Mercati

Usa: vino italiano senza trucioli, export +8,5%

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

E’ boom per il vino made in Italy senza trucioli negli Stati Uniti con un aumento delle esportazioni in quantità dell’8,5 per cento e la concreta possibilità di raggiungere a fine anno un valore di un miliardo di dollari per oltre 2 milioni di ettolitri, anche grazie all’effetto traino della vittoria dei Mondiali di calcio. È quanto stima la Coldiretti sulla base di un’analisi dei dati dell’Italian Food Wine Institute nei primi otto mesi del 2006, dai quali emerge che la produzione italiana garantita per l’assenza di trucioli conquista saldamente la leadership nei confronti dei concorrenti australiani, dove queste pratiche sono invece ammesse.
Secondo la Coldiretti con il decreto annunciato dal ministro delle Politiche agricole, Paolo De Castro, in cui si vieta l’utilizzo dei trucioli solo per i vini Docg e Doc, che rappresentano meno di un terzo della produzione nazionale, “si fa un passo indietro nel rapporto di trasparenza tra consumatori e produttori, perché significa di fatto il via libera all’utilizzazione dei trucioli nel 70 per cento della produzione italiana. Non bisogna mettere a rischio – precisa la Coldiretti – il rapporto costruito nel tempo tra consumatori e produttori di vino made in Italy, che è fatto per la maggioranza di vini da tavola e Igt esclusi dalla tutela nei confronti di una pratica ingannevole e dannosa”.
Il vino italiano copre da solo quasi un terzo in quantità (31 per cento) del mercato dei vini stranieri negli States, seguito da vicino con il 29 per cento dall’Australia, costretta a “svendere” il proprio vino con una politica di bassi prezzi e con il 14 per cento dalla Francia, che dopo anni di difficoltà inverte la tendenza e fa segnare il tasso di crescita più elevato (più 29,7 per cento). “Per l’Italia si tratta di un risultato incoraggiante”, sottolinea la Coldiretti riferendosi alla vendemmia in corso considerata buona dal punto di vista qualitativo, ma contenuta nelle quantità su livelli simili a quelli dello scorso anno attorno ai 50 milioni di ettolitri.
Il vino, si precisa nella nota, è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale, che trova negli States il primo mercato extracomunitario di sbocco con un quarto del valore totale delle esportazioni di vino made in Italy. A spingere la crescita sono sicuramente qualità e competitività della produzione italiana rispetto alla concorrenza, ma anche la crescita complessiva del 10,5 per cento della domanda di vino straniero da parte degli americani. I risultati del 2006, sostiene la Coldiretti, “dimostrano la presenza di nuove e rilevanti opportunità di crescita” del vino made in Italy, che nello scorso anno raggiunge un fatturato record di 9 miliardi di euro, 3 dei quali attraverso l’export, con quasi un terzo della produzione destinata ai 361 vini nazionali Doc e Docg.
Un deciso orientamento alla qualità che, spiega Coldiretti , fa diventare il vino uno dei più autorevoli ambasciatori dell’Italia nel mondo, tanto che i risultati di una ricerca dell’Istituto Piepoli, commissionata dall’istituto Leonardo e dall’Ice, evidenzia come per uno straniero su due (45 per cento) siano i vini e il cibo la prima cosa che viene in mente pensando all’Italia, più che i luoghi (20 per cento), l’abbigliamento (19 per cento) e il calcio (15 per cento). “Un patrimonio di immagine per le imprese nazionali che – conclude la Coldiretti – va difeso nei confronti delle imitazioni e della concorrenza sleale fondata sulla mancanza di trasparenza nell’informazione sulle caratteristiche dei prodotti in riferimento alle modalità di invecchiamento e alle tecniche utilizzate, come l’utilizzazione dei trucioli per invecchiare il vino”.