Nel mese di gennaio l’occupazione nel settore non agricolo negli Stati Uniti e’ diminuita di 20 mila unita’, con il dato che si e’ rivelato peggiore delle stime. Il tasso di disoccupazione e’ stato del 9.7%, scendendo dal 10% e portandosi sui minimi da agosto.
I dati sono stati resi noti dal Dipartimento del Lavoro.
Si tratta dell’ennesimo mese in cui le aziende americane – piccole, medie e grandi – licenziano. Dall’inizio della recessione a dicembre 2007 sono stati persi 8.4 milioni di posti. Una cifra enorme.
Per gennaio, le stime degli economisti erano per la creazione di 15 mila posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione era stato previsto invariato al 10%. Il dato di dicembre e’ stato rivisto al ribasso a -150 mila da -85 mila.
Le ore di lavoro settimanali sono state in media pari a 33.3, lievemente superiori alle 33.2 previste. Gli stipendi medi all’ora sono risultati in rialzo dello +0.3% rispetto al mese precedente, a fronte del consensus per un +0.2%. Su base annuale il dato e’ in crescita del 2.5% rispetto a gennaio 2009, numero che si confronta con il +2.2% delle stime degli economisti.
Nonostante la fine della recessione e la, seppur timida, ripresa dell’economia, le aziende americane continuano dunque ad apportare tagli al personale. L’azienda di investimenti di Warren Buffett, Berkshire Hathaway, ha ad esempio ridotto la forza lavoro di 3000 unita’ da dicembre, a causa del calo della domanda di materiali per le costruzioni.
“Se si guarda al business dei tappeti, del mattone e dei materiali isolanti, sono tutti business che hanno avuto una significativa riduzione della forza lavoro”, ha dichiarato Buffett in un’intervista rilasciata a Bloomberg il 20 gennaio scorso. “Il giorno in cui la domanda riprendera’, torneremo ad assumere. Ma non c’e’ nessuna ragione per assumere nuovo personale se i nuovi dipendenti poi non hanno nulla da fare”.