New York – Per buona parte della seduta odierna si e’ ripetuto il solito ritornello sui mercati newyorchesi: seduta difficile per l’azionario americano se in un contesto di rincaro del petrolio, mentre giornata serena quando i prezzi si allontano dai massimi di due anni e mezzo toccati la settimana scorsa.
Ma sul finale a pesare sui listini e’ stato il selloff dei materiali di base piu’ che il movimento dei mercati energetici, dove peraltro il petrolio ha chiuso in calo. Il Dow Jones ha ceduto lo 0,01% a quota 12.213,09, il Nasdaq lo 0,51% a quota 2.751,72, mentre l’S&P 500 ha lasciato sul campo lo 0,14% a 1.320,02 punti. La seduta e’ stata nertvosa a causa dell’andamento sui mercati energetici, dove l’oro nero ha treascorso una giornata all’insegna dell’alta volatilita’. Il paniere dei tecnologici cede terreno piu’ degli altri indici e per fortuna che la buona prova di IBM lo ha aiutato a limitare le perdite.
Da un po’ di tempo quelli che erano due mercati che si muovevano a braccetto, ora scambiano con un rapporto inversamente proporzionale. E il motivo e’ sotto gli occhi di tutti, come hanno anche avvertito alcuni tra i piu’ seguisti strategist ed economisti: il petrolio sopra i 140-150 dollari al barile rappresenta un rischio enorme per la ripresa economica non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo.
La borsa ha seguito per gran parte della giornata l’andamento dei mercati energetici, in particolare dopo che l’Opec ha precisato di non avere intenzione di indire una riunione straordinaria per discutere di un eventuale incremento dei livelli di produzione. Il petrolio e’ tornato a correre dopo che e’ stata lanciata dalle agenzie di stampa la notizia di tre nuvole di fumo nero avvistate ad As Sider, in un terminale petrolifero della Libia, paese ancora alle prese con una guerra civile. Anche lo stabilimento di raffinazione di Ras Lanuf e’ stato colpito durante gli scontri tra i ribelli che chiedono le dimissioni del colonnello Muammar Gheddafi e le forze filogovernative.
Secondo alcuni osservatori si potrebbe ripetere lo scenario gia’ visto nella geo-politica del passato: quando Saddam Hussein lascio’ il Kuwait dopo l’invasione e l’intervento “punitivo” da parte della coalizione militare guidata dagli Stati Uniti – presidente George W. Bush – il dittatore iracheno mise a fuoco i pozzi petroliferi del Kuwait, che bruciarono per settimane, mandando il prezzo del petrolio alle stelle. In realta’ nel pomeriggio americano le voci che davano Gheddafi in partenza sono rientrate.
Con l’attacco di oggi delle truppe di Gheddafi ad As Sider, uno dei terminali petroliferi della Libia, e’ parso pero’ che si potesse ripetesse lo stesso copione. E’ da mettere in conto che gli Stati Uniti saranno “costretti” a varare con l’Onu e la Nato una “no-fly zone”, preludio di un’invasione di truppe via terra. Il che sarebbe un errore grave con un solo esito sicuro: la destabilizzazione dell’intero Medio Oriente e i prezzi del petrolio a $200.
Il gruppo dei paesi esportatori di greggio sta decidendo se vale la pena passare a misure di emergenza per far fronte alle carenze libiche sul fronte delle scorte. Tripoli e’ il sesto maggiore produttore di oro nero al mondo. La paura e’ che anche l’Arabia Saudita, la terra piu’ ricca di risorse petrolifere, venga contagiata dalle rivolte. Ma per ora a quanto sembra l’Opec e’ convinta che le scorte siano adeguate a rispondere all’elevata domanda mondiale.
Sul fronte macro alle 16 italiane sono state annunciate le cifre relative alle scorte di magazzino all’ingrosso, che hanno mostrato un rialzo superiore alle previsioni. Questo dopo che le richieste di prestito immobiliare sono cresciute del 15,5% ai massimi livelli degli ultimi tre mesi.
Wall Street non puo’ cosi’ festeggiare l’ingresso nel terzo anno della fase rialzista. Rally partito il 9 marzo 2009 dopo che i listini avevano toccato i minimi di 12 anni, il 5 marzo. L’indice S&P 500 raggiunse il bottom di 676,53 quando gli Stati Uniti erano ancora in piena crisi creditizia. “Da allora – dice Deutsche Bank in una nota – se si prendono periodi della stessa durata, e’ stato uno dei piu’ positivi degli ultimi 80 anni”. Il paniere allargato ha accumulato guadagni pari al 95% in due anni. Mentre per il Russel 2000 il rialzo e’ stato del 140%.
Le borse dell’area Asia e Pacifico hanno chiuso nel complesso in rialzo, con l’indice Nikkei giapponese che ha guadagnato lo 0,6%. Le piazze finanziarie europee, fatta eccezione per Milano che chiude positiva, pagano l’esito preoccupante della disastrosa asta portoghese di titoli di stato.
Nel frattempo i trader hanno continuato a tenere d’occhio i movimenti sul mercato energetico. Dove i futures con scadenza aprile del greggio hanno subito un calo di $1,04 a $103,98 il barile, allontanandosi leggermente dai massimi di due anni e mezzo. I contratti con scadenza aprile dell’oro hanno chiuso invariati a quota $1.426,9 l’oncia. Sul fronte valutario nel tardo pomeriggio americano, nei confronti del dollaro l’euro si attesta in area $1,3889 (-0,1%). Quanto ai Treasury, il rendimento sul decennale vale il 3,469%, in ribasso di 7,5 punti base.