visto che successivamente non presentò mai alcuna dichiarazione fiscale, ebbe ad affermare molto candidamente: “guardi Comandante che a me la partita IVA mi è stata indispensabile per poter fatturare le prestazioni alla Pubblica Amministrazione (mia principale cliente), riparando le macchine dei Vigili Urbani, Carabinieri e, pensi, anche della Guardia di finanza”.

Domanda: Lei è anche un esperto antiriciclaggio.  In tale veste è stato relatore di svariati corsi e convegni ed anche di recente per un seminario indirizzato ad avvocati. Ha anche realizzato un corso su cd-rom con supporto e consulenza on line destinato a professionisti, operatori bancari e finanziari su “Tecniche di contrasto al riciclaggio di denaro sporco”. Per la sua esperienza, quali vantaggi offre agli operatori economici e finanziari conoscere tali tecniche?================

Posto che fare “antiriciclaggio” significa applicare comune e razionale buon senso, seguire il mio corso sulle “Tecniche di contrasto al riciclaggio di denaro sporco”, significa coniugare la mia lunga esperienza di appartenente alle “Fiamme Gialle” con quella di Responsabile aziendale antiriciclaggio maturata nell’ambito di un gruppo bancario, avente peraltro ramificazioni nel campo assicurativo, della intermediazione mobiliare e del risparmio gestito. Per quanto mi riguarda, l’obiettivo che mi sono prefisso è quello di aiutare l’intermediario bancario o finanziario (ex iscritti all’albo generale o speciale – art. 106 e 107 del tub), il professionista – legale o contabile – e gli operatori economici non finanziari (mediatori creditizi, immobiliari, commerciante di preziosi, money trasfer e tanti altri), chiamati dalla Istituzione a fornire la c.d. “collaborazione attiva”. Aiutarlo a comprendere e discernere eventuali rischi di riciclaggio di denaro sporco e finanziamento del terrorismo internazionale, rappresenta per me una sorta di naturale continuità con quello che ho sempre fatto per quasi 40 anni, sia pure in ambiti e contesti diversi.

Domanda: Un’ultima domanda, un po’ provocatoria per chi ha fatto della legalità il suo lavoro: ma oggi, in un mondo sempre meno attento ai principi e interessato spesso solo al vantaggio che si può trarre da un’azione o comportamento, la legalità conviene?=============

Essere dalla parte della “legalità” conviene sempre. Se in qualche caso, nell’immediato può apparire utile il contrario, si tratta di una utilità effimera, futile, passeggera e superficiale che non lascia segni particolari. Sulla distanza, invece, essere dalla parte della legalità, si riceve una gratificazione impagabile che ti fa dormire la notte, ti consente di guardare gli altri con uno spirito positivo e con maggiore fiducia, ma soprattutto di trasmettere, anche a chi non ti conosce, il migliore esempio di vita. Essere dalla parte della legalità, ci aiuta a sentirci meglio, si ha la stessa sensazione di quando si aiuta una persona che è rimasta indietro, quando si cede il posto ad una persona anziana, si prova una sensazione di puro altruismo. In ultimo, penso che le cose negative facciano più rumore e quindi si notano di più. I  fautori ed i protagonisti del lavoro onesto, laborioso e della legalità sono più numerosi, ma al contrario dei primi, sono silenziosi, non li nota nessuno, perché fanno semplicemente il loro dovere.

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inserito da Admin il 2008-09-08 23:00:18