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VIETATO ANDARE SHORT PER I MONEY MANAGER

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Secondo i dati pubblicati recentemente da una ricerca di Merrill Lynch, i responsabili dei fondi pensione delle aziende stanno mettendo sempre piu’ sotto pressione i money manager che dovrebbero investire il patrimonio affidato.

La ricerca condotta dal team di analisi quantitativa della banca, guidata da Richard Bernstein, sottolinea quelle che vengono chiamate incongruenze nelle pretese dei responsabili dei fondi pensione.

Il quadro di riferimento e’ quello di un patrimonio che viene gestito in pratica solo con strategie di acquisto di posizioni lunghe, sono infatti in genere vietate le vendite allo scoperto o l’utilizzo speculativo dei derivati. L’orizzonte inoltre e’ in genere piuttosto lungo dato che a meno di eventi straordinari e’ possibile pianificare con ragionevole approssimazione il momento in cui il fondo dovra’ erogare la pensione ai suoi sottoscrittori.

In questo contesto i portfolio manager si sentono richiedere ritorni assoluti positivi, una gestione attiva il piu’ limitata possibile e una strategia di breve periodo. In pratica il ritornello e’ diventato “Non ci raccontare o che farai bene nell’arco di 5/10 anni. Vogliamo portare a casa dei soldi e ci aspettiamo un controllo della performance su base al massimo trimestrale con commissioni contenute”.

Considerato l’andamento della Borsa degli ultimi tre anni e le difficolta’ delle grandi aziende che hanno proprio nello sbilancio dei fondi pensione una grossa spada di Damocle sulla testa, tutto cio’ non stupisce. Tuttavia deve ancora essere dimostrato che quanto richiesto sia possibile e coerente.

I dati della ricerca sembrano non avvallare questa ipotesi. Il modello costruito dagli esperti di Merrill Lynch mette in evidenza quanto spesso un risparmiatore avrebbe ottenuto un ritorno negativo sull’S&P500 a seconda dell’orizzonte temporale dell’investimento dal 1985 ad oggi. Le prove sono state condotte sia in maniera casuale per periodi che si sovrapponevano sia per segmenti temporali separati.

I risultati dimostrano che non esiste un periodo anche solo di 10 anni che abbia generato un ritorno negativo. Non solo, la probabilita’ di perdere soldi passando da un orizzonte di investimento di 3 anni ad uno di 3 mesi triplica, passando dal 9% al 26%. I day trader che entrano ed escono dal mercato con frequenza, dal 1985 ad oggi hanno perso in media nel 47% dei casi.

Ovviamente i risultati sono stati fortemente influenzati dal mercato toro che ha imperversato in borsa negli anni novanta. Tuttavia allargando il periodo esaminato le conclusioni non sono sostanzialmente diverse. Chi avesse scelto 10 anni a caso dal 1928 ad oggi avrebbe ottenuto un ritorno negativo solo nel 4% dei casi. Con la stessa strategia, passando ad 1 mese le probabilita’ di lasciarci le penne salgono al 39%.

L’ultima osservazione riguarda la gestione passiva. Secondo i dati pubblicati in un’altra ricerca qualche settimana fa dalla stessa Banca, i money manager che vengono lasciati liberi di sovrappesare o sottopesare i singoli titoli all’interno di una gestione settoriale, tendono a fare meglio di chi utilizza un approccio neutrale. Inoltre i risultati non cambiano anche dopo essere stati aggiustati per il maggiore rischio occorso dalla strategia attiva.