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ALLARME PETROLIO. COME NEL SETTANTA

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(WSI) – L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha lanciato un messaggio che evoca la crisi del petrolio degli anni Settanta. Il barile ha toccato a New York a 58 dollari – un rincaro del 65 per cento rispetto allo scorso anno. E le previsioni sono pessimistiche perché questo alto prezzo non frena né i consumi degli Stati Uniti, né quella dei grandi paesi asiatici, Cina ed India in testa.

L’Agenzia perciò sostiene che occorre ridurre la domanda ed enuncia possibili misure di restrizioni alla circolazione di auto, mediante la limitazione dell’uso dei trasporti privati, che dovrebbero essere applicate dai paesi ricchi. Per quelli in via di sviluppo, invece, essa presenta la raccomandazione, rivolta soprattutto agli stati asiatici, di cessare di sovvenzionare il prezzo del petrolio al consumo. Infatti molti di questi paesi, per motivi sociali, praticano prezzi politici dell’energia, addossando all’erario la differenza fra il costo e il prezzo al consumo.

I sussidi con l’aumento del prezzo del barile sono diventati sempre più onerosi per le loro finanze pubbliche; ma Cina, Indonesia e Malesia hanno aumentato il prezzo della benzina e del gasolio per i consumatori fra il 6 e il 30 per cento, meno della metà dell’aumento del greggio. Il costo delle sovvenzioni evita la restrizione, a volte dolorosa, dei consumi energetici delle famiglie, ma riduce la disponibilità della finanze pubbliche di mezzi per gli altri interventi sociali, mentre non limita la domanda di petrolio, il cui aumento per la metà dipende dall’Asia.

E’ difficile che i governi asiatici si decidano a modificare le proprie politiche, ma il razionamento del traffico negli anni Settanta, con le targhe alterne e le domeniche a piedi non servì a risolvere i problemi della crisi energetica, risolti poi dal mercato. Il prezzo alto infatti stimolò un aumento dell’offerta, mediante l’esplorazione di nuovi pozzi e nuovi gasdotti, indusse gli europei (ma non gli americani) all’uso di motori più efficienti e sviluppò risorse energetiche alternative, come quella nucleare. Ciò indusse i produttori di greggio a moderare i prezzi, per timore di perdere quote del mercato energetico globale. E’ questo il principale segnale che attualmente manca.

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