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USA: UNA CAMPAGNA DA UN MILIARDO DI DOLLARI

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(WSI) – “In politica ci sono due cose importanti – diceva nel 1896 Mark Hanna, lo stratega del presidente americano William McKinley – la prima sono i soldi e non mi ricordo quale sia la seconda”. La partita tra Barack Obama e John McCain si gioca anche su questo, sul ruolo e sull’influenza del denaro nel processo politico, non solo su chi sarà capace di raccogliere più finanziamenti.

La campagna elettorale, finora, ha movimentato 950 milioni di dollari, già 250 milioni in più rispetto al ciclo elettorale del 2004. Il tetto di un miliardo di dollari sarà superato facilmente. La macchina da soldi di Obama ha già raccolto 264 milioni di dollari, contro i cento di McCain, ma il Partito repubblicano ha fatto meglio dei democratici. Oggi McCain e i repubblicani hanno a disposizione 85 milioni cash, mentre Obama e i democratici venti di meno, facilmente recuperabili anche grazie al consistente gruppo di contribuenti clintoniani ora pronti a sostenere il vincitore delle primarie.
Entrambi i candidati hanno un curriculum da riformatori e sono impegnati a ridurre il potere dei lobbisti e il condizionamento degli interessi speciali.

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Ma una cosa è fare politica da outsider, un’altra da candidati alla Casa Bianca. A volte qualche compromesso è necessario. McCain è l’autore della legge McCain-Feingold che limita e regolamenta il finanziamento alla politica, Obama è stato l’unico candidato a rinunciare ai soldi dei lobbisti (e a restituire i finanziamenti ricevuti dall’amico e consigliere Tony Rezko, prima accusato e poi condannato per corruzione).

McCain è noto per le sue battaglie contro i gruppi di pressione di K Street, ma Obama e i democratici lo accusano con un efficacissimo spot televisivo lanciato ieri mattina di avere tra i suoi top advisor gente che ha rappresentato gli interessi di governi stranieri, di feroci dittatori, di oligarchi russi, della famiglia reale saudita. Un paio di consiglieri si sono dimessi per aver curato gli interessi del regime birmano, anche se poi al Senato McCain si batte per impedire ai petrolieri della Chevron di fare affari con la giunta di Rangoon e i democratici sono favorevoli.

Il principale punto di scontro tra i due è quello del finanziamento pubblico. McCain accusa Obama di non voler onorare la promessa di accettare i soldi federali, una cosa mai successa da quando il “public financing” è stato introdotto nel 1976. Obama è convinto di poter raccogliere più soldi di quelli garantiti dalle casse federali e non vuole essere legato ai limiti di spesa imposti dal finanziamento pubblico.

Il candidato che riceve gli 84 milioni federali, da spendere tra le convention di fine agosto e inizio settembre e il giorno delle elezioni, rinuncia a convogliare nel processo ulteriori soldi.

Per evitare un contraccolpo alla sua immagine di uomo nuovo della politica, Obama giustifica il suo probabile rifiuto spiegando di aver messo in piedi un esercito di un milione e mezzo di piccoli contribuenti che può essere considerato un modello parallelo di finanziamento pubblico. I repubblicani fanno notare che nelle ultime due dichiarazioni dei redditi Obama non ha messo la croce sulla casella “3 dollari per la campagna presidenziale”, e lo accusano di considerare buoni soltanto i soldi che raccoglie lui.

Trucchi per aggirare le leggi

Obama però ha confermato le sue credenziali riformatrici annunciando che sotto la sua guida d’ora in poi anche il Partito democratico, anche se non retroattivamente, adotterà le regole contrarie a ricevere i finanziamenti dei lobbisti federali e dai Pac, i comitati di azione politica che intervengono a sostegno di un candidato o di una battaglia politica. McCain, pressato da Obama, invece non sembra disposto a rinunciare a quei soldi, anche se sono una percentuale minima del totale, e spiega che aggirare le regole autoimposte dal suo avversario è facile, tanto è vero che Obama riceve contributi individuali da gran parte dei top manager di hedge fund e dai dipendenti di varie corporation.

McCain, invece, aggira la sua stessa legge che limita a 2.300 dollari il contributo massimo che una persona può versare a un candidato. Il senatore dell’Arizona, infatti, sta già delegando al partito la raccolta fondi, in modo che i grandi donatori possano versare in un colpo solo 70 mila dollari: 2.300 per le primarie, altri 2.300 per le presidenziali, 28.500 per il partito nazionale e il resto a comitati locali, anche se poi saranno tutti usati a favore del candidato.

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