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Wall Street fiacca. E ormai i trader singoli non contano piu’ nulla

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Avvio fiacco di seduta, l’ultima prima della pausa per le festivita’ natalizie, per l’azionario americano. La situazione si e’ compromessa dopo che sono stati pubblicati tre dati macro in un colpo solo. Se da un lato le spese al consumo sono cresciute per il quinto mese di fila a novembre e i redditi sono aumentati leggermente, la media delle richieste di sussidio di disoccupazione e’ cresciuta e i beni durevoli hanno deluso le attese, anche se – esclusi i trasporti – l’incremento e’ stato notevole.

Il Dow e’ poco variato a quota 11.559,11, il Nasdaq cede lo 0,12% in area 2.668,16, l’S&P 500 perde lo 0,13% in area 1.257,26. Sugli altri mercati il petrolio si conferma sui massimi di due anni, mentre il dollaro ha bruciato i guadagni contro le pricnipali valute rivali, euro escluso.

Nonostante la partenza in sordina c’e’ da dormire sonni tranquilli e si possono festeggiare le vacanze di Natale in serenita’: il gap tra sentiment ottimista e pessimista ha raggiunto i massimi di sei anni e mezzo. Si potrebbe parlare di euforia pura, se non fosse altro che le 33 settimane consecutive di deflussi dai fondi comuni suggeriscono che il gap sociale tra banchieri e chiunque altro (persone comuni) si sta traducendo anche nel mercato azionario: ormai solo professionisti e “robot” stanno partecipando agli scambi azionari.

Dai dati economici e’ emersa una situazione in miglioramento a livello di spese e reddito in novembre, anche se il lavoro non fa ben sperare: la media mobile a quattro settimane delle richieste di sussidio di disoccupazione e’ salita a quota 426.000.

I beni durevoli sono aumentati, anche se meno delle previsioni. Se le aziende ottengono nuovi ordini e’ piu’ probabile che assumano nuovo personale. L’altra buona notizia e’ che gli americani guadagnano di piu’, ma risparmiano di meno. Il prossimo dato in calendario di una valanga di numeri economici riguarda la fiducia dei consumatori dell’Universita’ del Michigan, previsto alle 9.55 italiane, da cui ci si aspetta un dato superiore al 74,2 precedente, pari a 74,8.

I mercati nel complesso sono in uno stato di “inerzia generale”, secondo quanto riferito a Marketwatch dallo strategist di CMC Markets Michael Hewson. “Non ci sono fattori negativi che pesano sul sentiment”. Ma non ci sono nemmeno troppi fattori positivi se e’ per questo.

La revisione al rialzo del PIL nel terzo trimestre e’ da ascrivere principalmente all’aumento degli investimenti nelle scorte da parte delle aziende, offuscato pero’ da una revisione al ribasso delle spese al consumo personale. A fare preoccupare ancora di piu’ e’ il fatto che i profitti aziendali hanno segnato un rialzo di un misero 0,2%, che si confronta con le attese per un +1,3%, e con il dato precedente di +1%.

In Europa pesa il declassamento del rating sul credito ungherese da parte di Fitch. L’indice Stoxx 50 cala dello 0,37% a quota 2.859,13, il paniere FTSE 100 londinese guadagna invece lo 0,02% in area 5.984,45, il Dax tedesco lo 0,15% a 7.057,22 punti, il CAC 40 francese cede lo 0,57% a 3.897,37, l’indice FTSE MIB guadagna invece lo 0,1% a quota 20.755,10.

Sugli altri mercati, nel comparto energetico, i futures sul petrolio con consegna febbraio si mantengono a quota $90,5 il barile, vicino ai massimi di due anni. Il derivato con scadenza febbraio dell’oro segna -0.68% a $1.378 l’oncia. Sul fronte valutario l’euro e’ in flessione dello 0,24% a quota $1,3062. Quanto ai Treasury, il rendimento del decennale guadagna 2 punti base a 3,37%.