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WALL ST. SI RIPRENDE DA SHOCK FED: E SONO QUATTRO

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Chiusura di seduta appena positiva per la Borsa di New York che e’ riuscita cosi’ al pelo ad allungare a quattro la serie di sedute positive. Il Dow ha guadagnato lo 0.09% a 10402.35 punti, il Nasdaq lo 0.1% a 2243.87 punti, mentre l’S&P 500 lo 0.22% a quota 1109.17.

Il mercato ha superato lo shock iniziale per la decisione a sorpresa della Fed, annunciata ieri a mercati chiusi, di incrementare il tasso di sconto per la prima volta dopo tre anni.

Si e’ trattato del primo cambiamento di direzione in materia monetaria da oltre un anno, periodo in cui la politica monetaria della Banca Centrale, tesa a combattere una grave crisi finanziaria ed economica, e’ stata la piu’ accomodante di tutti i suoi 96 anni di storia.

Dopo un avvio in calo il mercato si e’ poi gradualemente ripreso, fino al rallentamento della corsa riscontrato sul finale, che ha fatto si che i livelli degli indici siano risultati sotto i massimi di seduta. Il paniere delle blue chip ha scambiato in un range che e’ andato da -20 a +20 punti. La settimana si chiude invece in buon rialzo, con il Dow che ha guadagnato il 3%, l’S&P il 3.1% e il Nasdaq il 2.8%. Si tratta della seconda ottava positiva di fila.

L’andamento altalenante rispecchia l’incertezza degli operatori, che hanno interpretato in maniere contrastanti tra loro la decisione a sorpresa shock della Banca Centrale di alzare il tasso di sconto dello 0.25% allo 0.75%. Da oltre un anno la Federal Reserve ha mantenuto la piu’ accomodante politica monetaria nei suoi 96 anni di storia.

Sugli altri mercati il dollaro si e’ rafforzato anche se ha chiuso sotto i massimi di seduta, che corrispondono ai livelli piu’ alti di otto mesi, il petrolio ha chiuso sopra i $79 al barile, mentre l’oro sopra i $1115 l’oncia.

Il Dollar Index, che offre una misura dell’andamento del biglietto verde contro le sei principali valute rivali, ha chiuso in rialzo a 80.627 da 80.380, ma ben sotto i massimi di 81.342. L’indice e’ in progresso moderato dall’80.316 dello scorso venerdi’, ma i guadagni sono sufficienti a consentire alla valuta Usa di chiudere in territorio positivo per la quarta seduta sulle ultime cinque.

A livello settoriale i finanziari e gli industriali si rendono protagonisti delle prove migliori, mentre tecnologici ed energetici accusano i cali piu’ marcati. Fatta eccezione per JP Morgan, tutte le principali banche statunitensi hanno guadagnato terreno. E’ la dimostrazione del fatto che sono piu’ gli investitori ad aver letto la decisione della Federal Reserve come una prova che il sistema finanziario poggia su basi piu’ solide.

Tra le singole prove, sul paniere delle blue chip spiccano i balzi di DuPont (+0.86%) e Boeing (+0.89%). Sul fronte delle trimestrali, deludono Dell (-7%) e CBS (-1.5%), mentre gli utili di JC Penney fanno meglio delle attese e i titoli vengono premiati dagli operatori.

Una nuova operazione di M&A sembra alle porte, con la societa’ di servizi petroliferi Schlumberger (-3%) che avrebbe avviato i colloqui per aggiudicarsi la rivale Smith International (+13%).

Dopo il sell-off subito ieri nell’after hours, questa mattina il nervosismo e’ andato scemando con il passare delle ore, grazie anche ai commenti tranquillizzanti di alcuni esponenti della Fed, i quali hanno sottolineato che la decisione non e’ un segnale di un cambiamento di politica monetaria, bensi’ un’evoluzione naturale della situazione.

D’altronde il numero uno dell’istituto centrale, Ben Bernanke, aveva annunciato gia’ una decina di giorni fa che un rialzo del tasso di sconto era all’orizzonte. Sono i tempi ad aver colto di sorpresa il mercato: nessuno si aspettava infatti che un rialzo avvenisse cosi’ presto (i nuovi tassi sono entrati in vigore da oggi).

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“Sono sconvolto, completamente sconvolto”, ha dichiarato Todd Schoenberger, managing director di LandColt Trading facendo riferimento alla mossa della Fed, aggiungendo di essere convinto che cio’ significa solo una cosa: che la Fed alzera’ presto i tassi guida, probabilmente gia’ dalla prossima riunione di marzo.

Ma a conti fatti e’ tra i pochi a pensarla cosi’. Per la maggior parte degli investitori si e’ trattata in realta’ di una misura dal valore puramente tecnico, senza alcun significato simbolico, e per questo ritengono che la Fed non abbia intenzione di alzare i tassi di interesse ancora per un bel po’ di tempo.

La Fed inoltre ha fatto di tutto per rassicurare gli operatori, precisando che la decisione non va interpretata come un segnale di un cambiamento della politica monetaria e che l’incremento non avra’ un impatto negativo sulle attivita’ creditizie di famiglie e aziende.

Dal fronte macro sono giunte notizie che si possono considerare confortanti. La pubblicazione dei prezzi al consumo, saliti meno delle attese in gennaio, ha infatti allontanato la paura suscitata dal rialzo dei prezzi alla produzione. La componente core del PCI e’ calata per la prima volta in 28 anni.

Nel comparto energetico le quotazioni del greggio sono risalite dai minimi di seduta di $77.76, con i futures con consegna marzo che hanno chiuso in progresso dello 0.9% a $79.81 al barile. In settimana i prezzi dell’oro nero sono aumentati di ben il 7.7%.

Sul valutario, nonostante l’avvertimento sconvolgente lanciato da un’analista secondo cui la moneta unica sarebbe sottovalutata del 25%, l’euro finisce per avanzare, attestandosi a quota $1.36135. L’oro guadagna $3.40 a quota $1122.10 l’oncia, in netto progresso rispetto ai minimi intraday di $1099.30 l’oncia e chiudendo cosi’ la settimana in rialzo del 3.1%. Avanzano anche i prezzi dei Titoli di Stato, con il rendimento sul benchmark decennale si attesta al 3.782% dal 3.830% di ieri.