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Valextra, no logo per scelta

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La società, i pezzi che ne hanno fatto la storia e i progetti che l’hanno portata con un’eleganza eclettica e senza tempo nel futuro

Un equilibrio perfetto tra passato e futuro, fra artigianalità e modernità, tra grafismo e colore: sono queste le parole che descrivono al meglio l’essenza di Valextra che nel 2017 ha festeggiato il suo 80° anniversario di attività.
Un brand che negli anni ha saputo reinventarsi senza perdere la sua vera natura, quella di essere a tutti gli effetti sinonimo di qualità, eleganza e lusso discreto.

Flashback al 1937. Pochi anni prima della seconda guerra mondiale, Giovanni Fontana fonda Valextra con un’idea, quella di creare un’azienda che unisca l’arte artigiana con l’innovazione più audace, e far nascere così un prodotto che esprima l’essenza dello stile milanese: chic, sobrio, mai sopra o sotto le righe ma distinto quanto basta per dare nell’occhio.

Un prodotto no-logo per natura. Perché? “Molti lo attribuiscono a un certo ‘snobismo’, in realtà Valextra ha delle origini legate al mondo dell’architettura e del design degli anni ’50 e ’60” racconta Sara Ferrero, amministratore delegato della maison dal 2015. “Nessuno ha mai pensato di mettere un logo su una sedia o su un divano, il logo non deve quindi diventare il focus. Il nostro è un brand molto understated e vuol mettere al centro la personalità e l’individualità di chi lo sceglie”.
Il prodotto segue degli schemi importanti: la parte grafica minimalista e quello che Ferrero descrive “engineered beauty”, dove ogni dettaglio deve avere la sua funzione. L’esterno tende a essere essenziale mentre l’interno funzionale al massimo. La costruzione a costa, la distintiva linea nera e i materiali tipici – le vacchette lavorate e martellate – rendono questi oggetti unici e riconoscibili nel tempo. “Chi sceglie Valextra lo fa per un discorso di qualità, estetica e durata. Uno dei grandissimi vantaggi dei nostri prodotti inoltre è che pesano la metà di quelli di altri marchi di lusso”.

Le ultime collezioni partono dall’archivio e dai modelli più iconici e introducono, stagione dopo stagione, nuove forme e dettagli distintivi. Tra i best-seller da uomo ci sono il portamonete Tallone del 1948 e il Grip Spring Wallet del 1951, caratterizzato da una forma sottile e funzionale.
Tra i prodotti storici del gruppo la ventiquattrore Diplomatica creata nel 1960, con una struttura interna in acciaio interamente applicata e rivestita a mano, e la valigetta Avietta del 1961, la prima 48 ore a mano stivabile nello scompartimento cabina di un aereo.
Così come il borsello da polso Tric Trac creato dal fondatore nel 1968 dopo aver visto un tassista londinese che riponeva chiavi, monete e ricevute in una piccola scatola, e la linea di valigie Costa, immaginata per tutti i frequentatori del jet-set, dagli aristocratici ai bon vivants, dedicata a chi ama spostarsi in macchina o con l’aereo privato.
Il successo di questi oggetti nel tempo? “È dato da una modernità insita che fa si che chiunque li indossi si senta subito più elegante”. Valextra ha sempre avuto e continua ad avere, anche nei modelli storici, una modernità che gli deriva da linee grafiche e da un hardware disegnato come se fosse un dettaglio di gioielleria. Oltre al fatto che i prodotti della maison hanno sempre risposto alle esigenze del momento, come accaduto negli anni ’50: avere un portafoglio super slim come il Grip Wallet, molto più comodo da tenere nei pantaloni e non nella tasca della giacca come si faceva fino ad allora, è stata un’idea rivoluzionaria).

Ritorno al futuro: l’evoluzione creativa della maison si può vedere invece nella V line, nelle silhouette My Logo, nelle borse da viaggio Folding e Polyedrical e nel Travel Wallet del 2004, un must-have per i giramondo più raffinati, ideale per custodire la carta d’imbarco, gli assegni e il passaporto. Si passa da borse morbidissime e spaziose a forme rigide e compatte, impreziosite da dettagli raffinati e inediti, perché l’innovazione è una parte fondamentale del Dna del brand.

Ma chi è l’uomo Valextra? “È una persona molto attenta alla qualità, all’estetica e ai dettagli. E non solo quando sceglie un portafoglio, un portachiavi o una borsa. La sua casa è come quella del professore George (interpretato da Colin Firth) del film A Single Man di Tom Ford: è pulita e lineare, con alcuni oggetti di una bellezza incredibile. La loro posizione sembra casuale ma in realtà è un caso molto studiato e perfezionato nel tempo. È un personaggio con grande gusto ed è leggermente ossessivo. Questo è il nostro uomo”.

 

L’articolo integrale di Margherita Calabi è stato pubblicato sul numero di marzo del magazine Wall Street Italia