(WSI) – Se avessimo vissuto la giornata di ieri quattro o cinque anni fa, molto probabilmente avremmo avuto il tempo di tirare un attimo il fiato, di vedere mercati sostanzialmente tranquilli e di cercare di riordinarci le idee per affrontare la giornata di riapertura della borse americane dopo il President‘s Day, che avrebbe riportato un po’ di volatilità sui mercati e con essa, parecchie opportunità di trading.
Invece ieri, è successo praticamente di tutto. Se immaginassimo una persona che ha dormito per un lunghissimo periodo e che, svegliandosi, accende la tv per sentire un telegiornale, siamo sicuri che potrebbe credere che sia scoppiata un’epidemia di non si sa che bene cosa che ha colpito il mondo intero. Rivolte in Egitto, guerra civile in Libia, crisi dei debiti sovrani in Europa con qualche Stato periferico che ha rischiato di saltare per aria, continui downgrade da parte delle agenzie di rating a Stati e governi (l’ultimo quello arrivato sul governo giapponese, da stabile a negativo), terremoto in Nuova Zelanda durante la notte, con una magnitudo considerevole, stagnazione economica nella maggior parte dei Paesi industrializzati.
Dopo aver verificato la propria situazione economica ed il proprio potere d’acquisto, siamo sicuri che la reazione di questa ipotetica persona sarebbe quella di rimettersi immediatamente a dormire, sperando di risvegliarsi in tempi migliori. La situazione sui mercati appare abbastanza chiara. L’avversione al rischio ha ripreso a farla da padrona, anche se il nervosismo che percepiamo sui mercati è diverso dalle ultime fiammate viste in concomitanza della rivolta egiziana e dalle speculazioni sulla possibile chiusura del canale di Suez.
Ci sembra di notare un nervosismo maggiore da parte degli investitori, il che ha portato ad assistere ad acquisti e vendite molto intense, che sfruttando anche il fatto che molti operatori americani erano assenti dai propri desk, sono riusciti ad amplificare i propri effetti a causa della minore liquidità in circolazione. Le borse hanno registrato performance negative, mentre molto bene hanno performato il petrolio e le commodities, insiene al dollaro americano, al franco svizzero ed, in misura minore, lo yen giapponese. Si tratta di una tipica situazione di allerta 5 sui mercati, dove tutto si muove secondo la logica del “rifugio in safe heaven”.
GbpUsd – grafico 240 min
Se diamo uno sguardo ai livelli tecnici del WTI, vediamo come dopo la rottura della resistenza indicata ieri in area 92.50, abbia effettivamente intrapreso la strada per 100 dollari al barile, fermandosi a 98.30 ma trovandosi ora nuovamente a puntare la salita verso l’obiettivo tondo, mentre per quanto riguarda il brent abbiamo sfiorato di qualche punto (108.70 maggior prezzo offerto) l’obiettivo di 108 ¾.
Anche l’oro ha raggiunto quota 1.410,00 e fino a che si manterrà sopra 1.400,00 vediamo buone possibilità per ulteriori apprezzamenti, nell’ordine dell’1.5/2%, così come l’argento che ora si trova nella terra di nessuno e potrebbe puntare il livello tondo di 35,00. Dal punto di vista macroeconomico, oggi verranno pubblicati soltanto due dati in grado di distogliere momentaneamente l’attenzione degli investitori dai problemi sopracitati: si tratta della fiducia dei consumatori negli Stati Uniti, attesa a 63 punti contro la precedente 60.6 e delle vendite al dettaglio canadesi, attese in diminuzione a -0.1% dal precedente +1.3%.
Per quanto concerne il primo avrà il potere di muovere il mercato soltanto se si dovesse discostare pesantemente dalle aspettative, in quanto il tempo in cui riusciva a far salire il dollaro anche di una figura e più è passato, essendo ormai in territorio positivo per la rilevazione (50 punti è la soglia critica) da mesi, mentre per quanto riguarda il Canada, dati peggiori delle attese potrebbero interrompere la forte ripresa del dollaro canadese, soprattutto contro il cugino greenback, aiutando a non rompere i supporti a 0.9815. Essi infatti sono i livelli che rallentano la quotazione,che altrimenti punterebbe diretta a 0.9700 prima, per poi non avere più punti tecnici almeno fino a 0.9450.
Passiamo ad uno sguardo tecnico ai cambi, iniziando dall’eurodollaro.
Continua in questo caso a mancare una direzione definita, tale da ricordarci ancora una volta come in questi casi valga la pena allargare il proprio orizzonte temporale per cercare, in assenza di spunti interessanti, perlomeno di mettersi al riparo dalla volatilità di breve.
Questo ci riporta al tema dominante degli ultimi giorni, ovvero l’obbligo di indicare due livelli precisi, seppur lontani, per cercare di beneficiare di una ripresa di direzionalità del cambio: parliamo ancora una volta di 1.3440 e 1.3850, distanti 400 punti, all’interno dei quali abbiamo visto come l’euro possa ingannare (questa notte per esempio) con movimenti imprevisti.
Il cambio UsdJpy ha risentito meno dello scossone visto sull’euro, andando comunque ad oltrepassare velocemente il nostro livello di attenzione ad 83 figura. Siamo giunti circa 10 punti al di sotto di questo e con altrettanta velocità abbiamo assistito al ritracciamento sino a 83.50. Questo non cambia lo scenario e la nostra idea di un dollaro in rialzo sino a che 83 dovesse tenere stabilmente.
La repentina discesa dell’euro nella notte ha ovviamente influito sul cambio EurJpy, che per pochi istanti si è portato al di sotto della nostra “linea di fede”, passante per 113.10. Anche in questo caso, data la velocità con cui tutto è poi rientrato, possiamo continuare a considerarla come la più importante area di supporto per le prossime ore: una definitiva discesa in questo caso al di sotto di 113-113.10 potrà innescare una fase di ritracciamento sino al primo 112 figura.
Anche il cable ha risentito di una parziale ripresa di dollari, che ha permesso ai prezzi di andare direttamente alla prova di rottura di quel supporto a 1.6180 che sembrava poter essere così efficiente, data l’innumerevole tenuta come resistenza le passate settimane. Se osserviamo un timeframe giornaliero o lievemente inferiore, magari un 240 minuti, ci rendiamo in realtà conto che la tendenza in salita della sterlina dell’ultimo mese e mezzo potrebbe essere considerata a riparo sino a che i prezzi non dovessero giungere al di sotto di 1.61, dove oltre a transitare la linea che congiunge i minimi e fornisce indicazione del trend, transita la media mobile esponenziale di lungo.
La sterlina, nei confronti dello yen, ha confermato nelle ultime 24 ore quanto i due livelli che stiamo guardando con maggiore attenzione siano sentiti dal mercato: ci riferiamo a 135.40 come resistenza ed a 134.20 come supporto. Vale la pena ricordare come la tendenza di lungo in questo caso transiti a 133.20, quindi uno storno maggiore potrebbe non inficiare la salita della moneta di Sua Maestà.
Diamo ora uno sguardo al franco, che ha avuto vita facile contro l’euro e lievemente più complicata contro il dollaro.
Il cambio EurChf, dopo parecchi tentativi, ha mostrato la rottura del più importante livello di supporto a 1.29 facendoci guardare ora all’altro e più immediato 1.2820, con il pensiero che viaggia già a ipotizzare se assisteremo o meno ad uno scivolone più articolato di una parentesi temporanea e quindi al raggiungimento del successivo obiettivo più importante 1.2730.
Il cambio UsdChf, dopo il veloce calo delle ultime due settimane ha lievemente rialzato il capo ieri giungendo, da un picco di minimo a 0.9425, sino a ritornare all’ultimo livello di rottura a 0.95 figura. Continuiamo a considerare questo come maggiore livello in grado di favorire una ulteriore ripresa.
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