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Unicredit: titolo -5%. Per S&P è ‘strong sell’

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Milano – All’indomani dei conti pubblicati da Unicredit, arriva subito la nota di S&P Equity Research, che assegna al titolo un rating “strong sell”. Unicredit vive un’altra giornata negativa a Piazza Affari e al momento registra una perdita di quasi il 5%, attorno a quota €0,74.

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Tra il 2011 e il 2015 Unicredit conta di ridurre l’organico in Italia di 5.200 dipendenti pari al 12% del totale ad oggi. E’ quanto prevede il piano strategico approvato dal cda dell’istituto.

Il piano punta a confermare il ruolo di Unicredit ”quale banca commerciale leader per efficienza e innovazione”. Le principali iniziative prevedono di fare leva su un’offerta avanzata di prodotti e servizi multicanale, costruita su forti legami con gli imprenditori e di investire sulla crescita di Fineco.

Oltre alla riduzione dell’organico le principali azioni di rilancio in Italia prevedono un aumento dei depositi di circa il 15% tra il 2010 e il 2015 e un miglioramento del costo del rischio a 83 punti base nel 2015 rispetto ai 168 punti dell’anno scorso ”attraverso rigorosi criteri di concessione del credito”, una crescente efficacia nell’identificazione dei crediti dubbi e nel processo di recupero.

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Riamesso alle contrattazioni il titolo Unicredit, che cede subito più del 6%. Il consiglio di amministrazione di Unicredit ha dato via libera a un aumento di capitale fino a €7,5 miliardi di euro aggiungendo che non saranno erogati dividendi nel 2011. In seguito alle azioni di rafforzamento di capitale approvate oggi dal cda, il Core Tier 1 Basilea2 pro-forma di UniCredit al 30 settembre 2011 raggiunge il 10,35%. Il Common Equity Tier 1 Basilea3 supera il 9% nel 2012 e il 10% nel 2015.

La banca numero uno dell’Italia ha diffuso contestualmente i risultati di bilancio, che hanno messo in evidenza come l’istituto di Piazza Cordusio avvia chiuso nove mesi in rosso, causa l’impatto di svalutazioni per €10,1 miliardi.

Unicredit ha registrato nel terzo trimestre una maxi-perdita netta di 10,641 miliardi a causa di svalutazioni di natura straordinaria e non ripetibili (per un totale di 10,167 mld), “legate all’incidenza negativa sulla redditività attesa del mutato scenario macroeconomico e regolamentare, in coerenza con i risultati attesi del piano strategico”. Escludendo le svalutazioni, la perdita normalizzata del trimestre è di 474 milioni. Nei primi nove mesi dell’anno l’utile netto normalizzato ammonta a 847 milioni. Includendo le svalutazioni, la perdita è di 9,32 miliardi.

Sul fronte patrimoniale il piano inoltre la ristrutturazione dei cashes con parziale riconoscimento nel common equity tier 1 di 2,4 miliardi su un totale di 3 miliardi (0,6 saranno computabili come additional tier 1 capital), la gestione mirata di 48 miliardi di euro di RWA in bonis e non strategici.

Inoltre il piano prevede la liquidazione di attivita’ non strategiche aggiuntive rispetto a quelle gia’ indicate e una ulteriore razionalizzazione/cessione di investimenti e attivita’ non strategiche.

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Seduta all’insegna dell’ottovolante per il titolo Unicredit; dopo aver guadagnato più del 4% in apertura della seduta, le quotazioni dell’istituto di Piazza Cordusio sono arrivate a perdere il 9% circa, per essere poi sospese in attesa di un comunicato.

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Il board di UniCredit Spa starebbe considerando l’approvazione di una vendita di azioni pari a €7,5 miliardi, secondo quanto riporta Bloomberg, che cita due fonti a conoscenza della vicenda.

Il comitato strategico della più grande banca italiana si sarebbe riunito nella giornata di ieri a Milano e avrebbe deciso per la vendita di azioni. L’operazione dovrebbe essere lanciata nella giornata di oggi. Il board dovrebbe inoltre approvare i risultati trimestrali e il nuovo business plan.

L’amministratore delegato Federico Ghizzoni prepara dunque la più grande operazione di aumento di capitale in Italia da più di due anni, nel tentativo di rendere Unicredit una delle banche meglio patrimonializzate d’Europa, con un Core Tier 1 superiore al 10%.

L’istituto deve raggiungere il 9% entro il 30 giugno, ed entro il 25 dicembre deve indicare alle autorità italiane i piani per l’aumento di capitale. Mediobanca e Bank of America-Merrill Lynch dirigeranno il consorzio bancario per questa operazione e il loro mandato scade in aprile 2012.

Tra quelli italiani, UniCredit è al momento l’istituto più lontano dai requisiti di Basilea III, con un ammanco pari a €7,4 miliardi, secondo la European Banking Authority.

In progetto anche una dolorosa riduzione dei costi, con il taglio di 5.000 posti a livello globale.