Wall Street: ancora giu’, colpita dalla debolezza dei titoli hi-tech

di Redazione Wall Street Italia
12 Luglio 2012 22:05

New York – Indici azionari Usa negativi nonostante il dato, decisamente migliore delle stime, relativo alle richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione.

In chiusura il Dow Jones scende di 31,26 punti (-0,25%), a quota 12.573,27 punti, mentre il Nasdaq cede -21,79 punti (-0,75%), a 2.866,19. In rosso anche lo S&P500, che arretra -6,69 punti (-0,50%), a 1.334,76 punti.

Il numero dei lavoratori che ha presentato per la prima volta richieste per ottenere i sussidi settimanali è di fatto sceso di 26.000 unità a 350.000 unità, facendo meglio delle stime e toccando soprattutto il minimo dal 2008.

Il segnale è suscettibile di due interpretazioni: se da un lato il dato sorprende in positivo, mettendo in rilievo il miglioramento – seppur settimanale – del mercato del lavoro Usa, dall’altro lato proprio la sua performance potrebbe ulteriormente frenare la Fed dall’adottare quelle misure di quantitative easing che gli investitori, non solo americani, ma di tutto il mondo, chiedono da tempo.

Se i futures americani erano in calo prima della diffusione dell’indicatore, era infatti proprio per la delusione post minute Fed. Pubblicate ieri, le minute relative all’ultimo meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, non hanno infatti inviato alcun chiaro segnale su un’imminente intenzione di Bernanke e colleghi di intervenire a sostegno dell’economia.

“Assisteremo probabilmente al sesto giorno consecutivo di ribassi per l’azionario Usa, causa i timori legati alla crescita della congiuntura globale”, ha commentato Jim Russell, responsabile strategist dell’azionario presso US Bank Wealth Management, nel corso di una intervista rilasciata a Market Watch.

“In definitiva, le minute hanno confermato che non c’è ancora un accordo tra i membri del Fomc riguardo alla necessità di adottare una manovra di quantitative easing e che questa verrebbe decisa solo se la ripresa rallentasse il passo – ha aggiunto Jim Reid, strategist presso Deutsche Bank a Londra – Ciò significa che la crescita deludente dei nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti, resa nota la scorsa settimana, probabilmente non basta” ad avvalare un QE3. Reid ha aggiunto che, ironicamente, i mercati a questo punto saliranno nel breve termine soprattutto se ci sarà un deterioramento dei dati macroeconomici, in quanto questo alimenterà le speculazioni su intervento della Fed.

Allo stesso tempo, proprio il dato pubblicato contestualmente alle richieste dei sussidi potrebbe giustificare un annuncio da parte della Banca centrale Usa. Si tratta dell’ indice dei prezzi alle importazioni che, con un calo a giugno -2,7%, ha segnato la flessione più forte dal dicembre del 2008, confermando come l’inflazione negli Stati Uniti non sia affatto un problema. Detto questo, a incidere è stato soprattutto il tonfo dei prezzi dei beni energetici, che rappresentano, così come la componente alimentare, la parte più volatile dell’indicatore.

Euro a $1,2187, scende sotto l’importante soglia a quota $1,22 e viaggia al minimo degli ultimi due anni nei confronti del dollaro.

Il ribasso della moneta unica si spiega con l’avversione al rischio da parte degli operatori, che si stanno rifugiando su altri asset considerati rifugio, come il dollaro e lo yen giapponese.

I trader continuano poi a guardare alle notizie europee e ai cali che al momento affossano le piazze del Vecchio Continente, che ora si intensificano e che sono legati ai timori sui debiti dei paesi periferici.

Non che nel resto del mondo le notizie arrivate oggi siano state confortanti. In crescita il tasso di disoccupazione in Australia, con le società che hanno ridotto il numero delle buste paga nel mese di giugno: è un segnale evidente del calo della crescita a livello globale e della minore domanda di materie prime, anche a causa dei problemi in Cina (stime +7,5% nel secondo trimestre, dopo +8% nel primo trimestre).

Sul fronte societario, Marriott International in calo, dopo aver rivisto al ribasso le stime sulla crescita del fatturato. Delta e United Continental sotto pressione dopo che Goldman Sachs ha consigliato di vendere i due titoli. JP Morgan ha invece aumentato il rating sul titolo Chevron a neutral, mantenendo invariato il target sul prezzo a $120. Titolo +0,17%.

Tra i finanziari Goldman Sachs -1,17%, Citigroup -2,28%, Morgan Stanley -1,88%, Bank of America -1,97%. Tra altri energetici male Exxon Mobil -0,31%, Marathon Petroleum -2,14% e WPX Energy -1,56%. Molto male i semiconduttori, con l’indice di riferimento Philadelphia Semiconductor Index che cede circa -2%. Più in generale tra i tecnologici Hewlett-Packard -1,73%, Micron Technology -1,29% e Lexmark International -7,53%.

In ambito valutario, l’euro in calo sul dollaro a $1,2205. Dollaro/yen a JPY 79,28; euro/yen a JPY 96,69.

Per terminare la panoramica sui mercati, riguardo alle commodities, i futures sul petrolio a quota $86,08 al barile, mentre le quotazioni dell’oro a $1.565,30 l’oncia.

Occhio alle dichiarazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia con sede a Parigi che, nel suo report mensile, ha dichiarato di prevedere che la domanda di petrolio salirà di 1 milione di barili al giorno nel 2013, per attestarsi a 90,9 milioni di barili; si tratta di un rialzo rispetto ai +800.000 barili al giorno del 2012 , ma ancora al di sotto del trend globale di crescita precedente il periodo di credit crunch.

Quanto ai Treasury, i rendimenti a 10 anni scambiano in ribasso all’1,474%.

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