Dopo sei settimane consecutive di ribassi, finalmente a Wall Street torna il segno piu’. Il poderoso rally messo a segno dagli indici a fine settimana ha piu’ che compensato le pesanti perdite dei giorni iniziali. Tra giovedi’ e venerdi’ il Dow Jones ha realizzato un balzo di oltre 560 punti (+7,7%) e il Nasdaq di 96 punti (+8,6%). Per la borsa Usa si tratta del piu’ forte rialzo in due sedute consecutive dal marzo 2000.
Gli addetti ai lavori a New York continuano pero’ a raccomandare la cautela, anche perche’ non ci sono state notizie tali da suggerire un’imminente inversione del trend. “Il livello di incertezza presente sul mercato e’ il piu’ elevato degli ultimi 25 anni”, sottolinea Tobias Levkovich, equity strategist istituzionale di Salomon Smith Barney.
Buona parte dei guadagni realizzati questa settimana sono da attribuirsi alle ricoperture di posizioni corte da parte degli hedge fund. Occorrera’ aspettare le prossime sedute per capire se quello attuale e’ solo un rimbalzo tecnico o se la borsa americana sta mettendo le basi per ripartire.
Con un rialzo superiore al 6% (70 punti), il Nasdaq ha realizzato il maggiore guadagno percentuale della settimana, portandosi a quota 1.210,47. Dall’inizio dell’anno, l’indice hi-tech ha ceduto 739 punti (-38%), mentre rispetto allo stesso periodo del 2001 il calo registrato e’ di 492 punti (-29%). Mercoledi’ l’indice aveva chiuso al livello piu’ basso dall’agosto 1996.
Il Dow Jones ha guadagnato nella settimana 321 punti (+4%), attestandosi a quota 7.850,29. Dall’inizio dell’anno l’indice industriale ha perso 2.171 punti (-21%). Su base annua il Dow e’ in calo di 1.493 punti (-16%). Anche per il DJIA occorre andare molto indietro nel tempo, precisamente all’ottobre ’97, per riscontrare i livelli di chiusura di mercoledi’.
L’S&P500 ha terminato la settimana a quota 835,32, con un rialzo di 34 punti (+4%). Dall’inizio dell’anno il calo dell’indice ammonta a 312 punti (-27%). La differenza rispetto allo stesso periodo del 2001 e’ di 256 punti (-23%).
In base ai dati forniti della societa’ di ricerca Wilshire Associates, le perdite totali del mercato azionario dai massimi del 2000 sono ormai superiori agli $8 trilioni.
Chiude invece in ribasso il mercato dei Titoli di Stato, dopo che ad inizio settimana il rendimento sui Treasury, che segue un movimento inverso rispetto ai prezzi, era sceso a livelli record.
La ripresa di Wall Street, inoltre, non e’ stata tale da evitare un indebolimento del dollaro nei confronti delle principali valute straniere.
Performance settimanale dei listini americani |
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Indici | Valori al 11/10/2002 | Variazioni ultima settimana |
Variazioni da inizio anno | Variazioni ultimi 12 mesi |
DJIA | 7.850,29 | +321,89 (+4,28%) |
-2.171,2 (-21,67%) | -1.493 (-15,99%) |
S&P500 | 835,32 | +34,74(+4,34%) | -312,76 (-27,24%) | -256,33 (-23,48%) |
Nasdaq | 1.210,47 | +70,57 (+6,19%) | -739,93 (-37,94%) | -492,53 (-28,92%) |
Fonte dati: Ufficio Studi WallStreetItalia |
I MERCATI AZIONARI
Il rialzo piu’ consistente della settimana e’ stato messo a segno dal comparto Internet (GIN, +14%), grazie alla trimestrale positiva di Yahoo! (YHOO – Nasdaq): il titolo della societa’ che gestisce il primo portale al mondo ha guadagnato in un solo giorno piu’ del 20%.
L’ottimismo si e’ poi riversato su altri comparti hi-tech, nonostante le perplessita’ espresse da diverse banche d’affari. L’indice dei semiconduttori SOX e’ aumentato dell’8%, grazie alle dichiarazioni confortanti dell’a.d. di Intel (INTC – Nasdaq), Craig Barrett, sulle condizioni dell’azienda.
L’ottima performance di IBM (IBM – Nyse), che ha annunciato un piano di buyback e ha ricevuto un upgrade da Lehman Brothers, ha trascinato al rialzo i titoli hardware ( GHA, +9%).
Per quanto riguarda Cisco Systems ( CSCO, Nasdaq), ha finalmente registrato una battuta d’arresto l’ondata di ribassi in atto da diverse settimane. L’upgrade di Needham sulla societa’ guidata da John Chambers ha diffuso i suoi effetti positivi sul comparto del networking (NWX, +3%), oscurando la delusione sul fatturato di Juniper Networks ( JNPR – Nasdaq).
In leggera crescita il settore retail (RLX, +2%), che ha tratto beneficio dalla conclusione della vertenza dei porti della costa occidentale Usa imposta dal presidente Bush. In forte recupero Wal-Mart (WMT – Nyse): le vendite comparabili della societa’ sono aumentate del 3,3% su base annua.
I titoli farmaceutici ( DRG, +3,5%) hanno beneficiato della nota positiva di Lehman Brothers. Anche Schering-Plough (SGP – Nyse) ha partecipato al rally settimanale, sebbene la Securities and Exchange Commission abbia avviato un’indagine per insider trading sul gruppo.
Solo marginale il recupero messo a segno dalle case automobilistiche ( DJ_ATO , -2,5%). L’accordo di collaborazione tra Ford (F – Nyse) e General Motors (GM – Nyse) ha controbilanciato i giudizi negativi di CS First Boston e Lehman Brothers.
Grazie alla trimestrale positiva, General Electric (GE, Nyse) e’ riuscita ad azzerare le pesanti perdite accumulate nella prima parte della settimana. Il Dow e’ stato sostenuto anche da Coca-Cola (KO – Nyse), sospinta dai buoni risultati della concorrente PepsiCo ( PEP – Nyse).
I DATI MACROECONOMICI DELLA SETTIMANA
- Credito al consumo. Ad agosto l’indicatore ha registrato una crescita di $4,2 miliardi, portandosi a $1,73 trilioni. L’aumento, tuttavia, e’ il piu’ basso da otto mesi.
- Sussidi di disoccupazione . Nella settimana che si e’ conclusa il 4 ottobre, le nuove richieste sono scese di 40.000 unita’, a quota 384.000. Si tratta del livello piu’ basso da meta’ luglio. Dopo sei settimane consecutive, il dato si e’ riportato sotto la soglia delle 400.000 unita’, al di sopra della quale si parla di un mercato del lavoro in recessione.
- Vendite al dettaglio. A settembre le vendite al dettaglio sono state di $302,46 miliardi, in calo dell’1,2% su base mensile. Esclusa la componente auto, tuttavia, la variazione e’ stata positiva, con un incremento dello 0,1%.
- Fiducia Michigan –Prel.. L’indice preliminare di ottobre sulla fiducia dei consumatori si e’ attestato a quota 80,4, contro gli 86,1 punti di settembre. Si tratta del livello piu’ basso degli ultimi dieci anni e del quinto ribasso consecutivo.
LE OBBLIGAZIONI
Dopo sette settimane consecutive di crescita, il mercato dei titoli di Stato ha segnato una battuta d’arresto. Il rendimento sui bond a 5 anni e’ passato al 2,78% nel tardo pomeriggio di venerdi’, contro il 2,69% della scorsa settimana. Il rendimento sul Treasury a 10 anni, benchmark della categoria, si e’ attestato al 3,81%, in aumento rispetto al 3,68% di venerdi’ scorso.
Molti analisti osservano, tuttavia, come il calo di questa settimana non sia indicativo di un’inversione di tendenza. “Non stiamo vedendo segnali positivi nel mercato azionario”, ha commentato Kim Rupert, senior economist di MMS International. “Finche’ non si stabilira’ un “bottom” duraturo e si supereranno i rischi legati alla situazione geopolitica, i rendimenti dei Treasury continueranno a tenersi bassi”.
Morgan Stanley sottolinea che dal dicembre 1999 i titoli di Stato hanno sovraperformato del 56% il mercato azionario Usa. “Questo e’ il miglior periodo per i bond rispetto alle azioni dagli anni ’20”, si legge in una nota della banca d’affari.
Il ministro del Tesoro Paul O’Neill ha dichiarato di non ritenere necessaria la reintroduzione dei titoli di Stato trentennali, la cui emissione era stata sospesa nell’ottobre dello scorso anno.
- Tasso sui Treasury a 5 anni (FVX – CBOE)
- Tasso sui Treasury a 10 anni (TNX – CBOE)
Sul fronte corporate, da segnalare la pessima performance di Ford, il cui bond decennale viene trattato con 6 punti percentuali al di sopra del Treasury. I titoli vengono inoltre offerti sulla base del prezzo, anziche’ del rendimento, come accade nel mercato junk.
IL MERCATO VALUTARIO
A livello settimanale, il dollaro si e’ indebolito nei confronti dell’euro, nonostante il forte recupero realizzato in concomitanza del rally di Wall Street. Nel tardo pomeriggio di venerdi’, sulla piazza di New York il biglietto verde veniva scambiato a $0,9866 per 1 euro, contro i $0,9792 della scorsa settimana.
La moneta americana continua comunque a difendersi, soprattutto grazie alla debolezza dell’economia europea e giapponese. Per quanto riguarda l’Europa, tra gli operatori si sta diffondendo una certa apprensione sulle banche tedesche. In Germania, infatti, gli istituti finanziari detengono grosse fette delle societa’ del Paese, e hanno quindi risentito enormemente dei crolli del mercato azionario (da inizio anno il Dax ha perso circa il 50%).
Per il Giappone i dubbi sono inerenti alla richiesta rivolta alle autorita’ monetarie del Paese da parte del ministro dell’economia Heizo Takenaka di un pacchetto per combattere la deflazione. Molti osservatori si dicono scettici sulla possibilita’ che semplici politiche fiscali e monetarie siano in grado di risolvere i problemi strutturali dell’economia nipponica.
Un altro motivo per cui le attivita’ denominate in dollari sono attraenti per gli investitori esteri e’ fornito dalla situazione mediorientale. Un aumento del prezzo del petrolio, dovuto ad un eventuale conflitto Usa-Iraq, avrebbe come conseguenza una maggiore richiesta del biglietto verde, dal momento che il greggio viene trattato in dollari.
CONCLUSIONI
L’euforia che negli ultimi due giorni della settimana si e’ registrata a Wall Street non dissipa i dubbi degli operatori sullo stato dei mercati finanziari e dell’economia Usa. Per molti osservatori, il rally di giovedi’ e venerdi’ e’ da considerarsi solo un rimbalzo tecnico all’interno di un mercato orso.
Ci sono ancora molte nubi all’orizzonte. In particolare fanno riflettere i dati negativi sulle vendite al dettaglio e sulla fiducia dei consumatori.
Molti economisti temono che esista il pericolo di un calo pronunciato del livello dei consumi, cioe’ la componente del PIL Usa che fino a questo momento e’ riuscita a mantenere l’economia in crescita.
Diversi segnali contribuiscono ad accrescere la preoccupazione sui consumi: tra questi, l’impatto del crollo dei mercati finanziari, l’elevato livello di indebitamento delle famiglie americane e la debolezza del mercato del lavoro.
Il problema non riguarda solo gli Stati Uniti, ma il mondo intero, considerando il rallentamento delle economie in Europa e Giappone. Per questa ragione da piu’ parti vengono richieste ai “policy-maker” politiche economiche piu’ coraggiose.