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«A WALL STREET FINIRA’ L’ERA DEI PISTOLERI»

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(WSI) – Obama è l’uomo giusto per mettere ordine a Wall Street». Andrew Cuomo, procuratore generale dello Stato di New York, stringe un patto di ferro con il candidato democratico alla Casa Bianca, destinato a dare del filo da torcere ai malfattori della finanza, «a cui tutto è stato permesso a causa delle debolezze del governo». Andrew, figlio del governatore di origini italiane, Mario Cuomo, è a Denver per la convention democratica. Il suo arrivo durante il ricevimento della delegazione newyorkese è trionfale, strappa applausi e qualche tenero sorriso. Giunge nella Grand Ballroom dello Sheraton con Cara, una delle tre bambine avute da Kerry Kennedy, la settima figlia di Robert F. Kennedy. «Vi presento la manager della mia campagna», dice scherzando, e stringe la mano della piccola. Il procuratore, oltre al carattere, ha portamento marziale ed è elegante, perfetto per il soprannome di «sceriffo di Wall Street» che si è guadagnato per le sue battaglie contro le frodi di banche e imprese.

Bella la cravatta, è italiana?
«Certo, come gran parte di quelle che indosso».

L’ha consigliata anche ad Obama?
«Magari, quando entrerà alla Casa Bianca»

Sicuro che vinca?
«Obama è una persona di grande spessore e carisma; il popolo democratico si è stretto intorno a lui. Mi fido del buon senso degli elettori americani. Basta confrontare i risultati di otto anni di amministrazione Bush con la passata gestione Clinton per capire che abbiamo bisogno di un cambiamento. L’economia va male, la sanità è al collasso la dipendenza energetica ci mette le briglie, il costo della vita è sempre più elevato e il deficit pubblico lievita. Per non parlare dell’immagine del Paese appannata agli occhi della comunità internazionale e dei nostri alleati».

Repubblicani bocciati su tutta la linea?
«Hanno avuto la loro opportunità e l’hanno gettata via. Molto di quello che è stato fatto da Bush e dal suo governo ha danneggiato il Paese».

Subprime, crisi del credito, bond trappola: anche questo è colpa dei repubblicani?
«Non è possibile dare la colpa a un singolo soggetto. La crisi in atto è nata da una serie di cause, come il surriscaldamento dei mercati finanziari, le speculazioni, il ricorso a strumenti rischiosi e la mancanza di trasparenza da parte degli operatori. Tuttavia le carenze nella regolamentazione hanno contribuito, rendendo il tutto letale».

Cosa può fare Obama per rimediare alla situazione?
«Ci vuole una regolamentazione più completa, modulata sulla base delle necessità dei mercato moderni, con controlli coordinati. Ma è anche necessaria l’applicazione puntuale delle leggi. Il termine regolamentazione viene visto da alcuni a Wall Street come una bestia nera, ma in realtà non danneggia il settore privato, lo aiuta. Quello che fa male è la competizione non regolamentata, selvaggia, senza leggi né limiti».

E dal punto di vista economico?
«È necessario riavviare la crescita trasformando le politiche finanziarie in politiche fiscali. Solo in questo modo sarà possibile un recupero forte, trainato dalla classe media e con misure di sostegno ai più deboli».

Ritiene che sia necessaria una maggiore cooperazione con l’Europa?
«La cooperazione fa sempre bene all’economia, per questo si deve proseguire sul cammino del dialogo, sia da un punto di vista della politiche sia da quello della regolamentazione finanziaria».