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AMICI E RIVALI AL VERTICE DEL SISTEMA BANCARIO

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(WSI) – «La leadership – insegnano a McKinsey – non consiste nell’ergersi al di sopra di tutti, ma nel permettere agli altri di superare persino le proprie aspettative». Coerentemente con questa visione, per i guru della consulenza mondiale la competizione è un mezzo per migliorare se stessi e le aziende per cui si lavora.

I due più famosi “alumni” italiani (si chiamano così quelli che lasciano la società) di McKinsey, Corrado Passera e Alessandro Profumo, conoscono e interpretano bene la lezione anche quando, inevitabilmente, la competizione tra le due più grandi banche nazionali, Intesa e Unicredito, diventa rivalità tra i due amministratori delegati. Ma nemmeno alla McKinsey insegnano come difendersi da quella che potremmo chiamare la “sindrome Biaggi” (inteso come Max, il motociclista), ovvero l’inevitabile deterioramento che una rivalità subisce nel momento in cui uno dei due inizia a finire regolarmente dietro. Allora il fair play lascia lo spazio ad una voglia di rivalsa sempre meno dissimulabile. Non siamo ancora a quel livello, ma nei piani altissimi del capitalismo italiano si sente sussussare la frase «Passera è bravo, però Profumo…».

Questioni di numeri, certo: Unicredito è un gioiello di redditività, con un roe che viaggia costantemente sopra il 20% e con dividendi che allietano le tasche degli azionisti grazie a rendimenti annui intorno al 4-5%. Banca Intesa, invece, ha un roe che non arriva alla metà. Tutti – escludendo la minoranza di nostalgici della vecchia Banca Commerciale e della sua vocazione internazionale – riconoscono il lavoro di ristrutturazione fatto da Passera: la pulizia dei conti, l’uscita, limitando i danni, dall’avventura in Sudamerica, nonché la scelta sensatissima di puntare tutto sul mercato retail, settore in cui Banca Intesa è veramente imbattibile. Tutte mosse azzeccate ma che invariabilmente svaniscono nel confronto con il più smagliante numero due (in termini di asset), sempre sommerso dalle lodi degli analisti per cui Unicredito è «un modello per l’intero settore non solo in Italia, ma in Europa».

Inoltre i numeri non bastano a spiegare il divario, perché in Italia le banche più che denaro, “danno la linea” a tutto il sistema. Profumo non si tira indietro, mentre Passera è stato troppo a lungo impegnato dalle beghe interne. E così la scena rimane tutta per il primo (della classe): profeta della «responsabilità sociale d’impresa», ma anche pronto a dare la sua ricetta per risolvere i mali storici del capitalismo italiano.

Unicredito, e in particolare la divisione corporate diretta da Pietro Modiano, si è lanciata in iniziative come il bond di distretto e lo stesso Profumo in un’intervista al Sole 24 Ore ormai famosa, si è detto disposto a fare prestiti senza garanzie a tutti gli imprenditori che contemporaneamente avessero fatto un aumento di capitale alle loro imprese. Una vera rivoluzione culturale per il mondo bancario da sempre accusato di essere troppo prudente ed esigente con le piccole imprese.

Ma è sulle questioni power sensitive che i due «banchieri ulivisti», come li chiamano i berluscones sono più distanti: sulla questione Fiat, per esempio, Profumo ha subito fatto accantonare alla sua banca la somma necessaria in caso di conversione in azioni Fiat del prestito da tre miliardi. Una mossa preventiva che ha indispettito Passera (Intesa detiene la quota singola maggiore), non tanto per l’esito finale, inevitabile – le banche convertiranno e diventeranno, insieme, azioniste di maggioranza del Lingotto – quanto per aver rotto la strategia attendista adottata da tutti gli altri.

Ma il momento in cui i due sono sembrati veramente distanti è stato nella vicenda Rcs: Passera, e il suo presidente Bazoli, sono stati i veri protagonisti della trattativa. Il primo inflessibile nel criticare la gestione dei Romiti, il secondo grande mediatore nel negoziare l’uscita della famiglia e l’attuale assetto dell’azionariato. Con la ciliegina della nomina di Vittorio Colao (altro alumno McKinsey) ad amministratore delegato. Facile capire con la benedizione di chi. Nel mentre, Profumo sbatteva la porta dimettendosi dal cda di Rcs Quotidiani. Si è dissociato da quella che tutti hanno poi definito un «regolamento di conti vecchio stile». Insomma, se il risultato reale lo ha portato a casa Passera, in termini d’immagine ha rivinto Profumo.

Che, coincidenza o meno, un passetto nell’editoria lo ha fatto subito dopo: una nuova rivista che si chiama East edita da Baldini Castoldi Dalai con il contributo dell’Arel di Enrico Letta e appunto di Unicredito. Il comitato scientifico è presieduto dallo stesso Profumo e vede al suo interno Aldo Bonomi, Massimo Cacciari, Antonio Calabrò, Pier Luigi Celli, Ferruccio de Bortoli, Enrico Letta, Paolo Fiorentino, Giovanni Moro, Fabrizio Onida e Maria Wisniewska. Tanto per buttarla (il giusto) in politica.

Ma questo è un campo in cui Passera può contare su una sensibilità migliore, lo si è visto questo inverno nel momento in cui i banchieri sono sfilati davanti alla commissioni parlamentari sul risparmio: troppo freddo e rigido Profumo, apprezzato dagli stessi giudici-deputati Passera. Non a caso è lui molto più corteggiato in certi ambienti del centrosinistra per un eventuale “prestito” alla politica. Divario che potrebbe non ricucirsi velocemente, visto che il più ascoltato consigliere di Profumo, Pietro Modiano, è scivolato sulla buccia di banana di alcuni prodotti di finanza derivata venduti a piccole imprese del Nordest, finiti pesantemente in rosso.

Ma solo il tempo ci dirà chi può spuntarla, anche in questo campo, perché Passera è più gettonato dal centrosinistra attuale, mentre Profumo è il paladino del mercato: il ritratto perfetto di uomo nuovo per tempi nuovi.

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