Non accenna a placarsi la bufera sulla questione Ogm (organismi geneticamente modificati) in Europa. Gli esperti della Wto (Organizzazione mondiale del commercio) guidati dallo svizzero Christian Häberli non hanno dubbi: con la moratoria proclamata fra il 1998 e il 2003 e con le misure prese per alcuni prodotti specifici, l’Ue ha violato le norme della Wto. Come risulta dalle 1.219 pagine del rapporto, l’Italia (con Francia, Germania, Grecia e Lussemburgo) adotta misure di salvaguardia in contrasto con le disposizioni della Wto che si occupa del caso dopo che nel 2003 Stati Uniti, Argentina e Canada denunciano l’Ue per le “moratorie illegali sull’approvazione di prodotti agricoli biotecnologici e l’ingiustificato ostracismo di alcuni Stati membri nei confronti di prodotti già approvati”. Le conclusioni del rapporto non fanno “che confermare quel che sulle biotecnologie i coltivatori sapevano già da molti anni”, commentano il ministro statunitense dell’Agricoltura, Mike Johanns, e il rappresentante ufficiale di Washington ai colloqui commerciali internazionali, Susan Schwab. E cioè che le sementi biotecnologiche “non solo sono in grado di andare incontro alle necessità di nutrimento del mondo intero, ma stanno dimostrando anche un impatto ambientale positivo sui terreni e sulle risorse idriche”. Inoltre, in un discorso del maggio 2003, il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, afferma che allargando l’impiego delle nuove bio-semenze ad alta resa sarebbe possibile “scatenare la potenza dei mercati, aumentare notevolmente la produttività agricola e nutrire un maggior numero di persone”. Eppure, proseguono, “i nostri partner europei ci hanno ostacolato” bloccando tutte le nuove bio-semenze “a causa di timori infondati, senza base scientifica”. Questo, conclude Bush, fa sì che molte nazioni africane evitino di investire nelle biotecnologie, nel timore che i loro prodotti potessero essere esclusi dai mercati europei”. Per il direttore di Assobiotec, Leonardo Vingiani, è “alquanto singolare” che la notizia della decisione presa dalla Wto sia passata pressoché sotto silenzio, soprattutto se si pensa al clima di questi ultimi giorni. Secondo Vingiani, la sentenza va a punire quei Paesi che non adottano atteggiamenti trasparenti e regolari in materia, preferendo agire “in maniera irragionevole e protezionistica”. Ma non è di polemiche o di facili allarmismi che si ha bisogno; è necessario invece essere consapevoli, prosegue il direttore di Assobiotec, che un atteggiamento del genere è “pregiudizievole degli interessi complessivi del Paese” e che “nel momento in cui la Wto riconosce una violazione delle norme sul commercio, stabilisce sanzioni che vorranno dire dazi sulle esportazioni”. Il rischio che si corre è di “vedere prodotti italiani, questi sì obiettivamente da tutelare e da difendere nel loro potenziale per tutto il Paese, ostacolati sui mercati esteri da dazi punitivi”, imposti allo scopo di bilanciare un atteggiamento che, sottolinea ancora Vingiani, è “stupidamente pregiudiziale da parte di chi era chiamato a valutare i fatti e invece ha lanciato vere e proprie crociate”. Cosa potrà accadere adesso? Secondo Vingiani, non dovrebbe cambiar molto. E anche se entro 60 giorni l’Ue dovrebbe avere la possibilità di presentare ricorso, Vingiani resta convinto che, “a leggere la sentenza, spazi per una contestazione che possa avere successo non se ne vedono proprio”.