New York – Forte calo a Wall Street, per la sindrome giapponese tutti i guadagni del 2011 per l’indice Standard & Poor’s 500 sono stati persi. Il Dow ha chiuso in calo del 2,04% a quota 11.613,68, il Nasdaq dell’1,89% a quota 2.616,82, mentre l’S&P 500 dell’1,94% a 1.256,94 punti. Il benchmark e’ sotto dello 0,3% dall’inizio dell’anno.
Allo stesso tempo New York ha assistito alla rimonta dei Treasuries, sulla scia dell’aggravarsi della crisi nucleare nipponica. Lo yen nel frattempo e’ salito ai massimi di 16 anni sul dollaro spinto dalle speculazioni secondo cui gli investimenti nella valuta cresceranno e verranno utilizzati per finanziare i progetti di ricostruzione nelle citta’ devastate dal terremoto. Nel frattempo la Federal Reserve ha deciso di cancellare l’acquisto bond come conseguenza della volatilita’ dei prezzi sul mercato.
Il rendimento del benchmark del Tesoro Usa a dieci anni e’ sceso temporaneamente fino a quota 3,18% per poi chiudere in area 3,21%. Sul valutario lo yen guadagna terreno nei confronti di tutte e 16 le sue rivali principali. La borsa di Tokyo nel frattempo ha ripreso a correre oggi, recuperando parte delle perdite massicce accusate nelle ultime due sedute. Si e’ trattato della peggiore prova su due giorni dal 1987, che ha ridotto i prezzi dei titoli azionari ai livelli piu’ bassi degli ultimi 28 mesi. Intanto il prezzo del greggio e’ salito in area $98 al barile, come effetto dell’intensificarsi delle tensioni in Bahrein.
In un mercato raramente cosi’ caotico, lo yen e’ momentaneamente salito ai massimi dalla seconda guerra mondiale. Il tasso di cambio con il dollaro e’ sceso sotto la soglia piscologica di 80 a 79,73. E’ ormai una vera e propria caccia alla valuta bene rifugio.
Per quanto riguarda la crisi nucleare giapponese, Tokyo Electric Power ha affermato poco fa che il sistema energetico che potrebbe rittivare l’elettricita’ e contribuire al raffreddamento dei reattori e’ quasi stato portato a compimento. Lo riporta l’Associated Press, precisando che il funzionario non ha saputo indicare una data precisa. Oltre ai nuovi sviluppi del dramma giapponese, a innervosire i trader ci hanno pensato anche le rivolte in Medioriente e il declassamento di alcuni giganti dell’hi-tech come IBM e Apple.
Il Dow e’ arrivato a cedere fino a 300 punti in seduta scendendo – cosi’ come il Nasdaq – sotto i livelli del 31 dicmebre 2010. L’indice di volatilita’, che misura la paura che aleggia sui mercati, e’ schizzato sopra i 28 punti, in rialzo del 15%. I listini hanno iniziato a cedere quota dopo che il commissario dell’UE all’Energia, Guenther Oettinger, ha detto che la situazione in Giappone e’ “quasi completamente fuori controllo”.
“Ci sono voci che parlano di un’apocalisse e penso che la parola sia particolarmente azzeccata. Spero che non succeda, ma non possiamo escludere che si materializzi il peggiore scenario possibile (un altro disastro in stile Chernobyl) nelle prossime ore o giorni”, ha dichiarato Oettinger.
Gli investitori sono preoccupati inoltre per l’instabilita’ sociopolitica nell’area mediorientale e nordafricana, con la crisi che si intensifica in Bahrein, dove e’ stato dichiarato ieri lo stato di emergenza, e Libia, dove continuano i successi di Gheddafi le cui forze ora avanzano verso Bengasi, citta’ simbolo perche’ roccaforte dei rivoltosi.
Tornando ad analizzare la situazione in America, non si puo’ dire che le cifre macro pubblicate prima dell’apertura abbiano dato una mano. I nuovi cantieri edili hanno accusato il peggior calo mensile degli ultimi 25 anni. Peccato perche’ il mercato azionario Usa aveva sfiorato i livelli migliori di seduta nel preborsa, prima di ritracciare subito dopo la pubblicazione dei dati macro su immobiliare e inflazione.
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Se i cantieri edili hanno deluso le attese, calando in febbraio del 22,5% su base mensile a un tasso annualizzato di 479.000 unita’ ai minimi dal 1974, contro le previsioni di 575.000 unita’, i prezzi alla produzione non hanno fatto tanto meglio. Il PPI e’ aumentato dell’1,6% su base tendenziale, molto di piu’ dello 0,6% atteso dagli analisti. Esclusa la componente energetica e alimentare, il dato core ha registrato un piu’ tiepido +0,2%, in sintonia con le aspettative. Il rincaro dei prezzi alimentari in particolare ha stupito e fa temere per un balzo dei livelli di inflazione.
In Giappone l’indice Nikkei ha chiuso in rialzo del 5,7%, recuperando parte dei cali pari oltre al 16% accusati nelle due sedute precedenti. La crisi alle centrali nucleari danneggiate di Fukushima Daiichi continua ad attirare l’attenzione e le preoccupazioni degli operatori. Nel frattempo la Banca del Giappone ha iniettato altra liquidita’ nei mercati.
E’ altamente probabile, sostengono i trader, che i mercati mondiali rimarranno irrequieti finche’ non verranno fornite prove concrete che il rischio di fuoriuscite radioattive sia da escludere. “C’e’ la situazione in Giappone e ovviamente anche quella in Medioriente”, sottolinea Peter Cardillo, chief market economist di Avalon Partners, facendo riferimento al Bahrein, una piccola isola vicino all’Arabia Saudita dove le autorita’ hanno dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi in seguito agli scontri tra forze di polizia e rivoltosi.
“Il mercato ha ignorato i nuovi sviluppi in Bahrein finora. Ma le rivolte si stanno estendendo ai villaggi e l’esercito saudita sta facendo il suo ingresso nel paese. E’ una situazione molto esplosiva”. A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato l’Iran, con il presidente Ahmadinejad che ha definito “ingiustificabile e irreparabile” l’azione intrapresa dal regno dei Due Mari per sedare le rivolte di matrice sciita. Intanto si e’ sentita un’esplosione alla piattaforma petrolifera dell’Agip in Nigeria, nei pressi del Delta del Niger. Ancora non si conoscono le cause.
Nel contesto sugli altri mercati, i prezzi del petrolio tornano a correre sulla paura di una carenza delle scorte per effetto dei disordini nel Golfo Persico e dell’instabilita’ in Libia. Le scorte di petrolio sono risultate inferiori alle stime, dando ulteriore spinta agli acquisti.
I futures con scadenza aprile del petrolio chiudono in progresso di $1,39 a $98,57 il barile. I contratti con scadenza analoga dell’oro sono avanzati dello 0,24% a $1.396 l’oncia. Sul fronte valutario l’euro cede quota sul dollaro in area $1,3887 (-0,8%). Quanto ai Treasury, il rendimento sul decennale vale il 3,212%, in ribasso di 11 punti base.