Società

Wall Street si riprende, i dati le danno una svegliata

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I listini azionari americani si sono ripresi dopo un avvio in sordina, ma continuano ad oscillare tra il territorio positivo e negativo. A dare una scossa a Wall Street e’ una stata una sfilza di dati macro, che nel complesso possono ritenersi incoraggianti.

Il quadro dipinto e’ sempre quello: la ripresa economica continua ma a rilento. L’ultima seduta prima della pausa per le festivita’ natalizie e’ caratterizzata da volumi bassi. Alle 20 italiane chiudera’ in anticipo rispetto al solito il mercato obbligazionario.

Prima del suono della campanella sono stati pubblicati tre dati macro in un colpo solo. Se da un lato le spese al consumo sono cresciute per il quinto mese di fila a novembre e i redditi sono aumentati leggermente, la media delle richieste di sussidio di disoccupazione e’ cresciuta e i beni durevoli hanno deluso le attese, anche se – esclusi i trasporti – l’incremento e’ stato notevole.

Alle 16 italiane i dati sulle vendite di case nuove hanno mostrato un rialzo mensile del 5,5%, inferiore alle stime. Stesso discorso per fiducia dei consumatori, cosi’ come viene misurata dall’Universita’ del Michigan: pubblicata cinque minuti prima, la lettura finale di dicembre ha evidenziato un incremento rispetto al mese precedente anche se inferiore alle stime.

Sugli altri mercati il petrolio si conferma sui massimi di due anni, mentre il dollaro ha bruciato i guadagni contro le principali valute rivali, euro compreso. Dietro al balzo della moneta unica si vocifera ci sia lo zampino della Banca Svizzera.

Il Dow aumenta di 15 punti circa, aggiornando i massimi di due anni. Tra le blue chip in denaro Alcoa, Hewlett-Packard e Chevron, mentre Bank of America e Travelers cedono terreno. Piatti S&P e Nasdaq. L’indice di volatilita’ VIX, considerata tra le migliori misure della paura che aleggia sui mercati, e’ salito leggermente sopra quota 15, che rappresenta i minimi pluriennali. A livello settoriale, acquisti su materiali di base, tech ed energia, mentre finanziari e beni al consumo discrezionali accusano il colpo.

Nonostante la partenza in sordina c’e’ da dormire sonni tranquilli e si possono festeggiare le vacanze di Natale in serenita’: il gap tra sentiment ottimista e pessimista ha raggiunto i massimi di sei anni e mezzo. Si potrebbe parlare di euforia pura, se non fosse altro che le 33 settimane consecutive di deflussi dai fondi comuni suggeriscono che il gap sociale tra banchieri e chiunque altro (persone comuni) si sta traducendo anche nel mercato azionario: ormai solo professionisti e “robot” stanno partecipando agli scambi azionari.

Dai dati economici e’ emersa una situazione in miglioramento a livello di spese e reddito in novembre, anche se il lavoro non fa ben sperare: la media mobile a quattro settimane delle richieste di sussidio di disoccupazione e’ salita a quota 426.000.

I beni durevoli sono aumentati, anche se meno delle previsioni. Se le aziende ottengono nuovi ordini e’ piu’ probabile che assumano nuovo personale. L’altra buona notizia e’ che gli americani guadagnano di piu’, ma risparmiano di meno. Il prossimo dato in calendario di una valanga di numeri economici riguarda la fiducia dei consumatori dell’Universita’ del Michigan, previsto alle 9.55 italiane, da cui ci si aspetta un dato superiore al 74,2 precedente, pari a 74,8.

I mercati nel complesso sono in uno stato di “inerzia generale”, secondo quanto riferito a Marketwatch dallo strategist di CMC Markets Michael Hewson. “Non ci sono fattori negativi che pesano sul sentiment”. Ma non ci sono nemmeno troppi fattori positivi se e’ per questo.

La revisione al rialzo del PIL nel terzo trimestre e’ da ascrivere principalmente all’aumento degli investimenti nelle scorte da parte delle aziende, offuscato pero’ da una revisione al ribasso delle spese al consumo personale. A fare preoccupare ancora di piu’ e’ il fatto che i profitti aziendali hanno segnato un rialzo di un misero 0,2%, che si confronta con le attese per un +1,3%, e con il dato precedente di +1%.

In Europa ha pesato il declassamento del rating sul credito ungherese da parte di Fitch. L’indice Stoxx 50 e’ calato dello 0,2%, il paniere FTSE 100 londinese ha guadagnato invece lo 0,27%, il Dax tedesco ha lasciato sul campo lo 0,13%, il CAC 40 francese ha ceduto lo 0,24%, l’indice FTSE MIB ha invece chiuso in rialzo dello 0,21%.