Si profila una stagione all’insegna dei saldi per viaggi, vacanze e shopping a stelle e strisce. Grazie al supereuro che viaggia ormai sopra quota 1,36 dollari, avvicinandosi al record storico di 1,367 raggiunto a fine 2004 (ieri a 1,3607; poi ripiega sotto 1,36), il Nuovo Continente, ma anche tutti i Paesi le cui monete sono legate al dollaro, registra infatti prezzi stracciati per i turisti di Eurolandia: uno sconto cioè del 10 per cento solo rispetto a un anno fa.
Risparmi dell’8 per cento
Per gli italiani in partenza per l’America un biglietto verde, tanto per avere un unità di misura più facile da confrontare con il passato, vale oggi circa 1.400 delle vecchie lire. E così per un hamburger o un tradizionale hot dog, magari accompagnato da una Coca Cola, i turisti del Vecchio Continente potranno risparmiare in questi giorni fino a quasi mezzo euro rispetto a un anno fa. Una notte in un albergo da 100 dollari nella Grande Mela, a fine aprile dell’anno scorso (quando un biglietto verde vale 1,23 dollari contro i 1,363 attuali) costa l’equivalente di 81 euro. Oggi lo stesso hotel a 100 dollari a notte costa agli abitanti di eurolandia 73 euro, quasi 8 euro cioè in meno.
Petrolio piĂą economico
Il supereuro non fa bene solo alle vacanze e allo shopping in terra statunitense, ma anche alle importazioni: dalle auto di lusso alle jeep, dall’high-tech all’abbigliamento made in Usa. E vantaggi arriveranno anche nelle tasche degli automobilisti e delle famiglie sul fronte dell’energia elettrica e dei carburanti. Il petrolio e i suoi derivati sono, infatti, quotati in dollari e il ripiegamento del biglietto verde innesca una spirale al risparmio che, con l’effetto volà no, dai prezzi di produzione a quelli di trasporto e distribuzione, si dovrebbe riversare anche su quelli finali di molti prodotti al consumo. Per ogni centesimo di dollaro guadagnato dall’euro sul dollaro, i prezzi internazionali delle benzine (Platt’s per l’Europa) si riducono infatti di 2 millesimi di euro al litro.
Effetto boomerang
Non manca, comunque, anche l’effetto boomerang della debolezza del dollaro: a farne le spese rischiano di essere le esportazioni italiane negli Usa e in tutti i Paesi la cui moneta è legata al biglietto verde. Con una penalizzazione quindi del made in Italy, già sofferente sul fronte della competitività .
La mappa degli effetti
Ecco una breve mappa degli effetti legati all’euro forte. Viaggi e turismo: andare oltre frontiera, soprattutto negli Usa o nei Paesi extra-Ue la cui valuta è legata al biglietto verde, costa meno per gli italiani e gli abitanti di Eurolandia in vacanza. Circa il 3 per cento in meno rispetto all’inizio dell’anno e il 10 per cento rispetto a un anno fa. L’impatto è più limitato per coloro che hanno già prenotato o acquistato pacchetti tutto compreso: la programmazione dei tour operator si basa infatti normalmente sul cambio di diversi mesi prima. Benzina ed energia: ripetiamo, per ogni centesimo di dollaro guadagnato dall’euro sul dollaro i prezzi internazionali delle benzine (Platt’s per l’Europa) si riducono di due millesimi di euro al litro. Limitatamente alla componente cambio si riduce, inoltre, il costo dell’energia elettrica con possibili positive ricadute sulle bollette. Inflazione: il rafforzamento della moneta riduce il costo del petrolio, dal quale l’Italia dipende per oltre l’80 per cento delle sue fonti e, quindi, le spese energetiche, sia per quanto riguarda i trasporti che i costi delle imprese, innescando un effetto volà no che dai prezzi alla produzione a quelli di trasporto e di distribuzione, alla lunga, incide anche su quelli al consumo. E, quindi, crea lo spazio per un possibile raffreddamento del costo della vita. Importazioni: cala il costo dell’import in moneta Usa con conseguente potenziale alleggerimento dei prezzi dei beni provenienti da oltre Ue. Export: l’unico settore che può non beneficiare dell’apprezzamento dell’euro. Le esportazioni potrebbero infatti rallentare: la rivalutazione della moneta unica rende meno appetibili i prezzi dei prodotti europei e, dunque, anche di quelli italiani. In compenso, però, le imprese pagheranno meno sui mercati internazionali le materie prime.