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USA: UN COMMENTO SUGLI ULTIMI DATI MACROECONOMICI

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E’ risultato in calo il dato sugli ordinativi durevoli di maggio, anche nella parte core. Il dato è stato piuttosto sorprendente visto che nessuno degli analisti si attendeva una variazione negativa mensile. Si tratta indubbiamente di un dato volatile.

Il motivo di attenzione è però a nostro avviso il seguente: il calo del mese di aprile poteva essere messo in conto come assestamento degli ordinativi dopo una fortissima crescita nel bimestre febbraio-marzo. Ci si aspettava però a maggio una ripresa, immaginando le aziende propense ad approfittare degli incentivi fiscali (presenti fino a fine 2004) che consentono si spesare in bilancio una quota più elevata di ammortamenti a fronte di investimenti in impianti e macchinari.

Anche le sottocomponenti non sono positive. Così ad esempio è continuato, per il secondo mese consecutivo, il calo della sottocomponente al netto della difesa e degli aerei, in genere utilizzata come approssimazione della spesa per investimenti. Rileviamo inoltre che è ricominciato a salire il rapporto scorte /consegne, anch’esso in rialzo per il secondo mese consecutivo.

Leggermente al di sopra delle attese anche il dato sui sussidi settimanali per la disoccupazione. La pubblicazione dei dati è risultata contestuale anche con la notizia di un secondo attentato in Turchia dove il prossimo lunedì e martedì si terrà un vertice della Nato e questo week end è atteso l’arrivo di Bush ad Ankara in preparazione del summit.

I dati macro al di sotto delle attese insieme alle rinnovate tensioni geopolitiche hanno ridato supporto ai bond indebolendo il Dollaro. Occorre notare come in questo caso non si è avuta una reazione al rialzo del petrolio mentre invece l’oro si è riposizionato sui 400$/oncia. Eppure la notizia di un prolungamento dello sciopero in Norvegia (terzo esportatore mondiale di greggio) insieme alle tensioni geopolitche avrebbero potuto costituire un buon motivo di rialzo del greggio che continua a stazionare intorno ai 37,5$/b.

Netta invece la reazione al rialzo dell’oro. In questo caso riteniamo che incidono non solo le tensioni geopolitiche ma anche le aspettative di permanenza dei tassi reali a breve termine su livelli negativi. In sostanza, laddove si profilasse un quadro macro Usa meno forte rispetto a quanto atteso, la Fed potrebbe essere meno propensa ad effettuare rialzi aggressivi dei tassi.

In questo senso, l’andamento dell’oro, può essere considerato una buona approssimazione delle aspettative sulla sostenibilità della crescita negli Usa o quantomeno della permanenza del ritmo sui crescita sui livelli attuali anche per il secondo semestre.

Infine un’ultima nota sull’andamento delle breakeven inflation dei linkers europei. Notiamo come la breakeven inflation sul Btpi a 10 anni si sia posizionata intorno ai 230 bps ossia un valore praticamente pari alle attese del cpi spot del’Euro-12 di giugno. Si tratta di un atteggiamento che in diversi casi è già emerso: gli operatori, in prossimità della pubblicazione di un nuovo dato sul cpi, tendono a prezzare la Break even a lungo termine su valori prossimi allo spot Cpi.

* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.