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UNIONE ZEROVIRGOLA EUROPEA

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Scommessa facile: i giornali di oggi pubblicheranno l’ennesima sfornata polemica sul fatto che il pil dell’Italia nel 2003 è cresciuto dello 0,3 per cento e non dello 0,4 come stimato. Scommessa difficile: quella lanciata ieri dal premier a commento dei dati. E cioè che siamo più virtuosi di altri grandi paesi europei nel rispettare il Patto di Maastricht quanto a deficit e a discesa del debito pubblico, ma che il vero problema è trovare una soluzione europea a una fase di stagnazione che schiaccia tutti insieme i maggiori paesi dell’Unione.

La diagnosi è sacrosanta. Se l’Italia non ha sinora potuto permettersi che l’incipit dei promessi sgravi fiscali, e anzi la pressione fiscale nel 2003 è purtroppo tornata a salire, il motivo sta nel Patto europeo che Prodi definì “stupido”. Se nel 2003 la politica monetaria della Bce è stata nella forma inappuntabilmente antinflazionistica, ma nella sostanza totalmente inadeguata a rilanciare la crescita, il motivo è lo scoordinamento dell’attuale configurazione istituzionale europea. Se tra allargamento a Est, scontro sulla nuova Costituzione e fratture sull’Iraq, non si è riusciti a darsi una quadra per modificare le sue regole e approfittare della vigorosa ripresa americana, colpe e rimedi stanno in Europa. Ma c’è un ma.

L’Europa continua – e grazie al cielo – a essere composta di Stati nazionali. A regole comuni per crescere di più ci si arriva se i governi adottano iniziative politiche energiche e credibili. Su questo, le parole del Cav. sono una promessa. Che presto ci sia qualcosa che finora è mancato. Perché l’Italia ha tenuto bordone allo sforamento del Patto realizzato da Francia e Germania, senza considerarlo un sacrilegio. Poi ha dovuto incassare il conato di direttorio a tre. Ma sinora l’Italia non ha assunto né la posizione di Chirac e Schroeder verso la Bce, perché abbassi i tassi a cominciare da giovedì prossimo. Né ha avanzato una proposta organica di modifica del Patto, che leghi politica monetaria e di bilancio in una coerenza che oggi manca.

Siamo rimasti sospesi tra mezza virtù e un quarto di peccato, senza l’arcigna caparbietà della prima e la maligna destrezza del secondo. Conosciamo la cantilena, abbiamo uno dei debiti pubblici più alti, siamo sotto la lente, Moody’s forse ci abbassa il rating anche per via degli scandali finanziari. Proprio per questo occorre una proposta di crescita luciferina. Presentarla all’Europa con forza. E praticarla in Italia con disinvoltura.

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