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UNICREDIT: INIEZIONE DI CAPITALI DALLA LIBIA

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Gli investitori istituzionali libici salgono in grande stile nell’azionariato di Unicredit portandosi al 4,23% del capitale dallo 0,87% detenuto in precedenza, con un’operazione amichevole e concordata da circa 1 miliardo di euro che li fa diventare secondi azionisti dopo la Fondazione Cariverona (5%). La mossa, avvenuta acquistando azioni sul mercato, è arrivata in serata dopo una seduta pesante per l’istituto milanese (-13%) e per i mercati azionari di tutto il mondo. I tre investitori di Tripoli (Banca Centrale della Libia, Libyan Investment Authority e Libyan Foreign Bank) hanno peraltro raggiunto un accordo per partecipare all’aumento di capitale blitz da 6,6 miliardi di euro annunciato nei giorni scorsi da Unicredit attraverso la collegata sottoscrizione di obbligazioni convertibili per 500 milioni di euro. I libici fanno parte quindi, insieme alle Fondazioni, degli investitori istituzionali e a Mediobanca, di quello zoccolo duro di azionisti che ha serrato le fila per fare fronte alle difficoltà della banca, colpita dalla crisi dei mercati. Soci dalla privatizzazione della Banca di Roma nel 1997, confluiti poi in Capitalia e quindi con la fusione in Unicredit con una quota dello 0,87%, i libici sono dunque azionisti storici e interessati al lungo termine. Subito dopo l’annuncio infatti da Piazza Cordusio è stata espressa “soddisfazione” per il “significativo investimento che testimonia la fiducia nella redditività di Unicredit nel lungo termine e nelle strategie del gruppo e del suo managment”. Una prima reazione positiva, seppur limitata, è arrivata dal mercato con il titolo Unicredit che è salito nelle contrattazioni della Borsa serale. Una situazione quindi che non rientra in quella prospettata dal premier Silvio Berlusconi il quale teme azioni ostili da parte di fondi sovrani dei paesi produttori di petrolio su aziende italiane grazie ai minimi raggiunti dai titoli. Di capitali libici, già presenti in Fiat negli anni ’70, si e’ peraltro parlato di recente rispetto a un eventuale ingresso in Telecom Italia. Di certo Unicredit, la più bersagliata fra le banche italiane dall’attuale crisi finanziaria, ha riportato il passivo maggiore da inizio anno fra le società quotate perdendo il 60% della sua capitalizzazione per raggiungere quota 29 miliardi di euro con il titolo scivolato poco sopra i 2 euro. Una taglia molto ridotta che aveva fatto parlare anche di una possibile opa da parte del Santander. La risposta immediata e unanime dei grandi soci all’aumento di capitale e ora la mossa dei libici allontanano tale ipotesi con l’azionariato che rimane comunque equilibrato vista anche la norma che pone il 5% come limite massimo per l’esercizio dei diritti di voto.