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VERSO UNA NUOVA GUERRA DEL GAS TRA RUSSIA E UCRAINA

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(WSI) – Le dichiarazioni tranquillizzanti si sprecano, a Mosca come a Kyiv, ma i fatti sono ostinati e non tranquillizzano: all’inizio del nuovo anno con ogni probabilità assisteremo a una ripresa della “guerra del gas” che già nel 2009 ha lasciato al freddo per qualche settimana diversi Paesi dell’Unione Europea. Russi e ucraini, infatti, difficilmente si asterranno dal brandire di nuovo l’arma delle forniture di gas, prendendo in ostaggio l’Europa.

La situazione è semplice. L’Unione Europea dipende dalla Russia per un quarto dei propri consumi di gas naturale, e ancora non dispone di sufficienti alternative per il caso di guai. Il gas russo passa in larga misura per le pipeline ucraine. Russia e Ucraina però sono entrambe in crisi economica e hanno un vasto contenzioso politico.

L’Ucraina è tornata indipendente vent’anni fa dopo due secoli di unione con la Russia. Tre quarti degli ucraini parlano abitualmente il russo, un quarto addirittura non è in grado di esprimersi nella lingua nazionale. In Crimea, che non è mai stata parte dell’Ucraina e dove ormeggia la flotta russa del mar Nero, la popolazione si sente russa. Mosca sta distribuendo nella zona i suoi passaporti, il che desta inquietudine perché l’attuale dottrina militare del Cremlino contempla gli interventi oltre confine per difendere i cittadini russi. Se puo’ interessarti, in borsa si puo’ guadagnare accedendo alla sezione INSIDER. Se non sei abbonato, fallo subito: costa solo 76 centesimi al giorno, provalo ora!

All’interno dell’Ucraina alla crisi economica si affianca quella politica. Il Paese è dilaniato dal duello fra il primo ministro Julija Tymoshenko e il presidente, Viktor Jushchenko, alleati ai tempi della cosiddetta “Rivoluzione Arancione” ma oggi irriducibili nemici. La Costituzione ucraina, né decisamente parlamentare né decisamente presidenziale, crea innumerevoli occasioni di scontro. Almeno fino a gennaio, quando si terranno le elezioni presidenziali e i due rivali saranno entrambi candidati, con un consenso molto maggiore per la Tymoshenko che per Jushchenko. E con un poderoso terzo incomodo, Viktor Janukovych, capo del Partito delle Regioni, alfiere delle esigenze della parte orientale russofona del Paese e in buoni rapporti con Mosca.

Fino al 2008 l’economia ucraina ha avuto alti tassi di crescita. Ma la crisi finanziaria ha colpito duro. Il Paese ha vissuto un assalto alle banche, la svalutazione della sua moneta (la hryvnja), l’emergere di un enorme deficit nella bilancia dei pagamenti. Secondo George Soros, l’Ucraina si è trovata a un passo dal default. La segreteria presidenziale di Jushchenko stima che il pil reale del 2009 scenda del 12,9%, con inflazione al 16,5% e 1,5 miliardi di euro di deficit commerciale.

A salvare l’Ucraina è stato un programma del Fmi, con impegni di finanziamento per 16,4 miliardi di dollari. Una decina sono stati già sborsati, mentre un’ulteriore tranche di 3,8 miliardi è bloccata ai nastri di partenza perché il primo ministro Julija Tymoshenko, contravvenendo ai precisi impegni assunti da Kyiv verso il Fondo, non ha aumentato il prezzo del gas né per la popolazione né per gli utilizzatori industriali, che attualmente lo pagano 100 dollari per 1000 mc: un terzo di quello che costa al Paese importarlo dalla Russia. Il recente default della compagnia del gas, Naftohaz, su un’emissione obbligazionaria di 500 milioni di dollari, non ha sorpreso. L’Ucraina ha un debito enorme nei confronti della Russia per il gas fornito: e se non lo pagherà, i russi interromperanno le forniture come hanno già fatto due volte, coinvolgendo di nuovo l’Unione Europea. E questo, nonostante le assicurazioni di cui è prodiga la Tymoshenko, è ciò che più probabilmente succederà in gennaio.