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«UN PATTO OCCULTO». LE ACCUSE A BANKITALIA

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(WSI) – «Stamo a fa’ i furbetti del quartierino». Stefano Ricucci, intercettato la sera del 22 luglio, conia questa espressione per esprimere a un collaboratore la sfiducia negli artifici suggeritigli dall’amministratore della Banca Popolare Italiana (ex Lodi), Gianpiero Fiorani, ai fini della scalata «concertata» all’Antonveneta. Ma da «furbetti del quartierino», per i pm, sembrano essersi comportati anche altri, persino nel santuario di Bankitalia: almeno secondo intercettazioni e verbali con i quali la Procura, nel sequestrare le azioni Antonveneta in mano al patto Fiorani-Gnutti-Ricucci-Coppola-Lonati, svela la preordinazione l’11 luglio, contro gli organi tecnici interni, del disco verde di Bankitalia a Fiorani.

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«Doveva arrivare ieri», spiega Fiorani già la sera del 3 luglio a Gnutti, ma a rallentare tutto c’è «un infiltrato dentro lì, per il quale mi hanno tirato fuori una cosa assurda»: uno zelante ispettore di Bankitalia s’incaponisce a chiedere lumi su un’operazione del 2003. «Allora – Fiorani spiega a Gnutti -, per potermi confrontare ho chiamato il numero uno» (cioè Fazio), e «lui è chiaramente imbarazzatissimo». Fiorani riporta a Gnutti il colloquio con Fazio: «Io ho detto: “Senti un po’, non possiamo mica scherzare con il fuoco… Posso capire le sue e le tue ragioni per il fatto di lasciare in giro un pezzo di carta firmato da questo qua, che è un funzionario tra l’altro nuovo, che dice apertamente che lui non è d’accordo, non è una bella cosa… Però, caro mio, qui a questo punto ognuno si prenda le proprie responsabilità».

L’8 luglio gli uffici tecnici di Bankitalia protocollano il loro no all’autorizzazione a Bpi. Ma già alle 8 del mattino dopo, il capo della Vigilanza di Bankitalia, Francesco Frasca, chiama uno dei due ispettori che avevano firmato il no, Gianni Castaldi: «La puoi vedere questa questione della Popolare di Lodi?». Castaldi non arretra: «Senti, Francesco, il documento è stato firmato ed è definitivo. Quello è un documento che va in mano ai magistrati. Ognuno si firma quello che si sente di sottoscrivere». In Banca d’Italia scatta allora un’alternativa «politica» per aggirare il no «tecnico»: surrogarlo con consulenti esterni. «Come risulta dagli ispettori Castaldi e Clementi – riassumono i pm -, il 9 luglio Frasca scrive un accompagnamento della conclusione dell’istruttoria, evidenziando che i servizi di vigilanza competenti non avrebbero tenuto in debito conto il parere del prof. Fabio Merusi.

Il Governatore, con atto scritto lo stesso giorno, concorda con la linea di Frasca e rimarca l’esigenza di richiedere ulteriori pareri a consulenti esterni (studio Gambino e Ferro Luzzi)». Ma saputo che lunedì 11 luglio «la lettera di autorizzazione di Bankitalia a Fiorani era stata elaborata al computer dal funzionario Stefano De Polis, appartenente a divisione incompetente rispetto alla Bpi», i pm lo convocano a razzo. E così apprendono che «De Polis era stato preallertato dal martedì precedente, e sollecitato a rimanere a disposizione nel fine settimana». Aveva però potuto «operare solo a partire da lunedì 11 pomeriggio, quando i pareri dei consulenti esterni erano pervenuti in Bankitalia.

A collezionarli era stato Frasca. De Polis ha descritto le modalità con cui ha eseguito il lavoro, precisando che aggiunte e soppressioni al testo sono dovute agli interventi dei professionisti esterni. Il copia-e-incolla è stato eseguito sul pc di Trevisan, previa trasmissione del documento e-mail». A mezzanotte dell’11 luglio, Fazio può telefonare a Fiorani: «Allora, ho appena messo la firma, eh».

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