Wall Street termina la seduta in forte correzione, con gli indici che registrano perdite oltre il 2%: il Dow Jones chiude in calo del 2,10% (a 13.041,85 punti), il Nasdaq cede il 2,37% (a quota 2.500,64), mentre lo Standard & Poor’s 500 si attesta a 1.432,36 punti (-2,35%). Ancora una volta le turbolenze finanziarie condizionano gli scambi, che scontano pure i verbali della riunione del Board della Federal Reserve del 7 agosto, dai quali emergono deboli spunti in relazione alle attese di taglio dei tassi d’interesse sul breve termine.
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In giornata, intanto, la Fed ha varato una nuova iniezione di liquidità per due miliardi di dollari nel sistema finanziario, mentre cresce la preoccupazione per i contraccolpi della crisi di liquidità e dei mutui subprime sull’economia reale. Si fa più palpabile il rischio che la tempesta possa coinvolgere a breve anche il credito al consumo tanto che, scrive il Financial Times, sono in forte aumento le insolvenze da parte dei titolari di carte di credito negli Usa. Uno scenario che minaccia uno dei pilastri dell’economia Usa, tenuto conto che i consumi degli americani incidono per i due terzi sul Pil.
Sui listini pesano soprattutto le perdite dei titoli finanziari, cui si aggiunge una tornata di cattive notizie sia sul versante macro sia su quello societario; a partire dalle avvisaglie che hanno colpito banche come Bear Stearns (-3,37% a 108,42 dollari), Lehman Brothers (-6,01% a 54,28 dollari) e Citigroup (-3,45% a 46,14 dollari). Merrill Lynch ha tagliato a ‘neutral’ (da ‘buy’) la raccomandazione sulle azioni dei tre colossi bancari. A complicare il quadro, l’indiscrezione, riportata dal quotidiano londinese The Times, secondo cui State Street (-4,26% a 61,16 dollari), gestore istituzionale di fondi statunitense con sede a Boston, avrebbe un’esposizione per ben 22 miliardi di dollari nei confronti di veicoli finanziari chiamati conduit.
Si tratta di prodotti che impacchettano prestiti finanziati con debito a breve raccolto nel mercato dei commercial paper (debito a breve termine emesso dalle aziende e non garantito). Home Depot (+0,07% a 35,05 dollari) ha ufficializzato il taglio di 1,8 miliardi del prezzo di vendita della sua divisione HD Supply, alla luce della difficoltà delle banche a finanziare l’operazione. Dagli Stati Uniti continuano intanto ad arrivare notizie preoccupanti, sempre sull’onda della recessione del mercato immobiliare e della bufera dei mutui. Hanno evidenziato un netto calo i prezzi delle case e la fiducia dei consumatori.
L’indice S&P Case-Shiller ha rivelato un ribasso record dei prezzi delle case nel secondo trimestre (-3,2% rispetto al secondo trimestre 2006) e la fiducia dei consumatori americani ha segnato questo mese il più forte calo dai tempi dell’uragano Katrina di due anni fa. L’indice della fiducia, calcolato dal Conference Board, é sceso ad agosto a quota 105,0 da 111,9 del mese precedente (rivisto da 112,6). Le famiglie stanno risentendo dell’erosione della disponibilità di spesa degli americani.
La recessione del mercato immobiliare, in particolare, sta rendendo sempre più difficile il ricorso ai rifinanziamenti sui mutui immobiliari già in essere con cui gli americani sostengono il proprio tenore di vita. Il mercato cerca ora di avere delucidazioni sulle conseguenze economiche della bufera dei ‘subprime’ dalla pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione di politica monetaria del board della Fed, anche se risalgono allo scorso 7 agosto, prima quindi dello scoppio della crisi sui mercati.
Male anche due colossi dell’edilizia come Lennar (-4,66% a 27,23 dollari) e D.R. Horton (-3,02% a 14,75 dollari). Pesante Bed Bath & Beyond (rivenditore di prodotti di arredamento per la casa) che perde 5,2% (a 32,83 dollari) dopo che Merrill Lynch ha indicato un andamento incerto della domanda per via della frenata del comparto immobiliare.