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Unicredit, attivita’ Italia in rosso

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(WSI) – Il 2010 non si è chiuso bene per le attività italiane di UniCredit. Il business nazionale del gruppo guidato dall’ad Federico Ghizzoni ha registrato a fine anno una perdita netta di 50 milioni. Il risultato è frutto di ricavi per 9,78 miliardi (margine da interessi per 5,92 e margine da servizi per 3,86) e costi operativi a quota 5,65 miliardi, che portano a un risultato di gestione di 4,12. A valle le rettifiche su crediti per 3,6 miliardi decurtano l’utile lordo a 387 milioni. Al netto delle altre voci, il risultato netto passa, anche se di poco, in negativo. Così il RoE di UniCredit a fine 2010 è rimasto sotto la media dei principali concorrenti europei, che era all’8,4 per cento.

Le cifre, che rappresentano solo le attività italiane, sinora erano confinate alle ovattate stanze della direzione generale di Piazza Cordusio. Poi sono state oggetto di una presentazione riservatissima che nei giorni scorsi il direttore generale Roberto Nicastro, il country chairman per l’Italia, Gabriele Piccini, insieme ai responsabili del Private banking, Dario Prunotto, del corporate and investment banking, Piergiorgio Peluso, delle attività per la clientela retail (famiglie e piccole e medie imprese), Frederik Geertman, e delle risorse umane di gruppo, Paolo Cornetta, hanno tenuto alle seconde linee.

Nell’incontro, secondo i partecipanti, sono stati illustrati i risultati, gli obiettivi previsti per il 2011 e gli strumenti per raggiungerli. Nicastro ha presentato poi i due manager che entrano nella squadra italiana con funzioni e responsabilità di primo piano: sono Giovanni Albanese, chief risk officer nazionale, e Gianluca Totaro, responsabile risorse umane Italia.

I target italiani, secondo informazioni raccolte da fonti interne, sono assai rilevanti. Il primo, quello sui ricavi, è fissato a fine anno oltre quota 10,12 miliardi, con un risultato di gestione a 4,59, un utile lordo a 1,35 circa e uno netto di 594 milioni. Il management intende incrementare in 12 mesi di oltre 200 milioni sia il margine da interessi che quello da servizi, mantenendo stabili i costi operativi.

Ma Nicastro e i suoi più stretti collaboratori puntano soprattutto su una riduzione secca di 500 milioni del costo del rischio. Ecco perché il ruolo di Albanese è ritenuto fondamentale. Le altre leve manageriali puntano sulla ripartenza degli impieghi “buoni” a famiglie e imprese, l’aumento del rapporto tra ricavi e risk weighted asset anche con il cross selling tra diverse fasce di clientela, la riduzione dei costi di funding e il focus sulla clientela.

A fine settembre, secondo i dati ufficiali contenuti nell’ultima trimestrale, la Penisola “valeva” il 42,8% dei ricavi totali del gruppo, il 48,8% dei depositi e il 49,2% dei prestiti dell’intero gruppo, ma produceva appena il 29,8% degli utili operativi consolidati. Con i nuovi target, UniCredit punta dunque a ridare centralità anche reddituale all’Italia rispetto alla Germania e agli altri mercati europei nei quali il gruppo è presente.

Anche perché i conti italiani di UniCredit a fine 2010 segnano una forte discontinuità con quelli degli anni precedenti. Discontinuità che non rende comparabili le segmentazioni per divisioni e aree di business e che è dovuta al nuovo modello organizzativo One4C. Il cosiddetto “bancone”, in vigore dal primo novembre, ha visto l’incorporazione in UniCredit Spa di UC Banca, UC Banca di Roma, Banco di Sicilia, UC Corporate Banking, UC Private Banking, UC Family Financing Bank e UC Bancassurance M&A.

Un modello impostato dall’ex ad Alessandro Profumo e approvato il 4 agosto dal CdA di Piazza Cordusio. Un modello al quale i sindacati hanno dato il loro “placet” con l’accordo sulle ricadute occupazionali firmato il 18 ottobre da Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl Credito e Uilca, che in sintesi prevede tremila uscite volontarie nei prossimi tre anni (obiettivo già abbondantemente raggiunto e superato) e 2.200 nuovi occupati, tra precari stabilizzati e neoassunti.

La prima linea manageriale ha impostato una risposta immediata che prevede obiettivi assai ambiziosi per il budget 2011. Mercato ed altri fattori esogeni permettendo, ovviamente: ché le previsioni saranno tutte da verificare alla prova dei fatti, dell’andamento dell’economia nazionale e internazionale, dei tassi, della concorrenza e, non ultimo, del costo del lavoro. Fronte esiziale per il contenimento dei costi operativi ma per il quale, a oggi, non è possibile fare previsioni precise, stante il rinnovo del contratto nazionale di categoria dei bancari che, dopo la disdetta e la scadenza naturali a fine 2010, sta per entrare nel vivo.

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