Società

USA E TOKYO CONCORDANO,
BCE FUORIGIOCO

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I mercati europei ieri hanno interrotto l’ascesa che li aveva tenuti in qualche modo incollati al mini rally che da cinque giorni aveva portato verso l’alto Wall Street, appena chiaro che la lunga attesa per l’invasione dell’Iraq era finita. Piazza Affari ha perso un punto e qualcosa, e in maniera analoga hanno chiuso le altre piazze finanziarie europee.

La frenata è avvenuta per effetto di due diversi fattori. Gli inviti alla cautela sulla durata delle operazioni militari, lanciati al massimo livello dal presidente Bush e dal ministro della Difesa britannico Hoon. Nonché alcune voci sui primi incendi appiccati dagli iracheni a pozzi petroliferi nell’area di Bassora.

Inevitabilmente, anche il prezzo del petrolio è tornato a crescere a questa notizia, dopo che per alcuni giorni era decisamente sceso, rivelando che il mercato non attribuisce alla caduta di Saddam altro effetto se non l’afflusso in tempi stretti di nuova offerta petrolifera sul mercato.

A fronte di tutto questo, sono naturalmente al lavoro i centri previsionali di tutto il mondo, per tentare di quantificare gli effetti che i diversi scenari di guerra potrebbero esercitare sull’economia mondiale. Elaborando le prime proiezioni fatte da Michael Mussa del Fondo monetario internazionale, il chief economist dell’agenzia Dow Jones sottolineava ieri che in ogni caso il costo e la frenata più grave sarà per le economie più deboli. E parlava ovviamente dell’Europa. Anche se ieri Confindustria ha diramato due scenari improntati comunque all’ottimismo, con un calo della crescita italiana al massimo ipotizzabile in poco più di mezzo punto.

Il segnale della relativa importanza attribuita ormai dagli Usa all’Europa viene però da un altro fronte. Il Tesoro e la Fed degli Stati Uniti hanno informato i mercati di aver raggiunto un accordo con il governo e la Banca centrale del Giappone. Washington e Tokyo hanno concordato interventi congiunti sul mercato dei cambi e su quello dei titoli, nel caso in cui il conflitto avesse esiti economicamente destabilizzanti.

Niente di tutto questo è stato chiesto all’Unione europea e alla sua Bce. Non solo. Ieri è circolata la voce a Francoforte che Wim Duisenberg potrebbe ritardare le sue dimissioni dalla presidenza.

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