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WALL STREET: DOW JONES IN RALLY, NASDAQ IN ROSSO

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A meno di due ore dalla chiusura delle contrattazioni a New York, l’indice delle Blue Chip consolida le posizioni con un rialzo di circa 200 punti. In ribasso il tabellone elettronico del Nasdaq che segna una cessione di circa lo 0,5%.

Al New York Stock Exchange permane il blocco degli ordini automatici di acquisto, una misura per prevenire l’eccesso di rialzo.

(verifica quotazioni indici aggiornate IN TEMPO REALE in prima pagina)

Sono stati i titoli della vecchia economia ad attrarre ordini di vendita e liquidita’, mentre siamo alla vigilia della riunione del FOMC, il comitato direttivo della Federal Reserve che decide le scelte di politica monetaria.

I grandi titoli industriali, quelli delle societa’ che ricorrono essenzialmente al finanziamento bancario, sono infatti particolarmenti sensibili alle variazioni del costo del denaro e sono partiti in quarta sulla possibilita’ che la Banca centrale Usa possa bruciare le tappe e abbassare i tassi gia’ da domani.

L’effetto tassi non ha pero’ funzionato sul tabellone elettronico del Nasdaq, che sconta ancora i ‘profit warning’ della scorsa settimana, in particolare quelli arivati dopo la chiusura di venerdi’.

Le piu’ dinamiche e innovative societa’ dell’high-tech infatti sono solite finanziarsi attraverso canali e strumenti alternativi rispetto a quelli offerti dal sistema bancario e sono destinate a beneficiare in modo non diretto e difficilmente quantificabile di una riduzione, piu’ o meno imminente, del costo del denaro.

Ma Blue Chip e titoli tecnologici iniziano a reagire diversamente anche all’imminente cambio di amministrazione alla Casa Bianca, proprio mentre l’economia americana giunge al capolinea del suo piu’ lungo periodo di crescita ininterrotta.

George W. Bush e’ giunto oggi a Washington per una serie di incontri al vertice e in preparazione del passaggio delle consegne.

E’ significativo che ad accoglierlo nella capitale, durante una prima colazione di 40 minuti consumata alle prime luci del mattino, sia stato Alan Grenspan, presidente della Federal Reserve, l’uomo che ha guidato i destini dell’economia americana dai tempi di Ronald Reagan sino a quelli di Bill Clinton e che continuera’ a farlo con la seconda generazione di Bush alla Casa Bianca.

Il piano di riduzione fiscale che George W. Bush ha promesso agli elettori, il cui impatto sulle casse dello stato sarebbe di circa $1.300 miliardi, ha creato molte aspettative a Wall Street, ma e’ inviso alla Federal Reserve, che vorrebbe utilizzare il surplus di bilancio per ripianare il debito pubblico.

Il progetto dovra’ inoltre affrontare le forche caudine al Congresso, diviso a meta’ tra democratici e repubblicani, senza una maggioranza su cui il presidente possa contare. Il rischio e’ che dalla montagna nasca un topolino e che i $1.300 miliardi, mediazione parlamentare su mediazione, accordo dopo accordo, riducano solo in minima parte gli appetiti dell’erario.

Un altro elemento destinato a caratterizzare l’amministrazione repubblicana dovrebbe essere un atteggiamento di ‘intervento minimo’ del governo nella vita delle aziende e del business in generale.

Una prospettiva che interessa soprattutto i colossi del Dow Jones: l’industria petrolifera spera si allentino i divieti per trivellare l’Alaska, quella farmaceutica di non avere il servizio sanitario nazionale tra i piedi a discutere il prezzo dei medicinali, Bill Gates di non ritrovarsi a febbraio, durante il processo di appello con il dipartimento della Giustizia Usa davanti alla pretesa che la sua Microsoft sia spezzata in due.

La frenata dell’economia americana, che nessuno riesce ancora a quantificare, ma che molti temono essere piu’ brusca del previsto, suggerisce tuttavia che gli interessi dei giganti della Vecchia economia possono non coincidere con quelli delle societa’ high-tech, talvolta con fatturati ancora in prospettiva e forti costi di sviluppo e ricerca.

Quando la domanda nel settore privato si contrae e la concorrenza incalza dall’estero, anche i manager delle aziende americane mettono da parte lo slogan ‘meno stato piu’ mercato’ e concentrano i viaggi d’affari su una destinazione: Washington.

Wall Street sa bene che nei momenti di crisi il governo serve eccome: commesse per l’industria nazionale, normative sul commercio estero che tengono a bada la concorrenza, sono solo alcune delle forme attraverso cui puo’ arrivare dalla capitale una ciambella salvagente.

Il Nasdaq sconta senza dubbio i profit warning, ma la persistente debolezza del tecnologico rivela una preoccupazione in piu’: l’incognita su cosa intenda o possa fare il successore di Bill Clinton.

Sui listini in generale sono in rialzo il settore bancario, brokeraggio, sanitario, difesa, alluminio e petrolifero.

In perdita il settore dell’intrattenimento, attrezzature per le telecomunicazioni, bevande alcoliche, giocattoli, calzaturiero, farmaceutico e abbigliamento.