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WALL STREET IN RECUPERO CON COLPO DI RENI FINALE

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Gli indici azionari americani hanno archiviato la seduta contrastati e lontani dai peggiori livelli giornalieri toccati subito dopo l’apertura. Il Dow Jones, in ribasso intraday di oltre 125 punti, ha cambiato marcia a meta’ giornata per poi chiudere in progresso dell’1.10% a 11143. L’S&P500 ha guadagnato lo 0.35% a 1213, il Nasdaq e’ arretrato dello 0.15% a 2183, appesantito dalla brutta trimestrale di Research In Motion (vedi sotto). Il Composite aveva aperto agli scambi in ribasso di oltre il 2%. Gli acquisti sull’azionario sono ripresi proprio sul finale di seduta, grazie ad un crescente ottimismo sull’approvazione del piano di salvataggio e sulle voci di un possibile takeover di Wachovia da parte di Citigroup.

Il fallimento del summit alla Casa Bianca sull’approvazione del piano di salvataggio ha inevitabilmente risvegliato i timori degli investitori sul mercato finanziario e sul futuro delle banche d’affari. E’ ripreso il dibatitto per il raggiungimento di un accordo, da Washington trapela che sono stati effettuati progressi rispetto a giovedi’ sera, ma l’accordo definitivo non c’e’ ancora. Stando alle ultimissime indiscrezioni la firma potrebbe giungere nel weekend o al massimo entro lunedi’.

Il presidente Bush e’ intervenuto nuovamente in diretta televisiva per calmare i mercati e informare gli americani sulla continuazione delle trattative, assicurando il raggiungimento di un accordo il prima possibile.

“Prevale ovviamente un atteggiamento attendista tra gli operatori” ha affermato Hugh Johnson, presidente di Johnson Illington Advisors. “I volumi di scambi sono bassi, gli operatori sono avversi ad accollarsi maggiori rischi, gli investitori di lungo-termine preferiscono starsene fuori”.

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Intanto la crisi continua a stravolgere il panorama finanziario. Ad uscire di scena (dopo il fallimento di Lehman la scorsa settimana) e’ il gruppo Washington Mutual (WM) la maggiore cassa di risparmio Usa, le cui operazioni saranno rilevate da JP Morgan Chase per un corrispettivo di $1.9 miliardi. Si tratta del piu’ grosso fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti. Preoccupati sulle sorti dei propri risparmi, negli ultimi 10 giorni i clienti di WaMu hanno ritirato in massa depositi per un valore superiore ai $16 miliardi. Nella seduta di giovedi’ l’azione aveva chiuso a quota $1.69, ora vale poco piu’ di 15 centesimi (-90%), un anno fa valeva $35.

Il fallimento di WaMu ha fatto da pretesto per innescare un’ondata di vendite sulle banche piccole e regionali, messe in ginocchio dal congelamento del mercato del credito, dalla crisi di liquidita’, ed incapaci di venirne fuori. Wachovia ha lasciato sul terreno il 27% circa, National City ha ceduto il 25%, in forte calo anche Downey Financial (-42%). “WaMu e’ l’esempio lampante che il detto ‘troppo grosso per fallire” non e’ piu’ valido” ha dichiarato all’agenzia Bloomberg Stan Smith, professore della University of Central Florida. “Wachovia in particolare e’ in alto nella lista delle possibili banche a rischio fallimento“. Ma proprio sul finale della seduta a Wall Street, il New York Times ha dato nell’edizione online la notizia secondo cui, data la gravita’ della situazione, il management di Wachovia avrebbe avviato le trattative con il colosso bancario Citigroup per la possibile vendita dell’intero gruppo. Wachovia, che e’ tra le prime cinque banche commerciali americane, secondo alcuni rumors circolati a Manhattan ha iniziato colloqui anche con altri possibili acquirenti, tra cui la spagnola Banco Santander e Wells Fargo.

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Negli altri settori, il comparto tecnologico ha accusato la cattiva trimestrale di Research In Motion, la societa’ produttrice del BlackBerry. I deboli risultarti fiscali e la riduzione dell’outlook per il prossimo trimestre hanno causato un crollo del 27% del titolo. A risentirne direttamente, tra gli altri, sono stati i titoli delle dirette concorrenti Apple (-2.7) e Nokia (-3.1%).

Negativi i dati giunti dal fronte macroeconomico. Nel secondo trimestre e’ stata registrata un’inattesa revisione al ribasso del Pil che ha deluso le stime degli analisti. Preoccupanti soprattutto i segnali di rallentamento della spesa delle famiglie americane e dei ridotti investimenti aziendali, due chiare conseguenze della crisi del credito, ancora irrisolta. Rivista al ribasso anche la fiducia dei consumatori, attestatasi a livelli inferiori al consensus.

Sugli altri mercati, in calo il petrolio: i futures con consegna novembre hanno perso $1.13 a $106.89 al barile. Sul valutario, poco mosso l’euro nei confronti del dollaro. Nel tardo pomeriggio di venerdi’ a New York il cambio tra le due valute e’ di 1.4616. In recupero l’oro. I futures con consegna dicembre sul metallo prezioso hanno guadagnato $6.50 a $888.50 l’oncia. In rialzo i Titoli di Stato Usa: il rendimento sul Treasury a 10 anni e’ sceso al 3.8270%.

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