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WALL STREET: COME INVESTIRE SE LA BORSA E’ MORTA

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In questa fase economica in cui una casa “media” in America costa mezzo milione di dollari e il conto per due in un ristorante non di lusso supera gli $80, un guadagno di $156 non e’ certo in grado di far felice nessuno, finanziariamente parlando. Eppure questa cifra e’ proprio il misero profitto che un investitore, seguendo la tecnica del “buy & hold” (compra e tieni) avrebbe incassato, escludendo i dividendi, se avesse investito $10.000 sul Dow Jones Industrial Average il 29 marzo 1999, cioe’ il giorno in cui il Dow ha chiuso per la prima volta sopra la soglia psicologica di quota 10.000. Gia’: $156 in oltre cinque anni.

Ma al peggio non c’e’ fine: un investitore che avesse scelto di indirizzare gli stessi $10.000 sul Nasdaq Composite esattamente sei anni fa, quando l’indice hi-tech Usa sorpasso’ per la prima volta quota 2.000 (proprio in giugno), avrebbe addirittura messo in conto una perdita (vedi grafico a fondo pagina). Il mercato immobiliare, i bond e i titoli di stato, i quadri, perfino il cash hanno garantito performance migliori, nello stesso periodo.

Benvenuti nell’era del “denaro morto”, a Wall Street. Un periodo estremamente frustrante in cui cui fare un po’ di profitto investendo sul mercato azionario e’ diventato facile tanto quanto far passare il fatidico cammello per la famosa cruna dell’ago.

La strada e’ ancora lunga

Questo tipo di pesante situazione non e’ destinata a terminare tanto presto, dicono i money manager e gli analisti di New York. Una borsa come l’attuale, dove gli indici non vanno da nessuna parte e sono per lo piu’ piatti, potrebbe continuare ad essere lo scenario per il resto dell’anno e anche oltre, spiega John Caldwell, chief investment strategist di McDonald Financial Group. “Ci sono talmente tanti venti contrari, per cosi’ dire”, commenta l’analista. Gli ostacoli comprendono: il forte rialzo dei prezzi azionari dal marzo 2003 al marzo 2004 (un movimento che ha anticipato il miglioramento degli utili aziendali), incertezze dovute alle elezioni presidenziali Usa, forte aumento dei prezzi del petrolio, una politica monetaria della Fed che favorisce il rialzo dei tassi d’interesse, e infine i recenti segnali di rallentamento sia nello sviluppo dell’economia degli Stati Uniti, sia nella crescita dei profitti delle aziende quotate.

John Bollinger, l’inventore delle famose Bollinger Bands (note a tutti gli appassionati di analisi tecnica) mette in evidenza un’altra allarmante constatazione, e cioe’ che il mercato azionario Usa, inteso nell’accezione piu’ ampia rappresentata dai maggiori indici, potrebbe continuare a mantenere questo andamento “laterale” fino alla fine di questo decennio e forse anche addirittura oltre. Bollinger indica come peso negativo piu’ grande nel lungo termine, a freno di un possibile rialzo in borsa, prezzi delle azioni storicamente molto alti in relazione agli utili (price/earnings).

Assenza di volatilita’

Le azioni sono sempre state indicate come l’investimento piu’ redditizio, se si considera un arco di tempo di svariati anni. Il comune sentire per chi segue la finanza in modo professionale e’ che se un investitore compra un’azione o un fondo comune e lo tiene in portafoglio per anni, alla fine il premio finanziario superera’ i rischi di solito associati ai periodi di volatilita’ tipici di questa classe di investimenti. Ma il problema e’: quanto lungo deve essere questo famoso “periodo di tempo” perche’ se ne vedano i frutti?

La verita’ e’ che chi ha investito di recente sul mercato azionario (a Wall Street ma anche sugli altri mercati) e’ passato per un boom come quello degli anni Novanta che capita, se va bene, una volta in una generazione; e’ passato per un rovinoso crash simile per certi versi a quello del 1929 nel primo trimestre del nuovo millennio (e anche questo per fortuna capita non piu’ di una volta in una generazione); infine e’ passato per un recupero “medio” di circa il 25% l’anno scorso; e infine oggi gli indici azionari americani sono trattati piu’ o meno allo stesso livello in cui erano cinque o sei anni fa. Il Dow Jones ha chiuso venerdi’ scorso a quota 10.139, il Nasdaq Composite a quota 1883.

L’analisi dell’andamento del Nasdaq fa davvero impressione. Il Composite passo’ la soglia di quota 2000 esattamente sei anni fa, nel giugno 1998 (l’ultima chiusura precedente fu 1894, 9 punti al di sopra del livello in cui il mercato ha chiuso venerdi’ scorso). Nei 1508 giorni di trading in cui il mercato e’ stato aperto da allora ad oggi, l’indice dei titoli tecnologici ha registrato 734 sedute al di sopra di quota 2000, 774 sedute al di sotto di quota 2000 e una chiusura media a quota 1988. Insomma, e’ come se la maxi-bolla speculativa che ha portato il Nasdaq al record storico di quota 5048 (10 marzo 2000) non ci fosse mai stata; e’ come se l’elettroencefalogramma dell’indice hi-tech sia stato dal 1998 al 2004 assolutamente piatto, insabbiato.

Per il momento, nel corso del 2004, come tutti sappiamo, gli indici americani sono rimasti intrappolati in quel che gli analisti definiscono un “trading range” che e’ di fatto talmente insignificante da fare diventare il seguire l’andamento della borsa un esercizio di una noiosita’ senza precedenti. Queste non sono opinioni, perche’ questo trend da “palude”, e’ dimostrato dalle statistiche e dai numeri.

Secondo la societa’ specializzata Scanshift quest’anno ci sono state a Wall Street soltanto 2 sedute in cui il DJIA ha registrato uno swing (oscillazione) intraday del 2% o piu’, il che fara’ passare alla storia il 2004 come l’anno con minor volatilita’ in assoluto da quando il Dow ha superato la soglia di quota 10.000. L’anno scorso ci furono 41 giorni in cui il Dow ha fluttuato piu’ del 2%, e nel 2002 e’ successo 110 volte. Il fenomeno e’ confermato dall’analisi della volatilita’ del Nasdaq, che ha oscillato piu’ del 2% in appena 17 sessioni quest’anno, rispetto a 202 volte nel 2000, l’anno in cui scoppio’ la bolla.

Livelli chiave

I livelli chiave psicologici a cifra tonda, come il Dow a 10.000 o il Nasdaq a 2000, hanno funzionato come “magneti”, nel senso che i titoli azionari sono stati incapaci di rompere liberamente queste quote, nonostante i frequenti passaggi al di sopra e al di sotto, commentano gli analisti di Scanshift. E la trappola da palude potrebbe continuare ancora a lungo, fin quando i problemi che gravano sul mercato (senza contare le minacce dei terroristi di Al Qaeda) non saranno completamente risolti. Per assurdo, secondo alcuni analisti, il Nasdaq Composite potrebbe trovarsi ancora bloccato a quota 2000 tra quattro anni, cioe’ nel 2008.

Come investire oggi

L’incapacita’ del mercato azionario di generare quel tipo di guadagni a doppia cifra cui gli investitori erano abituati, dandoli per scontati negli anni del boom, fa si’ che molti si domandino oggi quale sia l’utilita’ di investire il proprio denaro in borsa se i guadagni sono cosi’ magri oppure (peggio) rischiano di non esserci per niente.

La risposta sta negli strumenti e nei parametri che si utilizzano. Per questo consigliamo non di seguire gli indici azionari (si potrebbe essere colti da depressione), ma di puntare invece su prodotti ad alto valore aggiunto come INSIDER
(la sezione ad abbonamento di Wall Street Italia) in cui vengono esaminati gli andamenti di singole azioni, spesso small caps, o specifici settori del mercato Usa, che hanno un grado di probabilita’ di performare molto meglio rispetto agli indici di borsa in generale.

Piuttosto che gettare la spugna completamente e abbandonare la borsa dunque, gli investitori (privati e istituzionali), i promotori finanziari e i trader dovrebbero essere in grado adesso di cambiare marcia, o cambiare cavallo, investendo in modo diverso rispetto al passato. Insomma: girare pagina, e’ la parola d’ordine. La strategia “buy & hold” puo’ aver funzionato egregiamente nei 18 anni in cui e’ durato il mercato Toro, finito nel 2000, ma certamente non e’ la strategia giusta in una borsa che prima sale, poi riscende, poi ha un andamento laterale per settimane, e finisce in sostanza al punto in cui era partita. Anche per questo comprare gli index funds legati alle large caps dell’indice S&P500, e’ una tattica destinata a non dare grandi ritorni: e’ basata infatti sull’andamento del mercato in generale, che come abbiamo visto comprende azioni quotate a caro prezzo, in termini storici.

Messaggio per gli investitori

Bollinger consiglia gli investitori di concentrarsi su quella porzione del mercato azionario con forte “momentum”, e cioe’ con i presupposti di un rialzo nell’immediato. Egli consiglia anche di star fuori dalla borsa quando gli indici sono in ribasso (chi e’ abbastanza sofisticato puo’ pero’ “giocare” short, cioe’ allo scoperto) per ritornare sul mercato quando l’operativita’ verifica sul campo un miglioramento dei prezzi.

“Il messaggio agli investitori e’ abbastanza chiaro”, dice Bollinger, “investire sul mercato allargato probabilmente non e’ una buona idea; ci sono invece una serie di investimenti specifici che e’ opportuno considerare”. Per esempio, l’indice delle small caps S&P600 (come Wall Street Italia ha messo in evidenza il mese scorso) ha toccato di recente i nuovi massimi, mentre l’indice delle large caps S&P500 e’ assolutamente piatto, dall’inizio dell’anno.

A questo fine ripetiamo che per battere la noia e l’andamento in “trading range” del mercato azionario e’ molto utile abbonarsi a INSIDER
, che delle azioni facenti parte dello S&P600 fa il suo focus principale. Ogni giorno in INSIDER
vengono messi in evidenza e analizzati tra i 50 e i 60 titoli in forte movimento e con volumi di scambio in crescita su cui vale la pena concentrarsi ai fini di un’ottimizzazione del proprio portafoglio. Ricordiamo infine che gli abbonati vecchi e nuovi possono richiedere alla redazione via email “Le 5 regole su come investire in un mercato laterale”. Ve le invieremo nel giro di 24 ore.