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Veltroni vuole commissariare l’Italia: “Subito un governo istituzionale”

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Roma – Ennesimo diktat: Silvio Berlusconi lasci. Mentre nei corridoi dei palazzi di giustizia si fanno sempre più insistenti le voci di nuovi assalti al presidente del Consiglio, la sinistra torna all’attacco e chiede che il governo non termini la legislatura. Ora ci si mette anche Walter Veltroni a dispetto dei consigli offerti da Romano Prodi: “Il Paese ha bisogno di un altro governo. Ha bisogno che si dia rapitamente un messaggio di stabilità, di sicurezza, di affidabilità dell’Italia”. Quel la soluzione, dunque? In una intervista al Corriere della Sera, Veltroni lo dice chiaramente: “Berlusconi oggi è il problema. Serve un governo istituzionale”.

Piace tanto l’idea del governissimo. Un esecutivo tecnico, affidato a tecnici, ma tecnicamente in mano ai soloni della sinistra. Veltroni non è il primo a proporlo. Cavalcando la congiuntura economica che settimana scorsa aveva visto la speculazione prendere di mira piazza Affari, la sinistra predica – un giorno sì, e l’altro pure – la necessità di una ricetta che, negli anni passati, si era già rivelata fallimentare. Dietro la maschera super partes, infatti, gli esperti al potere vengono sempre orientati dalla sinistra. Da Giuliano Amato a Carlo Azeglio Ciampi, finanche a Lamberto Dini, i governi tecnici hanno saputo soltanto mettere le mani nelle tasche degli italiani. Eppure l’opposizione, spalleggiata da Repubblica e da una certa stampa internazionale (lo Spiegel titola una sua analisi “perché è giusto punire l’Italia”, mentre l’Economist accusa il Belpaese di distruggere l’euro), continua sempre con la stessa cantilena. E’ un attacco su più fronti. “Il governo italiano attuale è assolutamente inadeguato alla gravità della situazione – spiega Nouriel Roubini, economista della New York University, in una intervista al quotidiano di Ezio Mauro – non potete scherzare con il fuoco:è impensabile che si arrivi al 2013, visto anche che il clima elettorale renderà difficile varare misure impegnative”. Insomma, l’ultimatum è sempre lo stesso: il governo non può e non deve portare a termine la legislatura.

La sinistra continua a proporre una sorte di commissariamento del Paese: vorrebbe, infatti, accantonare il governo legittimo, scelto dagli elettori e sostenuto da una solida maggioranza in entrambe le Camere del parlamento, a beneficio di un confuso scenario tecnico-istituzionale. Una fase di “decantazione” che servirebbero soltanto a sterilizzare la normalità democratica e a preparare la strada alla sinistra. “Il Paese ha bisogno di un altro governo – tuona Veltroni sul Corriere – ha bisogno che si dia rapidamente un messaggio di stabilità, di sicurezza, di affidabilità dell’Italia”. Insomma, per Veltroni, il Cavaliere sarebbe “un ostacolo alla liberazione delle energie in Italia”. L’idea dell’esponente piddì è, appunto, quella di un “governo presieduto da una persona che sia affidabile e credibile per l’Italia e per l’Europa” e faccia la riforma elettorale e “scelte anche dolorose contro l’emergenza economica”. Lo chiarisce ancora meglio Pier Luigi Bersani in una intervista all’Unità: “Siamo pronti a discutere la possibilità di una fase di transizione che nei tempi utili consenta una riforma elettorale. Ma a condizione che i vecchi protagonisti si facciano da parte”.

Il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, svela che “Veltroni ha in mente è lo scenario ’93″….

Anche allora, infatti, le stagioni tecniche dovevano portare alla vittoria della “gioiosa macchina da guerra” all’inizio del ’94, che però fu impedita dalla sorpresa rappresentata da Silvio Berlusconi. “Oggi si ritenterebbe l’operazione, essendosi garantiti una preventiva messa fuori gioco di Berlusconi e una condizione di passività politica del centrodestra”, assicura Capezzone ricordando,però, alla sinistra che “la maggioranza non è disposta a subire nulla di simile”. Pittosto scettico anche il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, che si chiede per quale motivo, al diktat di Veltroni, “dovrebbe piegarsi anche un Pdl rispettoso non tanto delle regole quanto delle volontà di De Benedetti”.

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