UNA CASA ALL’ESTERO? VA DI MODA L’ AMERICA

di Redazione Wall Street Italia
5 Marzo 2008 07:27

Compratori globali, così possono essere definiti gli italiani che acquistano casa all’estero. Se nel 2004 il 55% delle compravendite oltre frontiera era indirizzato verso la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e la Svizzera, nel 2007 questa percentuale si è ridotta al 21%. Ora chi se lo può permettere ha spostato la sua attenzione verso nuove mete europee ed extraeurope.

Ad esempio, secondo dati di “Scenari Immobiliari”, se nel 2004 le compravendite di immobili residenziali in Grecia rappresentavano il 3% del totale, a fine 2007 si sono attestate a quota 10%. Nell’ultimo quadriennio, gli acquisti di case in Spagna sono passati dal 10% al 15%. Discorso a parte merita la tendenza all’acquisto negli Stati Uniti. L’effetto combinato del calo dei prezzi delle case e della perdita di valore del dollaro rispetto all’euro hanno prodotto un vero e proprio boom di acquisti negli States: dal 7% del 2004 al 20% del 2007.

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«Il mercato americano — spiega Paola Gianasso, responsabile rapporti estero di “Scenari Immobiliari” — offre numerose opportunità rispetto ad un anno fa, rese ancora più allettanti dalle spese estremamente contenute come, ad esempio il fee dell’agenzia immobiliare interamente a carico del venditore».

Gli immobili residenziali acquistati oltre frontiera sono passati dai 16.550 del 2004 ai 26.100 dello scorso anno. Prima di acquistare una casa all’estero da utilizzare direttamente per le vacanze o per investimento è opportuno valutare con attenzione i vantaggi e gli svantaggi dell’operazione nei vari momenti (acquisto, detenzione, rivendita finale) soprattutto sotto il profilo fiscale e conoscere i trend e le prospettive dei mercati immobiliari locali. In prima battuta, i potenziali acquirenti immobiliari esteri possono rivolgersi a grandi marchi immobiliari.

Il gruppo Tecnocasa, per sempio, è presente all’estero con le reti di intermediazione immobiliare Tecnocasa e Tecnorete e le reti di mediazione creditizia Kiron e Epicas. In Spagna conta complessivamente su 636 agenzie per la compravendita di immobili residenziali e su 190 agenzie di mediazione creditizia. Il gruppo è presente anche in Messico, Polonia, Ungheria, Francia, Repubblica Ceca, Svizzera e Belgio. Per visionare le proposte immobiliari all’estero è sufficiente collegarsi al sito www. tecnocasa. com, dove sono raccolti i link di tutte le agenzie del network dotati di riferimenti telefonici ed email per un contatto immediato.

«La crescente domanda di investitori privati e utilizzatori diretti che si rivolgono ai mercati immobiliari esteri — spiega Fabio Guglielmi, presidente di Professionecasa — ci ha spinto ad avviare un processo di creazione di un network di agenzie localizzate nelle principali capitali europee e di altre nazioni, a partire dagli Stati Uniti, per offrire al cliente italiano un valido supporto per la conclusione della compravendita che presenta non poche difficoltà di carattere fiscale e legale».

Infatti non vanno sottovalutati gli aspetti valutari e fiscali dell’operazione. Ecco, in concreto, alcune indicazioni dell’avvocato Roberto Lenzi dello studio legale di Milano Lenzi & Associati. La normativa vigente stabilisce che i contribuenti che effettuino movimenti di denaro verso l’estero (cosiddetti “flussi”) per l’acquisto di immobili di importo pari o superiore ai 12.500 euro debbano indicarli nel modulo “Rw” di Unico. I contribuenti devono, inoltre, segnalare nel modulo “Rw” la consistenza dei trasferimenti effettuati all’estero per l’acquisto dell’immobile nel periodo d’imposta. Per quanto concerne la tassazione delle case possedute oltre frontiera, se nello Stato estero l’immobile non è assoggettabile ad imposizione, quest’ultimo non deve essere dichiarato a condizione che il contribuente non abbia percepito alcun reddito.

Nel caso in cui l’immobile sia affittato e il reddito venga assoggettato a tassazione, il contribuente dovrà dichiarare l’imponibile estero. In questo caso, potrà usufruire del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero nei limiti previsti dall’articolo 165 del “Tuir”, tenendo conto di quanto previsto nei trattati contro le doppie imposizioni stipulati tra i vari paesi. Se l’immobile affittato non è tassato nello Stato estero, il contribuente dovrà dichiarare l’affitto annuo, ridotto del 15% a titolo di deduzione forfetaria delle spese. Nel caso in cui l’immobile venga tassato in base alla rendita catastale o sulla base di criteri similari, l’importo da dichiarare sarà la valutazione netta dell’immobile effettuata dallo Stato estero; anche in questo caso spetterà al contribuente il credito d’imposta.

Paese che vai, plusvalenza che trovi. L’avvocato Lenzi segnala che, ad esempio, in Francia l’imposta ordinaria sulla plusvalenza in caso di vendita dell’immobile si basa su un meccanismo che permette di attenuare la progressività dell’imposta in funzione degli anni di detenzione dell’immobile (dopo 22 anni si azzera). In Spagna, invece, le plusvalenze sono soggette, come principio generale, ad imposta ad un tasso a forfait del 35%.

Sull’argomento è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione numero 143/E del 21 giugno 2007 nella quale è precisato che anche la vendita di immobili situati all’estero è atto idoneo a far emergere plusvalenze a favore del contribuente proprietario dell’immobile residente in Italia, sempre che la vendita avvenga prima che sia trascorso un quinquennio dalla data dell’acquisto. In questo caso, il contribuente potrà utilizzare il credito d’imposta illustrato in precedenza per i redditi immobiliari tassati in stati esteri. La risoluzione precisa che qualora il contribuente opti per la tassazione della plusvalenza attraverso l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 20% (a condizione che l’atto venga rogato per mezzo di un notaio italiano), non potrà usufruire del credito d’imposta.

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