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UNO SCUDO PER IL FISCO. MENO PER LA PRIVACY

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Questo articolo viene pubblicato per gentile concessione de Il Sole 24 Ore. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Uno scudo per il fisco, meno per la privacy. Chi utilizza lo scudo fiscale beneficia, infatti, di una discreta confidenzialità, ma non di una riservatezza assoluta sul rimpatrio o la regolarizzazione. Dalla complessa disciplina (molti rinvii normativi e circolari) emerge che la dichiarazione da presentare in quattro copie tramite intermediario non è anonima o segreta, ma «riservata».

Il suo contenuto è conoscibile a prima vista a pochi soggetti: pagata l’imposta straordinaria i dati non possono essere utilizzati a sfavore del contribuente (e dei solidalmente obbligati), in ogni sede amministrativa (anche disciplinare o contabile) e giudiziaria.

Contribuiscono alla riservatezza quattro fattori:

– l’imposta non è deducibile o compensabile con altre imposte o tasse;
– lo “scudo” opera anche rispetto a future richieste dell’amministrazione finanziaria rivolte all’intermediario;
– se si determinano gli effetti di non punibilità, non c’è un obbligo automatico di effettuare una segnalazione antiriciclaggio;
– l’intermediario non può fornire informazioni a privati su quanto gli è stato affidato, anche se richiesto a fini di difesa di un diritto (articolo 24 del codice della privacy).

Di contro, la riservatezza è rinunciabile e può essere erosa (come per il rimpatrio diretto di somme, senza intermediario) in diverse situazioni. Per esempio:

– la procedura potrebbe non andare a buon fine – intermediario non abilitato, oggetto non dichiarabile, falsa dichiarazione, pagamento tardivo o incompleto – anche per un tasso erroneo (o eccessivo) di cambio, con restituzione parziale di somme all’interessato;
– la procedura potrebbe risultare “tardiva” o “non spontanea”, intervenendo dopo la constatazione di una violazione o dopo accessi, ispezioni, verifiche o altri accertamenti tributari o contributivi di cui l’interessato abbia avuto formale conoscenza;

– alcuni dati relativi al pagamento dell’imposta in realtà circolano nei relativi modelli o via internet, non sempre in maniera impeccabile;
– in caso di accertamento, gli interessati potrebbero avere alcune difficoltà pratiche nell’opporre lo scudo fiscale;
– potrebbero intervenire accertamenti sopra la soglia “scudata”, oppure riguardanti soggetti solidalmente obbligati o conti cointestati per i quali non è stata presentata un’altra dichiarazione riservata;
– non è esclusa l’iscrizione nel l’anagrafe dei conti correnti delle nuove posizioni aperte (si veda anche Il Sole 24 Ore del 28 luglio scorso su quanto accaduto in passato);

– l’operazione scudata potrebbe essere utilizzata a vantaggio del contribuente o di terzi (e potrebbe anche aprirsi un contenzioso sulla sussistenza di un “vantaggio”), per esempio per estinguere sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali o reati per i quali non si è punibili;
– attività e beni rimpatriati o regolarizzati rientrano nel patrimonio personale – i guadagni, nel reddito imponibile – e in futuro sarà possibile accedere legalmente a successive dichiarazioni dei redditi;

– l’intermediario deve fornire dati e notizie a fini di prova penale o per misure di prevenzione, anche per i reati che restano punibili;
– va definito comunque il profilo di rischio antiriciclaggio del contribuente, il quale, se è necessario, va segnalato alle competenti autorità.
Tutto ciò rende evidente la necessità di un’attenta valutazione dei benefici, ma anche di un’elevata professionalità degli intermediari, tenuti anche a fornire al contribuente l’informativa privacy adeguata.

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