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(WSI) – Caro direttore, sono stupito dal clamore che hanno avuto su Libero le mie considerazioni sul candidato migliore per la Cdl alle prossime elezioni. E vorrei chiarire la mia idea per spazzar via i veleni meschini di chi mi ha chiamato “voltagabbana”. Ho detto no all’idea generosa e provocatoria di Giuliano Ferrara sulla “manifestazione pro Cavaliere” proprio perché lo stesso Giuliano, prima di me e con maggiore autorevolezza, due mesi fa, mise nero su bianco la sua idea sull’esaurimento della “spinta propulsiva” di “Berlusconi premier”. Come si vede in ambiente “berlusconiano” (compreso il giornale di Dell’Utri) si parla liberamente, anche della candidatura del Cavaliere.
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Senza scandalo e – spero – senza scomuniche, senza “processo di Verona” e senza “processi di Mosca”. Solo nelle tradizioni di fascisti e comunisti si considera disertore chi riconosce che le cose non vanno. Noi “liberali” discutiamo laicamente di cinque anni di governo, delle scommesse vinte e di quelle perse (perché negarle?). Ma soprattutto di come evitare che questa sinistra pataccara vada al potere.
Sapendo bene che Berlusconi resta il motore potente del centrodestra. Dunque Giovanna Melandri può stare tranquilla: dalla sua parte io non vado di certo. Lei ha dichiarato al Corriere della Sera (con qualche piccola volgarità, ma gliela perdono) che starei abbandonando la nave nella tempesta. Se lo può scordare. Semmai sto ragionando su come il centrodestra può mandare a picco la bagnarola prodiana per impedire che l’Italia cada nelle mani delle Melandri e dei Bertinotti. Capisco che Giovanna e gli altri suoi compagni – visti i sondaggi attuali – preferiscano Berlusconi come candidato del centrodestra (…)(…) e siano terrorizzati di trovarsi fra le mani un candidato bollito come Prodi mentre la Cdl si rinnova, ma credo che il Cavaliere non cadrà nella trappola e – se si accorgerà che è meglio un altro cavallo – propizierà lui stesso il rinnovamento. Lui farà il Cavaliere e un altro farà il cavallo. È così che si vince e si convince. Non capisco perché si vuole celebrare in anticipo la sconfitta con una manifestazione, quando si può ancora vincere.
Qualcuno, smanioso di baciare la pantofola al potente premier, mi ha insultato sul Corriere, dandomi del “ridicolo” perché non ho aderito. Non credevo fosse obbligatorio aderire. Ma non me ne curo. Non mi interessano circhi, nani e ballerine. Ma le considerazioni intelligenti sì. Per esempio il vicedirettore del Foglio Ubaldo Casotto dice che Berlusconi, con i suoi difetti, è sempre meglio della Sinistra. Come la Dc di un tempo. Ed ha perfettamente ragione, infatti il centrodestra deve tenerselo stretto Berlusconi, è la sua grande risorsa. Solo che il problema è la premiership: oggi con lui candidato a Palazzo Chigi non si vince e – hic rodus – su questo bisogna riflettere. Tanto è vero che – lo ripeto – le stesse considerazioni mie erano state fatte, due mesi fa, da Ferrara proprio sul Foglio. Che ne dice Casotto? È un dibattito laico, dunque perché chiamare in causa le mie scelte personali suCLe altre piccole malizie? Non c’entrano niente. Del resto ritengo che uno come Giorgio Vittadini la pensi come me su Berlusconi. Fa male il mio amico Ubaldo a evocare tre volte CL, perché mi costringe a ricordargli le recenti dichiarazioni pro-Fassino del capo della Compagnia delle opere.
E ciò che leggo sul Riformista: «La Cdo nel 2001 aiuta l’elezione di Errani in Emilia Romagna, di Bersani nel collegio di Cremona, mentre alle scorse amministrative di Bergamo aiuta il socialista Bruni a vincere con una giunta di centrosinistra». Sia chiaro, io non mi scandalizzo. C’è una logica e una moralità in questo che i maligni chiamano “Franza o Spagna…”. Possono essere scelte di realismo, le capisco, ma allora bisogna evitare di “ideologizzare” su Berlusconi come fa Casotto (parlo delle sue considerazioni sulla libertà, da cui fa discendere il peana al Cavaliere). Altrimenti dovrei pensare che i giudizi dei ciellini sulla libertà cambiano appena passato il Po, fra Emilia e Lombardia. Stefano Manichini, direttore di Europa, mi fa sapere che scopro l’acqua calda: i difetti di Berlusconi c’erano già nel 2001 e dovevo accorgermene allora. Ma io non parlo di difetti, bensì di scelte fatte o non fatte fra 2001 e 2006.
Un altro Berlusconi era possibile (non solo sul conflitto di interessi). Il centrodestra al governo poteva fare meglio e di più, potevano essere evitate tante smarronate e molti errori: le considerazioni di Eugenia Roccella e di Giampiero Mughini meritano oggi, a consuntivo, una seria riflessione da parte degli intellettuali di centrodestra, che forse sono un po’ troppo conformisti e timorosi con i loro politici (imparino da quelli di Sinistra). Per esempio Luca Ricolfi (che è di centrosinistra come Menichini) fa notare che «il giudizio degli elettori sull’operato dell’opposizione è stato sempre – durante tutta l’attuale legislatura – ancora più negativo di quello sul governo». Ci rifletta Menichini: hanno poco da ridere nella sgangherata Sinistra, la loro vittoria non è scritta negli astri. Se oggi prevalgono nei sondaggi – spiega Ricolfi – non è per propri meriti o per la chiarezza di una proposta, ma solo «come conseguenza dell’handicap Berlusconi» per il centrodestra. A torto o a ragione.
Il giornale di Del’Utri scrive oggi che è tutta colpa degli alleati: «Le delusioni di simpatizzanti, amici ed elettori sono legate alla mancanza di risultati “rivoluzionari”. In molti attendevano la “rivoluzione liberale” nell’economia, nella politica di impresa, nell’azione sociale. Perché non è stata possibile se non in parte marginale?». Il giornale dellutriano spiega che Berlusconi voleva, ma gli alleati non gliel’hanno fatto fare. Mi sembra francamente poco serio. Come sarebbe poco serio scaricare tutte le responsabilità su Berlusconi. Del ruolo del premier oggi e domani è bene discutere apertamente, senza ipocrisie.
Quando per esempio lo stesso giornale di Dell’Utri propone di candidare Letta a Palazzo Chigi e suggerisce a Berlusconi di dedicarsi a Forza Italia, per dare più spinta alla rivoluzione liberale, mi sembra un modo un po’ tartufesco per dirgli di farsi da parte. Discutere della premiership, immaginare un cambio generazionale che sappia di nuovo affascinare l’Italia – sotto la regia dello stesso Cavaliere – non significa affatto disconoscere i meriti storici di Berlusconi e del suo governo o il suo ruolo nel futuro (che sarà ancora centrale). Trovo geniale – come sempre – ciò che scrive Gianni Baget Bozzo sul Foglio sull’importanza storica del fenomeno berlusconiano. E ne condivido la sostanza. Solo l’ultima frase mi pare sbagliata: «Berlusconi è un grande creatore di politica la cui opera non può essere sostituita». Dissento perché nessuno è insostituibile (se non il buon Dio) e perché il capolavoro di uno statista consiste nel costruire una cosa che sappia restare in piedi anche senza di lui o con lui in un ruolo diverso. È proprio questo il caso delle prossime elezioni politiche.
Mi sono permesso di ricordare le ricerche di Ricolfi dove dimostra che il centrodestra con un candidato diverso da Berlusconi prevarrebbe su Prodi. Non sta a me dire quale. Può essere Casini come Tremonti o Pisanu o Formigoni o la Moratti o Letta o altri ancora. Ciò che conta è impedire che questa Sinistra vada al potere perché – nella rissa continua – si troverebbero uniti solo per sfasciare il Paese. Per me certamente Berlusconi è mille volte meglio di Prodi, ma il Cavaliere deve convincere gli italiani. Se i sondaggi dimostreranno che queste giornate di presenzialismo lo premiano, colmando lo svantaggio, va bene anche lui. Ma se lo svantaggio resta grande è il Cavaliere stesso che deve decidere se consegnare l’Italia ai compagni o no. Berlusconi può mandare Bertinotti al potere o può propiziare un rinnovamento vincente della Casa delle libertà. Sarebbe il suo capolavoro. Lo renderebbe meritevole del Quirinale.
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