(WSI) – La megassemblea londinese di 130 banchieri da tutto il mondo, delle più prestigiose case bancarie di tutto il pianeta, tutti uniti per cercare di coalizzarsi e sconfiggere Enrico Bondi, rischia di far entrare definitivamente nel mito quel che già era quasi leggenda. La leggenda del Grande Risanatore: in un paese buono spesso a sfornare grandi crack e scialacquatori di professione, e dove da un anno a questa parte i casi Cirio e Parmalat non hanno indotto né la politica, né Bankitalia, a concordare regole nuove per garantire ai risparmiatori di non finire con miliardi di euro andati in fumo, c’è solo il grande solitario che in silenzio prova a venir a capo di tutto.
Mentre le indagini penali delle Procure sui vertici bancari si arenavano dopo i primi chiassosi avvii, e mentre solo ora dalla Procura di Milano fioccano i primi avvisi per quello di aggiotaggio a sette diversi istituti italiani ed esteri, Bondi ha proceduto in silenzio, come sempre ha fatto in tutti gli incarichi d’emergenza affidatigli in passato, dal crack Ferfin al riordino del gruppo Ligresti a quello Lucchini, prima di essere chiamato d’urgenza al capezzale di Collecchio.
Tutta la diffidenza che le banche italiane provavano nei suoi confronti come «uomo di Cuccia», colui che le aveva piegate ad accettare perentoriamente la conversione di crediti in capitale dopo che esse avevano tenuto bordone per anni alle disinvolture della Ferruzzi, sparì di colpo un anno fa, quando ci si interrogava su chi potesse avere fegato e serietà per capire che fine avevano fatto 14 miliardi di euro spariti nel buco nero dei Tanzi.
Pochi mesi prima, Umberto Agnelli aveva in realtà pensato a lui anche per affidargli la Fiat, e Dio solo sa se non sarebbe stato immensamente meglio di tutto ciò che Bazoli e le banche imposero invece in alternativa, visto che Torino dal tunnel ancora non è uscita.
I nemici del Grande Risanatore Solitario hanno continuato a scrivere che sugli esiti straordinari della rimessa in bonis di Ferfin pesò più delle sue doti l’arrivo di compratori disposti a pagare tanto Edison (Edf) e Fondiaria (Ligresti). E Ligresti prestò forse orecchio ai maldicenti, quando rinunciò ai suoi servizi come capo della nascente FonSai. E anche Marco Tronchetti, in Telecom, si giovò del buon nome di Bondi verso le banche solo per pochi mesi, prima di «pirellizzare» l’intero vertice del gruppo strappato a Colaninno grazie al «tradimento» dei bresciani.
Ma tant’ è. Ora si è finalmente capito che c’è una ragione che supera ogni presunta appartenenza di Bondi a scuderie del potere, se lui è il manager più ricercato d’Italia non nel senso giudiziario del termine. Dai suoi fidati collaboratori, una razza di «portasilenzio» come Umberto Tracanella e Guido Angiolini, non è mai uscita una parola in tanti mesi, non un’indiscrezione alla stampa, non un preavviso di che cosa il Grande Solitario si accingeva a fare.
Prima ha perfettamente ricostruito quanto di quei 10 miliardi era venuto dalle banche – per più di due terzi, tra prestiti e collocamenti obbligazionari – e quanto alla fine risultava sparito nel nulla, oltre 2 miliardi di euro che ancora mancano all’appello. Poi, mentre le banche italiane ed estere continuavano a proclamarsi – nel crescente e imbarazzato silenzio della politica e dei regolatori – “vittime” dei Tanzi, ha proceduto alla mancata ammissione alla lista dei crediti di oltre l’80 per cento preteso dagli istituti americani, di oltre il 70 di quelli europei, e di oltre il 60 di quelli italiani.
Una percentuale che fotografa l’esatto giudizio del grande Risanatore Solitario, su quanta parte delle operazioni bancarie siano state condotte negli anni in malafede e per improprio tornaconto, con il gruppo di Collecchio. Non contento, ha avviato revocatorie per oltre 20 miliardi di dollari, al punto tale che Wall Street Journal e New York Times l’hanno paragonato all’unico europeo capace davvero e a buon titolo di avvicinarsi al mitico procuratore di New York Spitzer, il castigamatti della finanza avventurista americana.
Purtroppo, anche ora che a Londra l’armata dei banchieri si raccoglie all’olifante della vendetta, non una sola voce si è levata a difesa del grande Risanatore Solitario. Chi ne conosce la scabra e silenziosa pasta personale, chi sa con quanta determinazione da anni Bondi cerchi di tornare ai suoi amati ulivi dell’aretino, sa che quei sostegni non se li aspetta. A fare il tifo per lui, gli 85 mila bondholder spodestati di Collecchio. Contro, il resto del mondo.
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