Società

Usa: un’economia sempre più attanagliata dalla paura

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Se potesse vedere lo stato delle cose oggi nel suo paese, certamente il 32esimo presidente Usa Franklin Delano Roosevelt non sarebbe del tutto soddisfatto. Fu proprio lui, infatti, a proferire la celebre frase, ripresa più volte dai suoi ammiratori contemporanei e non, secondo cui, “se c’è qualcosa da temere è la paura stessa”. Una frase che gli americani sembrano aver messo purtroppo, almeno per ora, in cantiere.

“The fear economy”: così sintetizza nel titolo un articolo di Cnnmoney, nel descrivere la peculiare situazione in cui versa l’economia americana. Lo stesso presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha parlato la scorsa settimana di un senso di “incertezza inusuale” che pende sull’outlook della congiuntura a stelle e strisce.

E ci sono poi i numeri, che non lasciano spazi a dubbi: le aziende americane stanno riportando solidi profitti e hanno in cassaforte anche un ammontare di cash record, pari a quasi 1.000 miliardi di dollari, che sta continuando tra l’altro a crescere. Nonostante questo, queste stesse aziende sono riluttanti ad assumere o a effettuare investimenti, letteralmente paralizzate dalla paura.

“Le società rimangono nervose guardando all’economia, ai costi che devono sostenere, ai loro prodotti – fa notare Howard Silverblatt, analista senior di S&P – Non è questo un contesto che incoraggia le spese e gli investimenti”.

A frenare la propensione al rischio delle aziende Usa sono diversi fattori, tra cui la questione dei conti pubblici in Europa e il timore di un rallentamento economico in Cina. Ma c’è poi anche la minaccia della deflazione, di cui un numero sempre più elevato di economisti sta iniziando a parlare. E di certo, la prospettiva di un calo dei prezzi preoccupa le società sulla loro reale capacità di continuare a fare profitti.

“Le aziende guardano a questo mondo caotico e incerto. Non è dunque sorprendente che continuino a sedere su grandi quantità di cash”, afferma Allen Sindai, responsabile economista globale di Decision Economics.

C’è poi il fattore “consumatori”. Questi ultimi sembrano aver imparato infatti la lezione dell’ultima crisi finanziaria esplosa due anni fa. Risultato: si spende decisamente di meno. Molti americani hanno deciso infatti di risparmiare o di rimborsare l’ammontare dei debiti accumulati: una scelta che appare sicuramente virtuosa, afferma lo stesso Cnnmoney, ma che rischia di soffocare la crescita della congiuntura. E a dimostrarlo è lo stesso dato relativo alle vendite al dettaglio Usa, che ha registrato una flessione negli ultimi due mesi.

“I consumatori sono chiaramente preoccupati per la mancanza di lavoro e ancora di più per la mancata crescita dei loro redditi”, spiega Ken Goldstein, economista di Conference Board.

E infine, come se non bastasse, gli effetti degli stimoli fiscali che l’amministrazione Obama ha lanciato agli inizi del 2009 per contrastare gli effetti della crisi economica, sono ormai agli sgoccioli e dovrebbero smorzarsi quasi del tutto nel secondo semestre del 2010.

In questo contesto, l’unica forma di certezza sembra essere l’incertezza che pende sulla strada della ripresa; in tutto questo, ci sono poi anche analisti che parlano di una probabilità compresa tra il 10% e il 25% di un altro downturn dell’economia Usa. Una minaccia che fa accapponare la pelle, così come fa accapponare la pelle la scadenza, il prossimo primo gennaio del 2011, degli sgravi fiscali che sono stati varati a favore dei cittadini Usa nel 2001 e nel 2003.

La parola, a questo punto, spetterà come sempre a Obama.