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(WSI) –
Carlo De Benedetti sarebbe interessato a entrare nel capitale dell’Enel. E questa ipotesi, secondo quanto risulta al Foglio, sarebbe stata oggetto di colloqui molto incoraggianti con Romano Prodi. Per il presidente del Consiglio, infatti, l’ingresso di CDB in Enel potrebbe essere una buona soluzione per completare la privatizzazione della società elettrica ancora per il 31 per cento circa in mani pubbliche.
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L’esigenza politica nasce così. Sebbene il programma dell’Unione non affidasse un ruolo centrale alle privatizzazioni (anzi, il tema era confinato in tre brevi passaggi di maniera), sembrerebbe che Romano Prodi nutra una certa fiducia nella prospettiva di alleggerire le partecipazioni pubbliche, tanto che al ministero dell’Economia tra i sottosegretari è stato nominato un uomo proveniente dal mercato come Massimo Tononi – ex Goldman Sachs, nel 1993 assistente personale dell’attuale presidente del Consiglio (allora alla guida dell’Iri) – a cui è stata affidata la responsabilità delle partecipazioni azionarie in mano al Tesoro.
Dal ministero dell’Economia fanno sapere che non è in programma l’intensificazione del disegno di dismettere società pubbliche o quote di esse. Però ammettono che un interesse potrebbe esserci. Considerando pura zavorra l’Alitalia e le Ferrovie, l’ordine di priorità sarebbe il seguente: prima disegnare un nuovo assetto per l’Enel, poi pensare alle Poste e infine ragionare sull’Eni (la cui eventuale cessione presenterebbe delle implicazioni molto delicate in ordine all’interesse nazionale).
Per evitare che le privatizzazioni vadano come nei turni precedenti, avvantaggiando in diretta o in differita (vedi caso Autostrade) società straniere, il presidente del Consiglio – il quale nella sua storia ha partecipato praticamente a tutte le privatizzazioni italiane, dall’Alfa Romeo alle banche – sta monitorando il sistema economico e finanziario italiano al fine di individuare imprenditori e finanzieri disponibili ad assumere un profilo industriale in grado di intervenire in queste operazioni. Il timore è che prevalga il modello Benetton: si compra a prezzi ragionevoli per dare una mano al paese e si rivende a prezzi molto alti per dare legittimamente una mano a se stessi.
Dunque, secondo voci che ricorrono da qualche mese nel mondo dell’energia la sorpresa potrebbe arrivare dal dossier Enel e dall’interesse di De Benedetti e del suo gruppo. “Un interesse – riferisce al Foglio una fonte riservata – noto al professor Prodi, e che sarebbe stato oggetto di specifica negoziazione. De Benedetti avrebbe chiesto una mano al presidente del Consiglio sul dossier Enel”. Dunque, un’operazione che potrebbe ricreare un asse tra l’imprenditore che si considera il primo iscritto del futuro Partito democratico e l’uomo politico che guida il governo ma è privo di una base partitica e al quale l’Ing. ha già scelto come successori il sindaco di Roma Walter Veltroni e il leader della Margherita Francesco Rutelli.
Il pronunciamento dell’Antitrust
Fonti vicine a Carlo De Benedetti, interpellate dal Foglio, considerano la sola ipotesi di un interesse di CDB per l’Enel destituita di ogni fondamento. Anche in alcuni ambienti politici questa viene considerata una possibilità remota. Dice, per esempio, Bruno Tabacci, Udc, che “l’azione di liberalizzazione dell’energia a cui sta lavorando Pierluigi Bersani taglierà le unghie ai margini di chi opera nel settore, e mi sembra molto difficile che De Benedetti si infili in una partita così complicata”.
Ma secondo le opinioni di alcuni osservatori di settore l’operazione a cui potrebbe puntare CDB è quella di entrare nel capitale di Enel in posizione forte senza essere costretto all’opa totalitaria troppo costosa. Al momento lo stato controlla Enel con circa il 31 per cento del capitale: il 20,9 per cento nelle mani del Tesoro e il 10,2 per cento nelle mani della Cassa depositi e prestiti.
Militerebbe a favore della formazione di un nocciolino duro privato, una decisione della commissione Antitrust guidata da Antonio Catricalà che l’estate scorsa intimò alla Cassa di cedere la sua quota in Enel a partire dal 2007 ed entro il 2009 per evitare un conflitto d’interessi, visto che la Cassa già controlla Terna, società che possiede la rete elettrica, e di cui Enel è ancora azionista con il sei per cento. Se il dieci per cento transitasse dallo stato a soggetti di mercato magari già in possesso di altre quote di Enel, automaticamente sarebbero modificati gli equilibri di governo dell’azienda. L’Enel capitalizza oltre quaranta miliardi di euro, la sola quota in possesso della Cassa vale almeno quattro miliardi. Così, c’è chi ritiene che al momento l’unica mossa possibile da fare individualmente per un giocatore energetico delle dimensioni finanziarie del gruppo Cir potrebbe essere quello di affiancare il Tesoro. Ma con chi si potrebbe alleare CDB per sostenere lo sforzo finanziario?
Oggi, il gruppo Cir della famiglia De Benedetti detiene una quota del 73,4 per cento di Energia Holding, partecipata dal gruppo elettrico austriaco Verbund con il 26,6 per cento. Energia Holding (78,4 per cento), la Verbund (17,1 per cento) e il management (4,5 per cento) controllano Energia Spa (terzo operatore elettrico italiano). Energia Spa, inizialmente una società di trading, è diventata anche produttore con l’acquisto di una delle tre Genco messe sul mercato dall’Enel: Tirreno Power, che è stata comprata in società con il gruppo elettrico belga Electrabel. Verbund è troppo piccola per partecipare a una operazione simile, ma Electrabel (le cui attività, peraltro, attualmente controllate da Suez, sono nel mirino della campagna francese dell’Enel) potrebbe avere la forza, appunto via Suez, per trasformarsi da predatore in preda.
Vi sono voci anche fantasiose su un possibile partner internazionale industriale, ma la questione di fondo è che Carlo De Benedetti da solo non potrebbe sostenere il peso di una operazione come quella dell’ingresso in Enel: “De Benedetti – spiega G.B. Zorzoli, uno dei principali economisti dell’energia italiani, e peraltro ex consigliere d’amministrazione della società elettrica – sarebbe un candidato molto valido per la guida dell’Enel, ma alla condizione di avere un partner industriale o finanziario. L’Enel costa molto”.
Le cortesie editoriali di Repubblica
In teoria CDB avrebbe due strumenti per una eventuale operazione: la società quotata Cdb Web Tech, e la sua diretta filiazione M&C, Management e Capitali, fondo salva imprese appena quotato in Borsa, che fece molto parlare di sé la scorsa estate, quando si venne a sapere che Silvio Berlusconi si era detto pronto a entrare in società col suo antico avversario De Benedetti, con Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Nerio Alessandri e altri soci. Poi il Cav. e LCdM si ritirarono per ragioni di opportunità costretti da un moto di opinione di sinistra avversa ai patti di sistema per il riassetto del nostro sistema economico e finanziario.
All’indomani del collocamento, il 20 giugno, il Sole 24 Ore notava che M&C al momento è una scatola vuota e che in qualche modo andrà riempita. E la stampa economica lo stesso giorno riportava le parole di Carlo De Benedetti, il quale rilanciava un’offensiva diplomatica verso Berlusconi. L’Ing. notava che le ragioni per cui il Cav. non avrebbe dovuto entrare in società con lui erano cadute con la fine della stagione di governo e gli riconosceva di esser stato “cortese e corretto”. Il giorno dopo, Repubblica dava amichevole e leale risalto all’operazione di acquisizione del terzo gruppo editoriale francese da parte della Mondadori con una intervista a Marina Berlusconi, messa in evidenza nelle pagine economiche.
La questione è che – secondo alcuni osservatori – in realtà l’operazione energetica dell’Ing. sarebbe uno degli elementi di una strategia che in parte potrebbe essere addirittura concordata con Berlusconi. Al tempo dell’operazione Web Tech, non fu secondario al fine del miglioramento dei rapporti tra i due vecchi avversari lo sblocco delle autorizzazioni per la costruzione di una centrale richiesta al governo di Silvio Berlusconi da Energia Spa. Oggi la prospettiva di un accordo di sistema tra il gruppo dei De Benedetti e quello della famiglia Berlusconi sull’energia non va trascurato.
All’Ing. interessa l’elettricità, il Cav. probabilmente non ha rinunciato alle prospettive sul gas. Alcuni tra gli osservatori del settore energetico ritengono probabile che nelle pieghe del recente accordo tra Eni e Gazprom e tra Prodi e Putin vi siano spazi per una riorganizzazione del settore energetico, a partire proprio dal ruolo di Gazprom in Italia e delle sue possibili sinergie con Enel.
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