La paura che ha messo al tappeto i listini europei, complice ancora una volta la crisi del debito, non e’ riuscita a contagiare Wall Street. Partita male la borsa americana e’ riuscita a recuperare quota soprattutto negli ultimi 45 minuti di scambi tanche che il Vix, l’indice della paura appunto, ha invertito rotta tornando a cedere terreno intorno a 21.50 (si era portato sopra 23).
Il Dow ha chiuso a 11069 (-22.40 punti) in calo dello 0.20%. Giu’ dello 0.17% il Nasdaq a 2530.14 (-4.42 punti), in flessione dello 0.17%. L’S&P 500 ha invece segnato un +0.08% a 1190.34 (+0.94 punti).
A livello settoriale hanno tenuto le banche e gli energetici, leggeri cali per tech e industriali (rispettivamente -0.30 e -0.20%), giu’ materie prime (-0.67%) e utilities (-0.85%) mentre sul fondo si portano i titoli dell’health care (-0.65%).
In assenza di dati macro gli spunti sono arrivati dal Vecchio Continente. Il piano da 85 miliardi di euro per il salvataggio dell’Irlanda a poco e’ servito per riportare fiducia tra gli investitori, soprattutto quelli europei (il FTSEa Londra ha segnato -2.1%, il DAX a Francoforte ha ceduto il 2.2%, -2.5% per il CAC a Parigi, -2.3% per l’IBEX a Madrid, -2.2% per il PSI in Portogallo mentre per il FTSE/MIB a Milano calo del 2.51%).
In generale, restano le tensioni legate alla zona euro con i timori di un effetto domino di Dublino su altri paesi periferici a cominciare da Spagna e Portogallo. Ne e’ convinto l’economista della New York University Nouriel Roubini.
Sia a Madrid sia a Lisbona, non a caso, il costo per assicurarsi contro il default dei due paesi ha toccato nuovi record. Un allargamento dello spread si e’ osservato anche in Italia, dove a pesare e’ stato l’esito dell’asta odierna del Tesoro, che per attrarre investitori a dovuto garantire rendimenti piu’ alti del solito.
L’unica borsa ad essersi difesa e’ quella irlandese dove l’indice ISEQ index (IEOP) e’ risucito a limitare le perdite dello 0.43% grazie al rimbalzo delle sue banche. Ma c’e’ chi sostiene che per Dublino i problemi non sono affatti finiti. Si ricorda che, a dimostrazione della crisi in atto, la Bce nell’ultima settimana ha raddoppiato gli acquisti di titoli di stato: 1.348 miliardi di euro contro i 713 milioni di sette giorni prima.
Ad averne risentito e’ invece l’euro, complice anche la rottura di livelli tecnici importanti. Avendo abbandonato la soglia di $1.3180 c’e’ chi sostiene che non ci siano soglie di supporto fino all’area $1.2650-1.2750.
Sugli altri mercati, nel comparto energetico, i futures sul petrolio con consegna gennaio hanno registrato un rialzo dello 2.4% a quota $85.73 il barile. Il derivato con scadenza gennaio dell’oro ha segnato un +0.2% a $1366.50 l’oncia. Sul fronte valutario l’euro e’ calato dello 0.90% a quota $1.3122. Il rendimento dei Tresury decennali ha terminato al 2.8220% (-0.0420).