Sulla scia delle dichiarazioni entusiastiche del numero uno della Federal Reserve, Alan Greenspan, sulla produttività americana, molti osservatori, soprattutto tra i politici, esaltano le ”virtu’” di questo indicatore macroeconomico, sottolineando come esso sia un importante motore della redditivita’ delle aziende USA.
Ma molti sembrano trascurare il lato oscuro che la produttivita’ ha recentemente mostrato: l’effetto freno sull’occupazione.
La produttivita’ e’ sicuramente importante per la crescita economica e delle aziende e per il mercato del lavoro. Anzi, da molti e’ considerata il vero motore dei profitti societari, in quanto tiene l’inflazione bassa e allo stesso tempo migliora lo standard di vita dei lavoratori.
Quando un’azienda e’ piu’ efficiente, puo’ aumentare gli stipendi dei dipendenti senza dovere per questo alzare i prezzi di vendita. Cio’ accresce il potere d’acquisto dei lavoratori, che possono cosi’ permettersi di spendere di piu’ per i beni e i servizi prodotti dalla Corporate America.
In questo modo le vendite delle aziende salgono, i profitti crescono e, cosa ancor piu’ importante, i margini si allargano, dal momento che un’efficienza maggiore corrisponde a un abbassamento dei costi per unita’.
Ma non possiamo trascurare il fatto che attualmente l’impatto della produttivita’ sull’occupazione USA e’ negativo.
Dei quattro dati principali che il National Bureau of Economic Research (NBER) utilizza per valutare lo stato del ciclo economico (occupazione, produzione, vendite e reddito), “il singolo indicatore piu’ affidabile” e’ l’occupazione, l’unico che al momento mostra una debolezza maggiore rispetto al trend storico.
Secondo gli esperti, al momento ci troviamo in una fase del ciclo economico in cui, se l’economia dovesse riprendersi, l’occupazione dovrebbe registrare una forte crescita. Invece, l’occupazione e’ salita leggermente da maggio ad agosto, per poi scendere nuovamente a settembre.
E sebbene il tasso di disoccupazione sia risultato in calo per due mesi consecutivi – arrivando al 5,6%, il livello piu’ basso dallo scorso febbraio – e’ ancora dello 0,6% superiore rispetto a un anno fa.
Inoltre, i lavoratori che hanno perso il posto stanno incontrando molte difficolta’ a trovarne uno nuovo. Il periodo medio di disoccupazione per un americano e’ al livello piu’ alto degli ultimi otto anni, con un numero crescente di persone che rimangono senza lavoro per 27 o piu’ settimane.
Siamo quindi di fronte a un nuovo momento di crisi dell’occupazione USA, simile a quello verificatosi piu’ di dieci anni fa, sulla scia della recessione del 1990-91. Se cosi’ fosse, sottolineano gli esperti, ci sarebbero almeno due importanti conseguenze negative.
In primo luogo, la debolezza del mercato del lavoro rischia di incidere notevolmente sulla spesa al consumo, al momento il fondamento della ripresa, e cio’ provocherebbe seri danni alla crescita economica USA.
Inoltre, la mancanza di lavoro potrebbe influenzare le elezioni di novembre. Secondo i sondaggi, infatti, una grande maggioranza di americani ritiene che le attuali condizioni economiche USA siano pessime. E questa e’ sempre una brutta notizia per il partito alla Casa Bianca. Ecco forse perche’ molti tendono a nascondere l’altra faccia della produttivita’…