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Utili fuori bilancio: distribuzione ai soci

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Si scoprono utili extrabilancio? E’ immediata l’imputazione pro quota ai soci. Lo ha stabilito la sezione tributaria della Cassazione con la sentenza n. 25688 dello scorso 4 dicembre pronunciandosi sulla vicenda cha ha visto protagonista una società di capitali a ristretta base azionaria, in relazione alla quale erano stati accertati degli utili non contabilizzati: tali redditi occulti – secondo la Suprema Corte – si considerano distribuiti nell’esercizio in cui sono stati realizzati, a nulla valendo, in tal caso il principio, secondo cui la distribuzione degli utili può essere effettuata soltanto dopo l’approvazione del bilancio e della relativa deliberazione.
La società srl in questione, nei primi due gradi di giudizio, aveva visto accolto il proprio ricorso sulla base dei seguenti elementi : la doppia presunzione alla base dell’accertamento (maggior reddito della società partecipata e distribuzione degli utili al socio) la distribuzione degli utili era stata presunta in un periodo di imposta diverso da quello in cui era avvenuto l’accertamento. Diverso l’orientamento della Cassazione che si è manifestato nella sentenza in esame. Per quanto riguarda la prima motivazione, i giudici, richiamando precedenti pronunce, hanno ritenuto legittimi gli accertamenti emessi a carico dei soci di società di capitali a ristretta base societaria, stabilendo che “…in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti: operazione logica questa che non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci..”.Una posizione che richiama chiaramente quanto statuito dalla stessa Corte nella sentenza n. 16885/2003 nella quale si affermava che “..pur non sussistendo – a differenza di una società di persone – una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci non può considerarsi illogica – tenuto conto della “complicità” che normalmente avvince un gruppo così composto – la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili ai soci..”.
Relativamente alla seconda motivazione addotta dalla società nei primi due gradi di giudizio, la Cassazione non ha ritenuto applicabili alla fattispecie in esame le disposizioni contenute nell’articolo 2433 del Codice Civile nella parte in cui prevede che la distribuzione degli utili può essere effettuata soltanto a seguito dell’approvazione del bilancio e della relativa deliberazione: tali norme, infatti, riguardano solo gli utili “reali” evidenziati dal bilancio e che non possono essere distribuiti se prima non vi è stata la sua formale approvazione. Diverso il discorso per gli utili extracontabili che non possono essere trattati secondo le regole (contabili e civilistiche) che disciplinano la gestione “fisiologica”.
Non sarebbe, quindi, possibile e legittima , a differenza degli utili regolarmente indicati in bilancio, una delibera di distribuzione ufficiale, considerato che, per la loro natura necessariamente “occulta” , tali maggiori redditi devono rimanere sconosciuti ai creditori e ai terzi, sia nella fase di realizzazione che in quella di distribuzione ai soci.
Si richiamano così le disposizioni contenute nella sentenza n. 7564/2003 nella quale la Suprema Corte ha stabilito che la presunzione di distribuzione dell’utile “extrabilancio” nell’esercizio in cui è stato realizzato è in re ipsa e che quindi non occorre un’apposita deliberazione.
Resta, comunque, ferma la possibilità per il contribuente-socio di dimostrare in giudizio che tali maggiori redditi realizzati non sono mai stati distribuiti oppure che la distribuzione degli utili è avvenuta in un differente periodo d’imposta, qualora l’accertamento del reddito di partecipazione riguardi il medesimo periodo d’imposta in cui è stato accertato l’utile nei confronti della società partecipata.

di Alberto Savarese