*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
(WSI) – Nel Circo di Natale spetta agli strategist il ruolo degli acrobati che si lanciano nel vuoto senza rete con sottobraccio le loro previsioni sull’anno che sta per iniziare. Quest’anno la dispersione delle opinioni è ancora maggiore del solito, con ad esempio gli europei di Morgan Stanley (l’America è sede vacante, al momento) che dicono che è iniziato il bear market, con Goldman che parla invece (per New York) di un fair value per fine 2008 dell’11 per cento sopra i livelli attuali e, a metà strada, l’intramontabile Michael Metz di Oppenheimer che, pur ritenendo che il peggio della crisi dei mutui sia alle spalle, parla di un mercato laterale di lungo periodo per i prossimi anni.
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Al di là della dispersione colpisce l’elemento che accomuna positivi, negativi e laterali, ovvero l’idea che gli utili o scenderanno, o saranno stabili (per il secondo anno consecutivo, almeno per l’America) o saliranno di pochissimo. Goldman, decisamente tra i più ottimisti, parla di una crescita complessiva degli utili operativi 2008 su 2006 (due anni) del 6 per cento. Dato che stanno aumentando i write off, gli utili riportati, negli stessi due anni, sono dati in crescita di un quasi trasparente 1.4 per cento.
La disputa tra positivi e negativi, dunque, non è tanto sugli utili, quanto sull’effetto da attribuire ai tassi in discesa. Per un ottimista (e anche per uno studente di finanza) utili uguali producono valutazioni diverse in presenza di tassi diversi. Più scendono i tassi più si legittima un rapporto prezzo utili più elevato. Se poi le valutazioni del momento iniziale (il 2006) sono basse in assoluto, la crescita delle quotazioni rappresenta semplicemente un avvicinamento al fair value. In teoria, quindi, un rialzo dei corsi sarebbe giustificato anche in mancanza di tagli dei tassi.
Per un pessimista, al contrario, se i tassi in discesa non sono una scossa elettrica che ridà energia a un mercato impaurito dentro un’economia sana (come fu nel 1998), ma sono invece la rincorsa affannosa dietro un’economia che si sta ammalando, allora è giusto che il premio per il rischio in doveroso aumento sovrasti l’effetto dei tassi e produca il risultato netto di quotazioni azionarie in calo.
Gli ottimisti applicano dunque il modello alla lettera, i pessimisti lo interpretano, assumendosi ovviamente l’onere della prova.
Proviamo adesso a partire da un’ipotesi più sfumata sulla crescita globale. Proviamo a pensarla non sana come se in questi mesi non fosse successo niente di speciale, ma nemmeno ai primi stadi di una malattia destinata a rapido e inesorabile peggioramento. Pensiamola in marcato rallentamento, ma riflettiamo anche sul fatto che questa decelerazione sembra peggiore di quello che è per effetto base, per il fatto, cioè, che a metà anno il mondo stava crescendo a una velocità spettacolare, superiore a ogni previsione.
Su questa ipotesi di crescita costruiamone un’altra sugli sviluppi futuri della crisi dei crediti. Pensiamo a nuove mazzate (write down e write off) sugli utili delle banche che verranno annunciati in gennaio, in aprile e in luglio. Mazzate pesanti come quelle che abbiamo visto da agosto in qua ma, si riconoscerà, meno scioccanti. Colpi ripetuti ma uguali tra loro possono logorare sempre di più, ma creano al contempo assuefazione e meccanismi di difesa psicologica. Possono produrre, per intenderci, bear market lenti più che crash (ed è già qualcosa). Pensiamo anche, per completezza, a qualche effetto negativo secondario in termini di credit crunch, ovvero di ridotta possibilità (o volontà) di erogare credito da parte delle banche, sane o malate che siano.
Poiché stiamo parlando di un’ipotesi intermedia, includiamo anche qualche elemento positivo. Oltre ai tassi in discesa (anche in Europa, se dovesse occorrere) potremmo anche vedere una modesta riaccelerazione della crescita nel primo e secondo trimestre, dovuta magari semplicemente a effetto base (con un quarto così vicino a zero non ci vuole molto per migliorare). Aggiungiamo infine una maggiore calma sui cambi e una discesa dei corsi di greggio e metalli, modesta nell’entità ma graditissima per lo spazio che darebbe alle banche centrali per dichiarare l’inflazione di nuovo sotto controllo e legittimare altri ribassi dei tassi.
Per completare il quadro, che identifichiamo come scenario di base, aggiungiamo che alcune esogene tradizionali (petrolio, come abbiamo visto, ma anche variabili geopolitiche come Palestina, Irak, Iran, Pakistan) appaiono meno minacciose di come potevano apparire fino a poche settimane fa. D’altra parte, restando sulle esogene, la crisi dei crediti, che abbiamo ipotizzato molto pesante ma spalmata in modo abbastanza regolare nello spazio e nel tempo, potrebbe produrre qualche episodio concentrato e drammatico (un’ipotesi a bassa probabilità ma da non escludere).
Tirando le somme, uno scenario così costruito non porta a pensare a un bear market degno di questo nome, ma nemmeno spinge a comperare borse e crediti senza tema e senza indugio. Induce piuttosto a un comportamento attendista e opportunista, a compricchiare su ribasso e a vendicchiare su rialzo. Le grandi visioni (1929 alle porte o imminente ripresa dell’epopea dell’espansione globale) sono suggestive e stimolanti, ma è meglio non rimanerne stregati. Chi vuole le grandi visioni, diceva Max Weber, vada al cinema.
In questo sommesso orizzonte attendista-opportunista il miracolo del rally di fine anno (che si ripeterà anche quest’anno con qualche giorno di bonus in gennaio) si presenta come un’occasione di alleggerimento. Gli utili che ci verranno comunicati da metà gennaio sono in mente Dei (e quelli delle banche sono cucinati in questi giorni da grandi squadre di cuochi) e sarà prudente presentarsi alla scadenza con una dose di liquidità, eventualmente per approfittare delle occasioni.
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