Giulia Maria Crespi si era impegnata con la redazione del Corsera di informarla preventivamente a ogni cambiamento del direttore. E ieri l’assembla ha voluto rammentare ufficialmente quella prassi. Altri tempi. Poi è arrivato Rizzoli con la tempesta della P2 e le decisioni si fecero politiche. Con Gianni Agnelli ed Enrico Cuccia divennero elegantemente imperiali. Adesso il re sole con c’è più. E l’era Romiti non ha fatto in tempo a consolidarsi.
Le banche, a cominciare da Intesa, hanno preso l’uscita di Ferruccio de Bortoli come un segnale di guerra. Non tanto di palazzo Chigi, ma di Cesare Romiti. Il direttore del Corriere, sottoposto a una pressione politica che giudicava ormai insopportabile, ha anticipato il chiarimento. Romiti, che lo aveva finora sempre sostenuto, ha colto la palla al balzo per un appeasement con il potere politico. Pensando di avere il diritto, oltre che il potere, di nomina.
Invece, le cose sono molto più complicate.
Il consiglio di amministrazione è presieduto da Guido Roberto Vitale, di Romiti ce n’è uno ma è il figlio Maurizio, amministratore delegato. Cesare resta a capo dei quotidiani che sono una divisione, anche se l’unica profittevole, del gruppo. Ma Rcs media group, nato dalla fusione con Hdp è governato dallo stesso patto di sindacato della holding-madre.
E cioè Fiat con il 10,2% rappresentata da Franzo Grande Stevens, Mediobanca con il 9,378% con Gabriele Galateri, Gemina (9,2%) con Romiti padre, Italmobiliare (4,8%) con Giampiero Pesenti, Generali (2,54%) con Raffaele Agresti, Pirelli (1,9%) con Marco Tronchetti Provera, Banca Intesa (1,9%) con Corrado Pasera, Inpar (1,88%) con Luigi Lucchini, Smeg (1,18%) con Roberto Bertazzoni, Edison (1%) con Umberto Quadrino, Mittel (0,877%) con Giovanni Bazoli. Fuori sono rimasti Ligresti (5,1%) che ha chiesto formalmente di entrare, e Caltagirone (2,01%).
La nomina che è all’ordine del giorno del patto oggi pomeriggio, richiede una maggioranza piena. Un azionariato così disperso rende di per sé più complessa la governance. Va aggiunto che in Rcs la proprietà oltre che frastagliata è anche debole e distratta. Non ci sono veri actionnaires de référence. Per nessuno di loro l’investimento nel Corriere è davvero strategico. Umberto Agnelli ha detto che per ora nulla cambierà, sottolineando quel «per ora», ma in campo editoriale la sua priorità resta la Stampa che va ristrutturata e rilanciata. Senza dimenticare che Romiti estromise Umberto dalla Fiat. Perché ora dovrebbe svenarsi per lui?
Mediobanca dopo Maranghi sta ripulendo la ragnatela di partecipazioni molte delle quali sono fonte di difficoltà e di perdite vere e proprie (a cominciare da Rcs ex Hdp). Pesenti, Lucchini e Tronchetti ci sono per l’eredità di Cuccia. Le banche, a loro volta, tengono nelle loro mani le sorti di buona parte degli altri azionisti (Fiat, la Gemina di Romiti, Lucchini, Edison, Pirelli-Telecom, Generali e Mediobanca). E ciò impiomba i loro stessi bilanci.
Un insieme di gemellaggi siamesi che avrebbero fatto inorridire Raffaele Mattioli, che ebbe l’idea di creare Mediobanca. Questi intrecci talvolta incestuosi (per citare ancora Mattioli) potranno essere sciolti nel luglio 2004 quando scadranno sia il patto di sindacato di Mediobanca sia quello di Rcs. La riunione del patto di sindacato prenderà atto delle divergenze, rinviando la resa dei conti. Nominerà Stefano Folli, direttore di garanzia. Poi tra un anno, si ricomincia.
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