New York – Alla fine dello scorso anno abbiamo parlato dell’attrattiva del mercato high yield, nel momento in cui i differenziali di credito avevano superato i 1.000 punti base. Storicamente tali livelli hanno rappresentato un forte segnale per posizionarsi sull’asset class – ed è stato così anche questa volta. Ricorrendo ad un’analogia con il gioco del poker, è stato come ritrovarsi con un Full: le probabilità di vincere la mano erano tali che, pur senza certezze, valeva la pena di tentare la sorte.
In una corsa piuttosto accidentata, il mercato high yield europeo ha offerto un rendimento totale del 20,1%* da inizio anno, contro un rialzo del 15,8% dell’S&P 500, del 10,4% dell’Euro Stoxx 50 e del 4,8% del FTSE 100. In tutta franchezza, si tratta di un risultato migliore delle aspettative, spinto dagli interventi della BCE (gran parte dei guadagni di quest’anno sono stati infatti conseguiti nel primo trimestre grazie al programma di LTRO), dall’impegno di Draghi a “fare quanto necessario” e dalle iniezioni di liquidità di altre banche centrali nel corso di un anno di scarsa crescita economica.
Ora dunque la domanda è: quale sarà il destino per l’high yield? Avremo rendimenti ancora così elevati nei prossimi mesi?
Per tentare di rispondere a questa domanda, partiamo dalle valutazioni. In termini di rendimenti complessivi, non siamo molto lontani dai livelli più bassi degli ultimi anni. Il mercato high yield europeo rende oggi il 7,3% circa a scadenza** rispetto ad un minimo decennale del 5,3% nel febbraio 2005. Un dato che potrebbe diminuire ancora, ma l’entità della flessione non sarà comunque sufficiente a generare le stesse plusvalenze di capitale degli ultimi mesi.
Ciò significa che chi acquista titoli high yield in questa fase del ciclo con l’intento di realizzare grandi guadagni rimarrà probabilmente deluso. Per generare un ulteriore reddito da capitale del 16% circa, ad esempio, i rendimenti dovrebbero scendere attorno a una media del 2%. Significa dunque che si debbano vendere immediatamente le posizioni high yield? Non proprio. Si considera opportuno vendere un titolo high yield se si teme un forte rialzo dei rendimenti delle obbligazioni governative sottostanti, un significativo re-pricing degli spread o entrambe le cose.
La prima ipotesi appare valida, ma il rialzo sarebbe, a mio avviso, contenuto. Non credo infatti che vedremo presto i rendimenti decennali di Treasury, Bund e Gilt salire oltre il 5% dal momento che Governi e autorità hanno chiarito che continueranno ad intervenire sui mercati per mantenere bassi i tassi a lungo termine ancora per molto. Crescita nominale e mercato del lavoro hanno infatti la priorità, mentre il rischio inflazionistico resta in secondo piano. Ne consegue che un eventuale aumento dei rendimenti sovrani è poco probabile e quindi le perdite di capitale sulle emissioni high yield sarebbero relativamente contenute. Attualmente la duration modificata del mercato high yield europeo è di 3,1 anni**, quindi se i rendimenti dei titoli di Stato registrassero un incremento generale dell’1%, si avrebbe una perdita di capitale intorno al 3%, a parità degli altri parametri. Se si aggiunge un differenziale del 6,7%, ipotizzando di non essere travolti da un’ondata di default (la grande incognita di sempre), la performance in high yield sarebbe ancora positiva.
La variazione degli spread e i livelli dei tassi di insolvenza saranno gli elementi chiave che genereranno performance. Diversamente dai rendimenti complessivi illustrati nel primo grafico, i differenziali di credito nel grafico seguente sono ancora lontani dai minimi. A fine agosto il rendimento incrementale rispetto ai titoli di Stato si attestava al 7,4%, rispetto al 1,9% segnato a maggio 2007. Sembra esserci dunque ancora spazio perchè gli spreads scendano, generando quindi plusvalenze di capitale.
Ne consegue allora che si debbano aprire immediatamente posizioni high yield? La risposta è ancora no. Guardiamo ai differenziali di credito nel contesto economico delle società europee. In gran parte dell’Europa la crescita è lenta o inesistente e il credito rimane scarso. Il prezzo del rischio di credito nei titoli corporate (lo spread) dovrebbe rispecchiare tale situazione. Alla fine, gli investitori dovrebbero pretendere un differenziale che li ricompensi adeguatamente per l’illiquidità intrinseca dell’asset class e un modesto incremento dei tassi di default. Detto ciò, è estremamente improbabile che gli spread si avvicinino ai livelli del 2007 (1,9%) a breve. Inoltre, aleggia sempre lo spettro di una variazione della curva per effetto di eventi macroeconomici o politici, con una conseguente repentina diminuzione della propensione al rischio e quindi un ampliamento degli spread. Tuttavia, alla luce dei fondamentali e delle valutazioni a medio termine, ritengo che il segmento high yield sia ora più vicino a un corretto valore di mercato.
Questo ci porta a una conclusione poco soddisfacente: anche se il mercato high yield non sembra offrire più grandi guadagni, è bene mantenere le posizioni. Vorrei aggiungere anche che nel contesto attuale è preferibile un approccio difensivo. In termini di profilo rischio/rendimento, l’ago della bilancia pende ora verso un posizionamento meno aggressivo. Ciò significa ridurre il “beta” in attesa di tempi migliori.
Ritornando all’analogia con il poker, investire adesso in high yield sarebbe come giocare una mano con due coppie: vale la pena “vedere” perché si può guadagnare qualcosa, ma non è il momento di giocarsi la casa.
* Rendimento totale dell’indice Merrill Lynch Euro High Yield dal 31 dicembre 2011 al 21 settembre 2012. Performance del mercato azionario da inizio anno al 21 settembre 2012. Fonte: Bloomberg, Bank of America Merrill Lynch.
** Indice Merrill Lynch Euro High Yield al 21 settembre 2012, Fonte: Bloomberg, Bank of America Merrill Lynch.
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