(9Colonne) – Venezia, 12 apr – “Ogni anno poi ben quattro straordinarie manifestazioni, le inaugurazioni dell’anno accademico: lunghi cortei di tanti professori dei numerosi consigli di facoltà, tutti agghindati con pellicce di ermellino, che si autocelebrano, indifferenti ai tempi che cambiano, come re e cortigiani chiusi nei loro castelli feudali, attenti a tener ben sollevato i loro ponti levatoi, perché non entrino persone non gradite, perché non entri per sbaglio magari qualche nuovo giovane professore con idee moderne, più attento alla sostanza che alla forma, convinto che le università debbano essere dei luoghi dove si fa Scienza e Qualità e non dei Club esclusivi riservati ai soliti noti”. Così giorni fa il presidente degli industriali, Andrea Riello, aveva descritto il sistema universitario regionale in una lettera pubblicata sul Corriere del Veneto. Oggi i rettori delle università venete esprimono “stupore, disappunto e preoccupazione la sortita pasquale del presidente degli industriali del Veneto”. Pier Francesco Ghetti (Ca’ Foscari Venezia), Carlo Magnani (IUAV Venezia), Alessandro Mazzucco (Verona) e Vincenzo Milanesi (Padova) accusano innanzitutto Riello per il tono della lettera, “tono che userebbe chi non ha saputo far tesoro della buona educazione ricevuta in famiglia”. Che senso ha – si chiedono i rettori, riferendosi a un altro passaggio della lettera di Riello – “fare paragoni con atenei appartenenti a sistemi universitari europei, ad esempio il politecnico di Zurigo, in cui chi governa quegli atenei ha a disposizione risorse per studente otto volte superiori a quelle su cui possiamo contare qui da noi? E dimenticare invece che nel sistema universitario italiano –che è quello con cui ha senso fare confronti per dare giudizi- le università venete risultano sistematicamente tra le prime in tutte le valutazioni?”. “E come mai – proseguono i quattro rettori – i dottori di ricerca che queste “pessime” università formano sono contesi dai migliori atenei stranieri, anche in Usa, o trovano subito chi li assume con posizioni di responsabilità in aziende fuori dal nostro Paese, diversamente da quanto accade qui da noi?”. Ghetti, Magnani, Mazzucco e Milanesi ricordano a Riello che “le università non sono, diversamente da quanto egli dimostra di ritenere, “dottorifici” di cui gli industriali siano autorizzati a considerarsi i primi e più esigenti “clienti”. Sono un qualcosa di più complesso, che serve non solo all’industria per acquisire “risorse umane” da inserire nella produzione, ma deve contribuire anche, se non principalmente, a fornire al Paese un contributo di crescita culturale attraverso la formazione di giovani professionalmente preparati e soprattutto attraverso l’avanzamento delle conoscenze in tutti i diversi ambiti disciplinari. Ma stando a quanto investe in ricerca sul PIL regionale, l’imprenditoria veneta (chiedere informazioni in proposito al rapporto McKinsey sull’argomento reso pubblico un paio d’anni orsono) di ricerca scientifica avanzata non sente il bisogno”.
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