Il prodotto nazionale lordo statunitense è volato nel secondo trimestre, con un tasso di crescita del 3,3%, in base al dato definitivo diffuso oggi, superiore al 3,1% della stima provvisoria ed anche alle attese degli economisti.
Ma nonostante questa performance, nettamente superiore a quella di altre macroaree economiche (in Eurolandia si è avuta nello stesso periodo una crescita addirittura negativa, sia pure di poco, -0,1%), le statistiche non dissipano del tutto le incertezze sulla solidità di questa ripresa.
Proprio il dato sul pil è stato del resto oggi accolto con freddezza dal mercato borsistico statunitense, che al contrario ha risentito maggiormente, in senso negativo, del calo dell’ indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’ università del Michigan, sceso a settembre a 87,7.
A preoccupare è sopratutto la sempre più difficile situazione del mercato del lavoro, considerato che ad agosto l’ economia statunitense ha continuato a perdere posti (- 93mila in tutto) e che a tutt’ oggi non ci sono segnali di un’ inversione di tendenza da questo punto di vista.
Oltre a questo, da una lettura attenta del dato finale sul pil nel secondo trimestre, risulta che un contributo sostanzioso a questo risultato è venuto dalle spese governative per la Difesa, salite ad un tasso del 45,8% su base annua, il maggiore rialzo dai tempi della guerra di Corea, cioé dal 1951.
Le aziende, da parte loro, continuano ad essere caute, considerato che le scorte si sono ridotte di 17,6 miliardi di dollari rispetto ad un anno fa, e si tratta in questo caso del più consistente declino dal primo trimestre del 2002, quando la riduzione era stata pari a 28,9 miliardi di dollari. Oltre a questo, nonostante il calo della quotazione del dollaro, il deficit dell’ interscambio commerciale continua a viaggiare su livelli-record, con un ‘rosso’ da 546,1 miliardi di dollari, che ha sottratto 1,29 punti percentuali alla crescita.
A sostenere la crescita del prodotto nazionale lordo, oltre alle spese militari, sono in ogni caso tuttora i consumi, considerato che questa componente ha registrato un tasso di crescita del 3,8%. Proprio la dinamica dei consumi secondo le stime degli analisti dovrebbe in ogni caso permettere di registrare un tasso di sviluppo pari al 4,5% nel trimestre in corso, destinato a ridimensionarsi leggermente al 4,0% nell’ ultimo trimestre.
Quanto alle imprese e detto delle scorte, va inoltre rilevato che gli investimenti fissi sono aumentati del 7,3%, peraltro al di sotto del +8,0% che era stato invece indicato in base alla seconda stima sul pil. E’ però da sottolineare a questo riguardo che gli acquisti di apparecchiature e di software sono saliti ai massimi da tre anni, l’ 8,3% in più. Infine, i profitti societari; gli utili dopo le tasse e rettificati sulla base del valore del magazzino e del deterioramento dei beni capitali sono aumentati del 14,5%, la maggiore crescita dal quarto trimestre 2001.
Ma anche in questo caso – in analogia peraltro con l’ andamento dei consumi – questo risultato è in parte legato ai tagli fiscali adottati nell’ ambito del piano di stimolo all’ economia, che hanno permesso di incrementare i profitti per 18,8 miliardi di dollari su un totale di 662,7 miliardi.
In ogni caso il dato odierno conferma che l’ economia statunitense ha ripreso a correre e ci si attende una dinamica analoga del pil nei successivi trimestri. Il rischio è però a questo punto che corra da sola, senza cioé produrre occupati (e quindi potenziali consumatori in grado di alimentarne il circolo virtuoso), per di più probabilmente aiutata da qualche stimolante di troppo, destinato con il tempo ad esaurire i suoi effetti.